12:14 pm, 24 Settembre 25 calendario

Il Dodo torna protagonista e rinasce grazie alla scienza

Di: Redazione Metrotoday
condividi

Dopo secoli, il dodo torna ad essere molto più che un simbolo di estinzione: grazie a una serie di progressi nel campo della genetica, una biotech americana sostiene di essere molto vicina a riportare “una versione” di questo uccello estinto. Colossal Biosciences, compagnia con sede in Texas, ha annunciato di aver raggiunto un traguardo chiave: la coltura stabile di cellule germinali primordiali (PGC, cioè precursori di ovociti e spermatozoi) da specie di piccione viventi, necessario per ricostruire un uccello simile al dodo. Questo salto è stato salutato come “fondamentale”, anche se restano sfide tecniche, etiche, ecologiche non indifferenti.

Il dodo: da simbolo dell’estinzione a progetto scientifico

Il dodo (Raphus cucullatus) è un uccello che visse in Mauritius e altri isolotti vicini nell’Oceano Indiano, estintosi per cause dirette umane (predazione, introduzione di specie aliene, distruzione dell’habitat) nel XVII secolo. Il suo nome è diventato un monito: la perdita irrevocabile della biodiversità.

Colossal Biosciences è una startup nata nel 2021, cofondata da Ben Lamm e George Church. Fin dall’inizio ha annunciato più progetti di “de-estinzione” (resurrezione di specie estinte), fra cui il mammut lanoso, il lupo gigante estinto (dire wolf), il dodo, il moa. L’approccio non è quello di “clonare” l’animale estinto, quanto piuttosto utilizzare specie affini come “scaffale” genetico, modificare il genoma tramite tecniche avanzate, e far crescere le cellule germinali modificate in uova o embrioni surrogati.

 

L’ annuncio: cosa hanno fatto e dove sono

Il recente traguardo riguarda le cellule germinali primordiali (PGCs) ottenute da piccioni viventi. Prima, Colossal è riuscita a coltivarle dal piccione comune (Columba livia). Ora l’obiettivo è applicare lo stesso sistema al piccione delle Nicobare (Caloenas nicobarica), considerato il parente vivente più prossimo al dodo.

Per spiegarlo: le PGC sono quelle cellule da cui derivano ovociti e spermatozoi. Per ricreare l’animale estinto, serve ottenere queste cellule, editarne il DNA in modo che incorporino i tratti noti del dodo, farle maturare, infine impiegarle in un uovo surrogato (es. un embrione di specie affine) affinché nasca un uccello che somigli al dodo, per aspetto, comportamento, struttura, almeno fino a quando possibile.

Esplicitamente, Colossal prevede che questo processo richiederà non meno di 5‑7 anni per completarsi, se tutto procede bene. Nel frattempo ha ottenuto un nuovo finanziamento da 120 milioni di dollari, portando il capitale raccolto complessivo a oltre 555 milioni. Valutazione della compagnia: circa 10‑11 miliardi di dollari. Oltre al dodo, i progetti includono il mammut, il lupo gigante estinto e altri uccelli estinti come il moa.

Non è clonazione, ma ingegneria genica

Riportare un animale estinto è diverso dal clonare un mammifero: gli uccelli hanno un ciclo riproduttivo, uno sviluppo embrionale diverso, e richiedono tecniche specifiche. Tra le difficoltà:

    Non si dispone di un genoma perfetto del dodo. Le informazioni genomiche disponibili provengono da campioni storici (ossa, resti museali) che sono degradati. Serve ricostruire una sequenza la più completa possibile, individuare i “tratti” del dodo, capire quali mutazioni o caratteristiche anatomiche fossero essenziali.

    L’utilizzo di specie surrogate: il piccione delle Nicobare è utile, ma non è uguale al dodo. Servirà modificare molte caratteristiche: becco, dimensioni, struttura ossea, piumaggio se presente, caratteristiche comportamentali. Anche le cellule germinali dovranno essere coltivate, modificate, infine “usate” in un uovo di un’altra specie (o in una versione modificata di una specie affine) perché l’uovo del dodo originale non è disponibile.

    Generazioni multiple: non basta far nascere un individuo; per creare popolazioni geneticamente variabili (necessarie per la salute degli individui, per evitare inbreeding), bisognerà far interagire più soggetti, selezionare, forse riprodurre per diverse generazioni.

    Aspetti ecologici: habitat restituibile? Mauritius ha subito enormi mutamenti. Specie invadenti, cambiamento climatico, perdita di habitat, presenza di predatori introdotti come ratti, gatti, maiali. Reintrodurre il dodo richiederebbe la gestione di questi problemi, zone sicure, protezione, controlli ambientali severi.

Le implicazioni etiche, ecologiche e culturali

Il progetto del dodo riporta al centro questioni delicate:

    – Etica del far rinascere specie estinte: è corretto “manipolare” la natura in questo modo? Alcuni sostengono che, risarcire le estinzioni causate dall’uomo, sia un dovere morale; altri temono che questo tipo di “resuscitazioni” possa distrarre risorse (economiche, intellettuali) da interventi su specie oggi in pericolo.

    – Rischio che il “dodo sintetico” sia solo un simulacro: anche se geneticamente molto simile, un essere nato da cellule modificate in surrogati potrebbe non comportarsi come il dodo originale. Il comportamento, l’ecologia, le interazioni con l’ambiente non sono tutte codificate nel DNA, ma dipendono da fenomeni epigenetici, sociali, da condizioni ambientali specifiche ormai perdute.

    – Gestione dell’habitat: riportare specie significa anche ripristinare ecosistemi, controllare specie invasive, proteggere habitat naturali. Se non esiste un ambiente idoneo, si rischia che l’animale diventi solo curiosità, o peggio che fallisca la reintroduzione.

    – Priorità nella conservazione: alcuni scienziati avvertono che focalizzarsi su specie estinte rischia di distogliere l’attenzione da quelle in imminente pericolo di estinzione oggi, che potrebbero essere “salvate” con misure di conservazione meno costose e con impatto immediato.

   Finanziamenti e trasparenza: è essenziale che il progetto sia trasparente, che i dati scientifici vengano pubblicati, che ci sia una regolamentazione (nazionale, internazionale) per controllare rischi, manipolazioni genetiche, possibili danni collaterali.

Casi di de‑estinzioni e tentativi

Il tentativo di riportare il dodo non è l’unico progetto nel campo della de‑estinzioned:

    Mammut lanoso: Colossal, insieme ad altri laboratori, lavora già da anni al progetto di “resurrezione” del mammut, modificando cellule di elefante asiatico per incorporare tratti adattativi del mammut, con l’obiettivo (ambizioso) di far nascere un “cucciolo” nei prossimi anni.

    Thylacine (tigre della Tasmania): un’altra specie estinta che Colossal ha preso in carico. Anche qui, la sfida è grande: pochi resti, DNA spesso degradato, ecologia ormai molto cambiata.

    Dire Wolf: recentemente l’azienda ha annunciato progressi significativi anche per il lupo gigante estinto, con cellule modificate per tratti specifici, e anche nascite, seppur con controversie su quanto siano “dire wolves autentici” o versioni modificate/stimate.

    Altri esempi meno riusciti: tentativi storici di clonazione o “revival” tramite criogenia, DNA antico, che si sono scontrati con le limiti biologici, con la degradazione del materiale, o con la mancanza di specie surrogate adatte.

Entusiasmo, scetticismo, preoccupazioni

La stampa specializzata ha accolto l’annuncio di Colossal come un risultato affascinante e teoricamente rivoluzionario, ma molti esperti esprimono cautela:

    Alcuni biologi sottolineano che il fatto di aver coltivato le cellule germinali da specie viventi è un progresso tecnico importante, ma non garantisce che il prodotto finale (l’“uccello dodo”) possa esistere con le caratteristiche storiche.

    Altri mettono l’accento sull’importanza delle specie viventi oggi minacciate, sulle risorse (finanziarie, strutturali, legate al personale scientifico) che potrebbero essere spese per proteggere specie che stanno morendo ora.

    Ambienti politici e comunità locali, specie a Mauritius, guardano con interesse ma anche con diffidenza: la reintroduzione di specie estinte dovrebbe coinvolgere le popolazioni locali, le autorità ambientali, le questioni di turismo, uso del territorio, gestione ecologica.

Il potenziale impatto

Se il progetto ha successo, le conseguenze potrebbero essere molteplici:

    °Un dodo “vivente” non solo come curiosità, ma come parte di programmi di rewilding in zone protette di Mauritius, come forma di recupero del patrimonio naturale.

    °Tecnologia spin-off: ciò che viene sviluppato per il dodo (coltura di cellule germinali, editing genico per specie aviarie, surrogate aviarie) può applicarsi a specie viventi in pericolo, per preservare biodiversità, adattamenti climatici, resilienza ecologica.

    °Stimolo all’interesse pubblico per la biodiversità, per le specie estinte, per la biologia conservativa. Può generare consapevolezza sul fatto che molte estinzioni sono state causate dall’uomo, e che alcuni dei danni potrebbero essere almeno mitigati.

Le incognite che restano

    Non tutto è prevedibile: anche con le giuste tecnologie, aspetti come il comportamento dell’animale, la sua interazione sociale, la risposta all’ecosistema reale potrebbero non rispecchiare quelli del dodo storico.

Il lasso temporale: 5‑7 anni è una stima ottimistica, ma ogni fase — coltura, editing, sviluppo embrionale surrogato, crescita, generazioni riproduttive — può avere rallentamenti, problemi non previsti.

    Domanda di “cosa sia realmente un dodo”: fino a che punto un animale ricostruito è lo stesso dodo? È una replica? È un ibrido modificato? Ciò potrebbe avere impatti legali, culturali, morali.

    Implicazioni ecologiche: se l’habitat non è pronto, se le specie invasive non sono gestite, se l’ecosistema è alterato (flora, fauna, clima), la reintroduzione potrebbe fallire o causare danni.

La promessa di riportare un “dodo” tra noi è suggestiva, quasi fantascientifica. È il frutto di decenni di progresso nella genetica, nel sequenziamento del DNA antico, nella coltura cellulare, nell’ingegneria di specie viventi vicine. Colossal Biosciences ha compiuto un passo concreto verso questo obiettivo, ma non è ancora la fine del cammino.

Il progetto rimane una tensione tra possibile e utopico: tra il desiderio umano di riparare gli errori del passato e la pragmatica difficoltà di ricostruire ciò che è stato cancellato. Se il dodo tornerà davvero, non sarà solo un animale: sarà il simbolo di cosa è possibile fare quando scienza, etica e conservazione si intrecciano.

24 Settembre 2025 ( modificato il 23 Settembre 2025 | 12:25 )
© RIPRODUZIONE RISERVATA