8:34 pm, 26 Settembre 25 calendario

“Roma Blues”: quando la Roma contemporanea diventa teatro

Di: Redazione Metrotoday
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Sabato 4 ottobre 2025 “Roma Blues” approda in esclusiva su RaiPlay: un debutto atteso che segna il passaggio del regista Gianluca Manzetti alla forma del lungometraggio. Già presentato al 41° Torino Film Festival, inserito fuori concorso, il film ha percorso un tragitto festivaliero che ha compreso il Russia Italia Film Festival (RIFF), il Festival del Cinema Città di Spello, il N.I.C.E. Russia e l’edizione del Sudestival, dove ha ottenuto il Premio della Giuria Giovani.

La mossa strategica arriva ora: trasmetterlo in streaming su RaiPlay significa offrire al pubblico nazionale una occasione di scoperta, mantenendo una certa tensione culturale e generazionale. Ma cosa offre “Roma Blues”, e quale Roma racconta?

Frammenti di città

Nel cuore di una Roma infuocata, con i cassonetti strabordanti e i monopattini che invadono il paesaggio urbano, vive Al (interpretato da Francesco Gheghi), un sognatore seriale che crede di essere destinato al successo con la sua rock band. Tuttavia, il sogno crolla: l’illusione della musica si sgretola e il cammino sembra chiuso. È allora che il destino gli pone fra le mani un telefono con le prove di un crimine: dentro, registrazioni, messaggi, tracce che suggeriscono un delitto. Con una passione per i noir classici, Al decide che deve – e può – risolvere il caso da sé.

Nelle sue indagini incrocia Betty (Mikaela Neaze Silva), giovane outsider incontrata tramite un’app di incontri, in cerca di un modo di esistere alternativo, fuori dagli schemi consueti. Insieme, esplorano un mistero che supera le loro certezze e li costringe a ridefinirsi, in una città che sembra non muoversi mai – e al tempo stesso giace sotto una polvere d’asfalto, caccia alle apparenze e ombre nascoste.

Il tono dichiarato è ibrido: coming of age, noir urbano, indie con tocchi di ironia, dramma esistenziale. Manzetti stesso sintetizza il film come «coming of age dal sapore noir e indie», una visione personale della capitale, con l’attenzione agli outsider che «non si curano del giudizio altrui».

Dietro le quinte

Il regista: Gianluca Manzetti

“Roma Blues” è il primo lungometraggio diretto da Gianluca Manzetti, autore già attivo in corti e progetti sperimentali, con un occhio alla generazione contemporanea. Il passaggio al lungo implica scelte drammaturgiche, di ritmo e di coraggio, e Manzetti si propone di portare sullo schermo una Roma che non è monumento ma paesaggio politico, urbano, abitato da voci marginali.

Cast protagonista e apparizioni

Francesco Gheghi interpreta Al. Nato nel 2002 a Marino (Lazio), Gheghi è già noto al pubblico: il suo curriculum include titoli come Io sono tempesta, Mio fratello rincorre i dinosauri e Padrenostro. È un volto giovane che ha saputo mostrare versatilità in ruoli drammatici e interiori.

Mikaela Neaze Silva, al suo debutto cinematografico, interpreta Betty. Model dopo modella, si misura qui con un ruolo che richiede presenza, silenzi e rischio.

Nei cameo d’eccezione, Mino Caprio e Lidia Vitale aggiungono un sapore “storico” al cast: Caprio, doppiatore noto al grande pubblico, e Vitale, attrice con una lunga carriera, contribuiscono con piccoli ma significativi interventi.

Produzione e supporti istituzionali

Il film è prodotto da Art Film Kairos in collaborazione con Rai Cinema e Eliofilm, con il contributo del MIC (come “Opera di Giovani Autori”) e della Regione Lazio. Il sostegno pubblico è cruciale per la presenza del film nei circuiti indipendenti italiani, ma implica anche vincoli e responsabilità creative.

Secondo le note di produzione, “Roma Blues / 01h26m”  è stato pensato e finanziato con l’idea di valorizzare sguardi nuovi nella cinematografia italiana, in una cornice di coproduzione nazionale e promozione internazionale.

Nel 2023, la società di distribuzione Illmatic Film Sales ha acquisito i diritti internazionali del film, progetto che lo colloca anche in chiave di export culturale.

Il percorso festivaliero

Dalla prima a Torino alle giurie giovani

Il film ha avuto anteprima al Torino Film Festival, fuori concorso, nel novembre 2023, entrando subito nelle mire degli osservatori indipendenti. Successivamente è passato al RIFF (Russia Italia Film Festival), al Festival di Spello, al N.I.C.E Russia e al Sudestival, dove la Giuria Giovani lo ha premiato come miglior “feature film”. Questo riconoscimento rivela che “Roma Blues” parla con una sensibilità giovanile, capace di intercettare il pubblico sotto i 35 anni.

La strategia festivaliera, che privilegia circuiti meno mainstream, è coerente con il posizionamento del film: non un blockbuster, ma un’opera che cerca uno spazio culturale, un dialogo con spettatori curiosi.

Nel pubblico e sulle piattaforme di recensori amatoriali – come Letterboxd – il film raccoglie reazioni miste. Viene apprezzata la fotografia di Tommaso Terigi, la cornice urbana “sporco-chic”, l’audacia visiva nella resa della Roma post-industriale. Alcuni rimproverano una certa disomogeneità narrativa: l’ibrido tra noir, commedia, introspezione romantica appare talvolta in bilico e la tensione drammatica non sempre regge fino alla fine.

Ciononostante, per un debutto, il film è considerato “legittimo esperimento”, con momenti convincenti e uno sguardo generazionale autentico.

Spazio urbano, generazioni, conflitti invisibili

Uno degli elementi più interessanti di “Roma Blues” è il modo in cui la città è protagonista e antagonista al contempo. Roma non è qui la città turistica, non è la città dei monumenti eterni: è metropoli che soffre — rifiuti, monopattini che ingombrano i marciapiedi, spazi in disuso, quartieri marginali che resistono all’omologazione.

Al passeggia per vie e cortili, attraversa borgate e percorsi laterali, respira un’aria urbana piena di rumori, sintetizzatori, graffiti, social network. Betty e Al si muovono in questa geografia “laterale”, fuori dai circuiti ufficiali, cercando un’identità esposta al rischio.

In questa Roma di “new age”, la tecnologia (app, smartphone, messaggi) fa da collante e da rischio: è tramite un’app di incontri che Al incontra Betty; dentro un telefono si nasconde un crimine; il confine tra reale e digitale si assottiglia. È la Roma che cambia, che tenta di rigenerarsi, ma che porta sulle spalle i suoi difetti e contraddizioni.

Al servizio dell’introspezione

“Roma Blues” gioca con generi: il noir, il film d’appartamento, la commedia sottile, il dramma giovanile. È un film ibrido, e questa è la sua forza e la sua sfida: trasformare generi codificati in strumento espressivo personale.

L’elemento noir — la ricerca di un mistero, la tensione, l’errore di calcolo — è usato come lente per guardare dentro i personaggi. Non è solo un thriller da risolvere, ma un’indagine sui desideri, sulle mancanze, sulla solitudine in una città che sembra moltiplicare l’isolamento.

La componente musicale (la rock band di Al) rappresenta il sogno, l’energia, la possibilità — che si scontra con una quotidianità più dura, più concreta. Il fallimento del sogno musicale diventa catalizzatore per l’inserimento nella trama del mistero.

Periferie, outsider: il ritratto sociale

Manzetti dichiara che il suo interesse è per “gli outsider, gli eccentrici che vivono fuori dagli schemi”. In questo senso, Al e Betty incarnano spazio di libertà e ribellione rispettivamente: giovani che non si sentono rappresentati, che non vogliono piegarsi al cliché. Il film li mette a confronto con la città e con sistemi che impongono ruoli, visibilità, conformità.

Questo interesse per soggetti marginali – giovani musicisti, outsider digitali, persone in bilico – si inserisce in una tendenza recente del cinema italiano: guardare l’Italia che cambia attraverso occhi periferici, non attraverso volti di potere o istituzionali.

A proposito di traiettorie future, Gianluca Manzetti non rimane alla porta del solo “Roma Blues”. Sul suo profilo IMDB appare un titolo ulteriore: “Dedalus” (2024), che segue sei giovani protagonisti tracciati attraverso social media, spettacolo e dinamiche moderne. È l’indizio che Manzetti intende continuare a esplorare le generazioni digitali, le loro identità, le ombre dietro le luci degli schermi.

Per “Roma Blues”, il debutto è già un banco di prova: la sfida di essere un film “di genere” che parla al presente, di essere radicato in una città ma voler dialogare con pubblico giovane, di costruire sincerità pur dentro ambizioni stilistiche.

Con la release in streaming, “Roma Blues” entra nel panorama più ampio dell’accessibilità culturale: chiunque abbia un abbonamento RaiPlay potrà scoprirlo. In questo senso, il film ha l’occasione di superare il limite del dibattito festivaliero e raggiungere spettatori curiosi, più giovani, spesso poco toccati dal cinema d’autore.

Se il successo streaming sarà consistente, il film potrebbe ottenere visibilità, discussione sui social, recensioni di pubblico e, magari, dare corpo a una nuova generazione di cinefili che cercano storie contemporanee, non sempre dominanti.

“Roma Blues” non arriva come un’opera perfetta, ma come una promessa: quella di un cinema che vuole abitare il presente, scommettere su generazioni nuove, fondere generi e linguaggi con uno sguardo poetico e urbano.

In un’Italia dove le major dominano spesso la scena e il grande pubblico fatica a incontrare film indipendenti, la sfida è portarlo a casa degli spettatori. In fondo, quel che Manzetti cerca di dire è anche questo: che Roma – con le sue contraddizioni, bellezze residuali, periferie insospettabili – può essere scenario di storie che parlano di ognuno di noi, con il mistero, il desiderio e la malinconia che crescono quando credi di essere destinato a qualcosa e scopri quanto ti manca la strada da fare.

26 Settembre 2025
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