10:30 am, 22 Settembre 25 calendario

Lo sciopero per Gaza scuote l’Italia

Di: Redazione Metrotoday
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Questa mattina le università di Torino e Roma, insieme a numerose città italiane, sono state teatro di blocchi all’ingresso dei campus, ritardi nei trasporti e cortei di studenti, docenti e lavoratori. L’azione fa parte di uno sciopero generale proclamato dai sindacati di base in solidarietà con Gaza, che trae spunto dai gravi sviluppi del conflitto israelo-palestinese e da richieste civili di forte impatto.

Sotto il segno del blocco

A Torino, il Campus universitario Einaudi è rimasto chiuso fin dalle prime ore: attivisti e studenti hanno impedito gli ingressi principali dalle 7:00/7:30, impedendo lo svolgimento delle lezioni. Il blocco è stato organizzato da USB insieme al collettivo studentesco Cambiare Rotta.

Anche a Roma l’Università “La Sapienza” si è svegliata con barricate simboliche: i cancelli sono stati chiusi da studenti che hanno occupato gli ingressi sin dalla mattina in segno di protesta. Le realtà impegnate hanno convocato un corteo previsto a mezzogiorno per unire le voci della mobilitazione.

Lo sciopero: estensione e slogan

La giornata non si limita agli atenei. È uno sciopero generale che coinvolge molti comparti:

Trasporti pubblici, sia locali che ferroviari, con ritardi, cancellazioni e servizi sospesi in varie città.

Scuole superiori, con presidi, blocchi, coinvolgimento di studenti medi nelle manifestazioni.

Porti e infrastrutture di trasporto marittimo: a Genova, varchi portuali bloccati; scontri con la pioggia, ma forte presenza di manifestanti.

Gli slogan sono chiari: “Bloccheremo tutto, stop al genocidio”, “Fermiamo il genocidio”, “Palestina libera”, “Non un euro per la guerra”. La protesta si lega anche alla Flotilla Global Sumud, progetto di solidarietà internazionale che sta attraversando fasi organizzative.

Numeri: le città coinvolte

Si stimano decine di migliaia di persone in piazza: manifestazioni in almeno 75–80 città italiane.

A Roma si attendono diecimila partecipanti al corteo che partirà da “Sapienza” verso piazza dei Cinquecento.

A Venezia, Milano, Genova, Bologna, Napoli, Palermo le adesioni si manifestano con cortei, presidi, blocchi di scuole e università. Anche il casello dell’autostrada A1 a Calenzano è stato “presidiato” dai manifestanti.

Le ragioni della protesta

La motivazione principale è una richiesta urgente di cessate il fuoco e di maggiore impegno politico e civile nei confronti della popolazione palestinese. Le rivendicazioni specifiche comprendono:

Denuncia del massacro in corso nella Striscia di Gaza, delle bombe, degli attacchi contro strutture civili, ospedali, scuole, delle vittime civili.

Esigenza che l’Italia (e l’Europa) interrompano le esportazioni di armi, sospendano collaborazioni accademiche o scientifiche ritenute connesse al conflitto.

Richiesta di partecipazione attiva delle università nel dibattito pubblico sulla guerra, non solo come luogo accademico ma anche come attore sociale.

Reazioni

  • Docenti, studenti e contrari

Non tutti condividono il blocco: diversi studenti che avevano lezioni hanno protestato, lamentando che la protesta impedisce loro di studiare, di raggiungere gli esami, di partecipare alle lezioni. Alcuni docenti hanno denunciato di essersi visti negare l’ingresso al campus, pur avendo compiti istituzionali.

  • Ordine pubblico e servizi

Le forze dell’ordine sono presenti in diverse città, con compiti di mediazione, presidio, controllo degli accessi, gestione del traffico. I trasporti pubblici e le fermate della metropolitana in varie città sono stati chiusi o funzionanti in maniera ridotta. Ritardi notevoli nei treni.

  • Logistica, condizioni meteorologiche

La pioggia ha complicato le operazioni: a Torino, per esempio, studenti in attesa sotto gli ombrelli, molti riparati sotto le tettoie, altri nel bar del campus. Le condizioni climatiche hanno reso più difficili le proposte di blocco prolungato.

Che cos’è già successo

Questa mobilitazione è parte di un’ondata più ampia iniziata nei mesi scorsi, con manifestazioni studentesche italiane ispirate dalla guerra tra Israele e Hamas:

Nell’autunno 2023 e primavera-estate 2024 si sono susseguite occupazioni, presidi, blocchi, dibattiti in molti atenei: Bologna, Firenze, Pisa, Siena, Genova, Milano, Palermo, ecc.

Il fenomeno dell’“Intifada studentesca” ha preso piede come etichetta collettiva per definire la crescente protesta di giovani universitari in solidarietà con la Palestina, con richieste di boicottaggio accademico e maggiore trasparenza dei legami universitari con Israele.

I comitati studenteschi come Cambiare Rotta e altri collettivi hanno già in passato promosso blocchi, occupazioni e rifiuto della didattica come forma di protesta politica.

Le pressioni politiche

Le richieste avanzate dagli studenti e dai sindacati non restano “solo slogan”: esistono interlocuzioni con atenei, rettori, autorità locali e il governo. Alcune università hanno già messo in discussione accordi con istituzioni israeliane, sia scientifiche che tecnologiche.

Al contempo, le forze politiche stanno reagendo in modi diversi: chi denuncia che lo sciopero è strumentale, chi esprime a favore della libertà di manifestazione, chi chiede che le istituzioni non diventino teatro di propaganda. È forte anche il dibattito sulla compatibilità di proteste radicali con i diritti di chi studia, di chi lavora, del personale universitario.

  • Impatto immediato

Le lezioni saltano, o vengono sospese, per il blocco degli ingressi.

Ritardi nei trasporti pesano su chi deve spostarsi per lavoro, studio, impegni quotidiani.

Chiusure temporanee o limitazioni di servizi, da università a scuole, mezzi pubblici.

Visibilità mediatica elevata: il tema del conflitto, della solidarietà civile, della guerra entra prepotentemente nel dibattito pubblico italiano; non solo politica, ma società civile, giovani, università.

  • Limiti evidenti

La protesta rischia di essere solo simbolica se non si traducono le richieste in atti concreti: cessate il fuoco, fine delle esportazioni di armi, revisione di accordi universitari, politiche di pace.

I danni collaterali: studenti che vogliono studiare ma non possono, personale accademico cui è impedito il lavoro, riduzione di ore/lezioni.

Rischio di spaccature interne: non tutti convengono sul metodo (blocchi, manifestazioni), né sull’uso della protesta come strumento permanente.

Possibilità di repressione o controversie legali nei casi di occupazioni, di violazione del diritto allo studio, di tensioni ordine pubblico.

Con questa mobilitazione si rafforza un fenomeno che dovrebbe essere visto non come episodio isolato, ma come parte di una più ampia riflessione su come la società – e le università in particolare – rispondano a conflitti internazionali, questioni di diritti umani, relazioni internazionali e implicazioni etiche della cooperazione accademica.

Uno sguardo controcorrente

Mentre molti osservano con favore la mobilitazione civile come elemento di maturità democratica, altri richiamano alla prudenza: la guerra è tema complesso, la solidarietà va bilanciata con rigore nelle analisi, con rispetto per la complessità normativa, diplomatica, accademica.

Le accuse più frequenti sollevate contro le proteste:

Strumentalizzazione politica, polarizzazione, divisioni che rischiano di allontanare il dibattito razionale.

Accuse di antisemitismo verso manifestazioni con slogan percepiti come generalizzanti, ma anche richieste di pacificazione.

Difficoltà nel tracciare confini netti tra cooperazione scientifica accademica e coinvolgimenti indiretti; la trasparenza diventa richiesta pressante.

L’Italia si ferma, si spezza la routine degli atenei, dei mezzi, della vita quotidiana. Non per sciopero fine a se stesso, ma per far sentire una voce – quella di giovani, studenti, lavoratori – che chiede che la tragedia continua a Gaza non resti lontana, che le istituzioni non restino silenti, che le università non siano solo luoghi di conoscenza passiva ma anche di responsabilità attiva.

La sfida è ora trasformare il dolore, la rabbia, le richieste in politiche concrete: trasparenza nei rapporti accademici, cessate il fuoco, attenzione internazionale e nazionali alle vittime, protezione dei diritti civili.

22 Settembre 2025
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