9:56 am, 23 Settembre 25 calendario

Scenario “100 ore”: l’allarme Shirreff e le fragilità della difesa europea

Di: Redazione Metrotoday
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E’ tornato a circolare con forza un monito che getta un’ombra sul quadro della sicurezza in Europa: secondo Sir Richard Shirreff, ex vicecomandante supremo delle forze NATO in Europa, la Russia disporrebbe oggi della capacità militare per “devastare l’Europa” in appena 100 ore. Uno scenario estremo, che richiama paura e richieste urgenti di potenziamento difensivo. Ma quanto è realistico? Quali sono i fattori di forza e quelli di debolezza dell’Europa, e quali potrebbero essere le conseguenze di questo tipo di allarme?

Chi è Richard Shirreff e che cosa ha detto

Sir Richard Shirreff ha servito come uno dei più alti ufficiali NATO fino al 2014, con responsabilità dirette nel coordinamento delle capacità difensive in Europa orientale. La sua credibilità deriva dall’esperienza e dalla conoscenza delle strutture militari alleate, delle esercitazioni, dei piani strategici.

Nel recente intervento presso il Daily Mail, Shirreff ha detto che in uno scenario di conflitto “a sorpresa”, la Russia potrebbe avere la capacità, in 100 ore — poco più di quattro giorni — di lanciare un’offensiva che colga impreparate le difese europee, aprendo varchi significativi, soprattutto nei paesi della prima cintura orientale, e provocando disfunzioni nei sistemi logistici, di comunicazione, trasporto, mobilità militare. L’allarme non è che la Russia sia in procinto di attaccare, afferma Shirreff: è piuttosto un monito sulla vulnerabilità percepita che l’Europa mostra ancora oggi.

Le debolezze europee

L’allarme pone al centro alcune carenze strutturali che sono già note, ma che il generale britannico rinfocola:

    Readiness (prontezza) militare

    Non tutti gli Stati membri NATO hanno forze pronte, mobilitabili rapidamente, risorse sufficienti per un cuore operativo immediato. Equipaggiamenti, munizioni, carburante, trasporti, risorse logistiche appaiono in diversi casi ancora insufficienti per rispondere a un’offensiva veloce.

    Dislocazione e scelta tattica delle forze

    Le linee difensive dell’Europa orientale — paesi Baltici, Polonia, Romania, Stati vicini alla Bielorussia o all’Ucraina — sono più esposti. La capacità della Russia, secondo vari analisti, di muovere truppe, mezzi corazzati, artiglieria pesante, missili, in quella regione è ancora significativa.

    Dipendenza da sistemi logistici vulnerabili

    Strade, ponti, ferrovie, corridoi di rifornimento e linee di comunicazione sono fondamentali. Se questi nodi fossero attaccati (missili a lungo raggio, sabotaggi, attacchi cibernetici), le forze alleate potrebbero subire shock logistici che rallentano pesantemente la risposta.

    Problemi di interoperabilità e coordinamento politico

    Differenze negli armamenti, nelle procedure di comando, nelle priorità politiche nazionali (alcune nazioni sono più propense al riarmo, altre patiscono vincoli di budget), lentezze decisionali. L’Europa ha, ormai da tempo, problemi nel trasformare dichiarazioni in misure concrete: aumento spesa difesa, produzione industriale, investimenti in infrastrutture militari.

    Dimensione ibrida e guerra non convenzionale

    Oltre al confronto convenzionale, Shirreff e altri esperti mettono in rilievo che la guerra moderna è complessa: attacchi cibernetici, disinformazione, sabotaggi, droni, attacchi indiretti, pressione economica e diplomatica. Queste misure possono amplificare gli effetti distruttivi in poco tempo, anche senza sfondamenti territoriali massicci.

Le risposte già attivate

L’allarme non coglie l’Europa del tutto impreparata. C’è un movimento in molti paesi per rafforzare:

    Spesa per la difesa: l’Unione Europea e la NATO stanno spingendo per aumenti significativi della spesa militare. Paesi dell’Europa orientale e settentrionale sono già avanti su questo fronte.

    Produzione di armi e munizioni: l’industria difensiva europea è sotto pressione per espandere la capacità produttiva, migliorare la produzione di artiglieria, munizioni, sistemi difensivi, con commesse governative più stabili.

    Esercitazioni congiunte e presenza sul fianco orientale: pattugliamenti aerei, rotazioni di truppe, rafforzamento delle missioni di deterrenza NATO (Eastern Flank).

    Politica di deterrenza integrata: non solo armamenti, ma cooperazione su intelligence, difesa informatica, resistenza infrastrutturale, alleanze diplomatiche.

I dubbi e le critiche allo scenario “100 ore”

Molti analisti mettono in guardia da facili allarmismi. Ecco alcune osservazioni critiche:

    – Logistica russa anch’essa sotto pressione: la Russia ha subito notevoli perdite in Ucraina, sia di uomini che di mezzi. Mantenere un’offensiva su più fronti comporta costi immensamente alti.

    – Fattore geografico e difensivo: l’Europa non è “pianeggiante” dappertutto; la difesa beneficia di barriere naturali, supporti aerei, ostacoli fisici. Non tutto può essere travolto “in poche ore”.

    – Reazioni internazionali immediate: una aggressione su larga scala provocherebbe mobilitazione diplomatica, militare, sanzionatoria. Gli Stati Uniti, la NATO, l’Unione Europea dispongono di strumenti che, pur ritardati da vincoli politici, possono intervenire.

    – Scenari non “tutto o niente”: l’Europa potrebbe subire attacchi parziali, offensivi limitati in zone specifiche, operazioni ibride, prima che un conflitto generalizzato abbia luogo. Scenario “100 ore” è utile per evidenziare vulnerabilità, ma forse non rappresenta ciò che avverrà, quanto piuttosto ciò che può accadere se non si interviene tempestivamente.

Parallelismi storici

Per comprendere bene lo scenario proposto da Shirreff, è utile guardare indietro:

    Durante la Guerra Fredda, la dottrina della “guerra lampo” (blitzkrieg) creava il timore che una potenza potesse sfondare rapidamente. Oggi, pur con differenze enormi, la velocità, la sorpresa e la tecnologia giocano un ruolo simile nel potenziale bellico.

    Le crisi più vicine — l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 — mostrano che la Russia può compiere operazioni su larga scala, che la resilienza del nemico, l’aiuto esterno, l’errore tattico influiscono molto sul successo. Nessun attacco ha avuto successo se le difese erano coordinate (anche con aiuti internazionali).

    Le violazioni dello spazio aereo, le incursioni di droni e le mosse ibride (sabotaggi, cyber‑attacchi) sono diventati elementi di una nuova “normalità” nella sicurezza europea, aumentando la percezione del rischio.

Una “Terza Guerra Mondiale”?

Nel dibattito attuale, le opinioni divergono:

    Alcuni esperti considerano lo scenario di Shirreff come un utile campanello d’allarme: segnala che, se l’Europa non si prepara, non rafforza difese, non consolida alleanze, rischia di trovarsi molto vulnerabile.

    Altri lo giudicano poco realistico per una guerra su vasta scala: l’invasione simultanea di molti fronti, la logistica necessaria, la reazione dell’Occidente, la potenza nucleare come deterrente pesante sono fattori che complicano fortemente ogni ipotesi di attacco globale rapido.

    Anche se non si tratta di una previsione accettata da tutti, lo scenario è utile come strumento di pressione politica: spinge i governi europei a valutare meglio investimenti nella sicurezza, a guardare alla resilienza infrastrutturale, a rivedere le procedure di allerta.

Implicazioni politiche

Se l’allarme fosse preso sul serio, o se lo scenario si avvicinasse realisticamente, ci sarebbero implicazioni su vari fronti:

    Politico: tensioni tra Stati membri su chi debba contribuire di più, chi debba essere in prima linea, chi debba assumersi rischi maggiori. Le decisioni diplomatiche diventano più urgenti: alleanze rafforzate, forse nuovi patti bilaterali, riduzione dei tempi decisionali.

    Economico: la produzione bellica, il rafforzamento dell’industria della difesa, investimenti massicci in infrastrutture logistiche, strade, ferrovie, ponti — tutto ciò comporterebbe costi elevati, nuovi bilanci, possibili trade‑off con altri settori come welfare, sanità, energia.

    Società civile: il concetto di “resilienza” diventa rilevante anche per i cittadini: scorte, preparazione a interruzioni energetiche, emergenze, difesa civile. Potrebbe esserci un impatto psicologico, media che enfatizzano la paura, necessità di comunicazione istituzionale trasparente.

    Diplomatico-militare: la NATO, l’Unione Europea, gli Stati Uniti, ma anche la Russia e paesi terzi sarebbero coinvolti. Possibili escalation diplomatiche, deterrenza nucleare, corsa agli armamenti, con rischi che vanno ben oltre il convenzionale.

Quali passi per mitigare il rischio

Alla luce dell’allarme di Shirreff, e degli scenari mitigati possibili, si possono individuare alcune azioni concrete che possono cambiare il corso:

    Accelerare i programmi di aumento della spesa per la difesa, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi: munizioni, sistemi difensivi, mobilità strategica, cieli, spazio aereo, difesa antiaerea.

    Rafforzare la cooperazione europea: adottare strutture logistiche comuni, basi pre‑posizionate, accordi per l’uso di infrastrutture tra paesi, standard comuni di interoperabilità.

    Potenziare la difesa ibrida: cyber‑difesa, controlli alle frontiere, lotta alla disinformazione, resilienza delle reti. Queste sono leve che possono rallentare o impedire attacchi non convenzionali ma altrettanto distruttivi.

    Rafforzare la deterrenza visibile, cioè presenze militari, esercitazioni visibili, pattugliamenti, vigilanza del traffico aereo, interoperabilità con gli Stati Uniti e con le altre potenze dell’Alleanza.

    Complessità politica interna: serve volontà politica diffusa, superamento delle divisioni nazionali nella visione della difesa, investimenti stabili che non siano influenzati solamente da cicli elettorali o da crisi economiche contingenti.

L’allarme “100 ore” lanciato da Shirreff va preso con serietà, ma anche con equilibrio. Non è una profezia inevitabile, bensì un riflesso delle preoccupazioni reali che attraversano l’Europa: la guerra in Ucraina, la mobilitazione russa, le minacce ibride, la lentezza con cui alcuni paesi rispondono, la dissonanza fra percezione e realtà nella difesa.

Se le vulnerabilità segnalate non verranno affrontate, lo scenario potrebbe evolvere verso forme di aggressione parziale, zone di conflitto limitate o attacchi che sfruttano le debolezze logistiche o diplomatiche. Una “Terza Guerra Mondiale” non è lo scenario più probabile nel breve termine, ma la sua probabilità aumenta se non si agisce.

È più utile – per l’Europa – trasformare questo allarme in una strategia: difesa reale, resilienza visibile, preparazione concreta. Perché non bastano le parole. Le “100 ore” di Shirreff sono un conto alla rovescia simbolico verso la responsabilità: non quella di chi attacca, ma di chi decide di essere pronto.

23 Settembre 2025 ( modificato il 22 Settembre 2025 | 22:07 )
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