11:57 am, 25 Settembre 25 calendario

“Mio cognome, la mia storia”: tra fascino, eredità e “tradimenti” – la famiglia Mussolini

Di: Redazione Metrotoday
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È bastata una frase, o meglio un titolo che insinuava una “verità inconfessata”, per riportare sotto i riflettori una famiglia che da decenni abita – per scelta o per destino – territori di luce intensa: quella dell’eredità politica, culturale, mediatica, morale. Alessandra Mussolini è tornata a raccontare parti non note della sua storia familiare: tradimenti, sentimenti contrastanti, il peso di cognomi che non chiedono permesso, e un figlio – Romano Benito Floriani Mussolini – che vuole essere valutato solo per ciò che fa in campo, non per quello che dice la Storia.

Il libro, la madre, “i tradimenti”

Nell’ultimo periodo, Alessandra Mussolini ha dato alle stampe un libro (Il “Gioco del Buio” è il titolo che ricorre nei resoconti), in cui l’ex parlamentare ed europarlamentare mette sotto la lente la propria genealogia affettiva. Al centro c’è sua madre, Maria Scicolone, sorella di Sophia Loren, figlia di Anna Maria Scicolone e Romano Mussolini. Ma anche il rapporto con la nonna, Rachele Guidi, la moglie di Benito Mussolini, figura che da sempre incarna nella memoria pubblica — e personale — sia autorità che mistero.

Alessandra afferma che “i tradimenti fanno male”, ma che quelli che segnano più profondamente non sono solo quelli del marito nei confronti della moglie, bensì quelli “della madre verso la figlia”. Nel racconto emerge che Maria Scicolone, sua madre, ha vissuto con dolore e turbamento la consapevolezza che il legame filiale può essere ferito da omissioni, silenzi, differenze d’amore. Di Rachele Guidi, la nonna, Alessandra conserva “amore”, ma narra che il rapporto non è stato immune a distanze affettive, incomprensioni. La nonna viene descritta come una presenza forte, fatta di silenzi, di giudizi non dichiarati, di rigidezza tradizionale, ma anche come una donna che ha sofferto, che ha vissuto la vita contadina, che ha pagato il prezzo di una storia del padre politico austero, distante.

Non mancano nei racconti di Alessandra riferimenti al “tradimento” nei termini più ampi: non solo la fedeltà coniugale, ma le aspettative tradite, le fratture invisibili, quei gesti che non si dicono ma che si percepiscono e rimangono incisi nel vissuto. In fondo, come lei stessa ha osservato, “il vero tradimento è il rapporto filiale che si interrompe”.

Il cognome, il figlio, la carriera

Romano Benito Floriani Mussolini è nato nel 2003 a Roma, figlio di Alessandra Mussolini e del manager Mauro Floriani. Viene dalla formazione giovanile della Roma, poi della Lazio — squadra che ha creduto in lui tanto da farne parte fino alla firma del primo contratto da professionista.

Fin qui nulla di straordinario, se non fosse che porta un doppio cognome “pesante”: Floriani (paterno) e Mussolini (materno), e come nome di battesimo “Romano Benito” — un richiamo diretto al nonno (Romano Mussolini) e al bisnonno (Benito Mussolini).

Romano ha detto più volte che il cognome “pesante” è qualcosa con cui convive, ma non vuole che diventi la lente con cui tutti guardano la sua vita: “Giudicatemi per come gioco, non per come mi chiamo.” Un principio semplice, che però sconta il fatto che lui non sia un calciatore qualunque. Ogni sua partita, ogni sua convocazione, ogni gesto pubblico è letto, filtrato, interpretato. Il cognome Mussolini si porta dietro decenni di storia, storie di consenso, oppressione, lotta, memoria: ed è inevitabile che chi lo porta venga guardato con occhio critico, con curiosità, a volte con malcelato disprezzo.

Un cognome, più identità che propaganda?

Nel recente passato Romano è stato chiamato in causa non tanto per sue affermazioni politiche (non ne sono trapelate), quanto più per quel che la gente percepisce quando sente “Mussolini”. Alcuni articoli riportano che, fino a un certo momento, sulla maglia il giovane usava solo “Floriani” (o “Floriani M.”), riducendo il peso visivo del nome Mussolini. Poi ha deciso di riportarlo per esteso: Floriani Mussolini: scelta resa pubblica, con tutte le conseguenze di visibilità che comporta.

Questo non significa che la scelta sia indolore: ogni riferimento, anche casuale, scatena discussioni su cosa significhi essere pronipote di Benito Mussolini oggi, nel 2025. Alcuni tifosi, giornali o commentatori vedono in questo un legame nostalgico, altri lo considerano semplice eredità familiare senza impegno ideologico.

Romano ha detto: “Il mio nome non mi ha mai causato grossi problemi”, pur riconoscendo che “il cognome ha dato più fastidio agli altri che a me.”

“Mio padre un traditore seriale”: le parole forti

Nel libro, Alessandra torna su figure meno narrate fino a quel momento. Parla del padre, Romano Mussolini — pianista jazz, figlio di Benito Mussolini e Rachele Guidi — non solo come artista, uomo di sensibilità, ma anche come uomo che ha amato tanto la libertà personale, i piaceri della vita, e che, da ciò che traspare, ha vissuto rapporti sentimentali considerati tradimenti.

Papà era una persona aperta — riflette — un artista, un farfallone. Gli piaceva piacere e piacersi. Con mia sorella Elisabetta siamo cresciute nella sua assenza.” In queste parole, la consapevolezza che essere figli del duce non è solo eredità di fama, ma anche d’assenza, di giudizio morale (spesso retrospectivo), di attese che non sono state soddisfatte.

Alessandra parla anche del “tradimento” della madre: Maria Scicolone. Non tanto, dice, perché sia mancata l’affetto, ma perché l’amore non sempre corrisponde a ciò che si vorrebbe, e la madre, in certi momenti, si sia ritirata, si sia mostrata distante. Viene descritto un amore fatto di luci ed ombre, non raro nelle famiglie, ma reso amplificato dal contesto storico, dal peso delle aspettative, e dal cognome.

Le radici: da Benito e Rachele a oggi

Per capire la portata di queste tensioni bisogna guardare al passato.

    Benito Mussolini e Rachele Guidi: la storia ufficiale racconta che Benito sposò Rachele con rito civile nel 1915, con rito cattolico nel 1925. Con Rachele ebbe cinque figli: Edda, Vittorio, Bruno, Romano, Anna Maria.

    Romano Mussolini (1927‑2006): pianista jazz, terzogenito di Benito, che ebbe una vita artistica lontana dalla politica ufficiale, pur rimanendo una figura nota per ragioni familiari. Si sposò con Anna Maria Scicolone e da questo matrimonio nacque Alessandra.

    All’interno della famiglia: il rapporto con la figura della nonna Rachele, con la madre Maria Scicolone, con la sorella Elisabetta, con la prozia Sophia Loren, tutto ha contribuito a costruire – insieme a narrazioni pubbliche, interviste, ricordi – una immagine famigliare complessa, che contiene amore, separazioni, ambizioni, contraddizioni.

Conflitti, silenzi, la narrazione della memoria

Alessandra Mussolini racconta di momenti in cui l’affetto materno pareva sospeso, come se la madre avesse scelto un distacco. Parla dei giochi dell’infanzia, del padre spesso assente, non solo fisicamente ma emotivamente. Il distacco non è solo fisico: è fatto di assenze di parole, di domande non fatte, di confronti mancati.

L’elemento del tradimento, nelle sue varie forme, diventa simbolo di un vuoto, di una frattura che non è solo personale, ma identitaria: cosa significa crescere come discendente di una figura controversa, come nipote del duce, con tutto il carico pubblico, morale, storico?

Il gioco della maglia: come “Mussolini” torna sulla pelle del quotidiano

Nel calcio, che è spettacolo, identità visibile, comunità, squadre e tifosi, il cognome ricompare. Romano Floriani Mussolini, cresciuto nelle giovanili, spesso ascoltato, osservato, criticato non solo per le prestazioni ma per quel che rappresenta il suo cognome: un segnale, per alcuni, nostalgico; per altri, una sfida personale.

Fino al 2024 circa, la maglia del ragazzo portava solo “Floriani”, o “Floriani M.” — una scelta che pareva minimizzare il cognome materno. Poi è arrivata la decisione di usare per intero “Floriani Mussolini”. La copertura mediatica ne è stata ampia: discussioni su social, articoli, interviste. Alcuni tifosi, nei momenti di esultanza, hanno scandito il cognome, additando una possibile nostalgia; altri si interrogano sul rispetto della memoria storica. Romano ha detto più volte che il cognome non gli ha impedito nulla di particolarmente grave, ma riconosce che “fa rumore”.

Il presente e le tensioni correnti

Nella vicenda odierna – con la pubblicazione del libro di Alessandra – emergono altri strati di tensione:

    La “nonna Rachele”: figura quasi mitica, al tempo stesso simbolo di tradizione, autorità familiare, rigore, ma anche di silenzio. Alessandra pare restare affascinata e turbata da questa figura: l’ammira (“nonna adorava mia zia Sophia Loren, con mia madre invece fu terribile”), ma ne denuncia anche i limiti, le freddezze, l’assenza di protezione in alcuni momenti.

    La madre Maria Scicolone: lì il conflitto dell’affetto si fa più potente. Alessandra racconta che il dolore più acuto per lei non vengono tanto dai tradimenti sentimentali, quanto dalle mancanze affettive, dai silenzi, da un rapporto che troppo spesso ha sbattuto contro il muro della storia familiare, del giudizio pubblico, dell’aspettativa.

    Il ruolo del figlio Romano: Romano è parte integrante di questa storia vivente, non solo per sangue. È in campo, è osservato, è esposto. Vuole essere valutato come calciatore, non come simbolo o eredità. Vuole che la sua carriera sia costruita sulle sue capacità, non sul cognome. Ma il cognome continua a intervenire, come lente, come scrutazione, come sfondo.

Memoria, responsabilità, eredità

Dietro tutto questo, c’è una questione di memoria: come si convive con una storia familiare che non può essere cancellata, ma che molti rifiutano di celebrare? Come custodire la responsabilità storica, senza annebbiare l’individuo che, pur essendo erede, vuole la propria autonomia?

Alessandra, con il suo libro, tenta proprio questo: parlare delle proprie ferite, senza chiedere giustificazioni, senza farne bandiera, ma nemmeno nascondendo. Il cognome Mussolini non venne scelto da lei: viene da genealogia, da storia. Ma nel presente, Alessandra e suo figlio Romano cercano di costruire una narrativa diversa: fatta di gioco, di sport, di emozioni, di scelte.

Un’eco più ampia

Non è l’unico caso in Italia di discendenti di figure storiche che si trovano a fare i conti con il passato. Le eredità familiari sono spesso pesanti: non solo in politica, ma anche nella cultura, nell’arte, nello spettacolo. Chi ha un cognome famoso, carico, controverso spesso vive una “visibilità involontaria”. Ogni gesto diventa segno, ogni parola può essere letta come dichiarazione.

La vicenda di Alessandra Mussolini, le sue parole, il rapporto con la madre, la nonna, la scelta del cognome del figlio, sono tutto questo: un intreccio irriducibile tra storia privata e pubblica, fra desiderio di normalezza e necessità di verità, fra eredità e autonomia.

Romano, giovane calciatore, chiede di essere giudicato per ciò che è: un ragazzo che ama il calcio, che cerca la propria strada. Ma il cognome, con la sua ombra lunga, non lo lascia solo.

25 Settembre 2025 ( modificato il 23 Settembre 2025 | 12:08 )
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