Acqua dolce dal mare senza elettricità

La sfida che potrebbe cambiare la crisi idrica
In un mondo dove la scarsità d’acqua potabile è diventata un’emergenza per circa due miliardi di persone, una nuova tecnologia messa a punto in Corea del Sud propone una soluzione che suona quasi come fantascienza: desalinizzare l’acqua di mare senza elettricità, sfruttando solo l’energia del sole, e produrre acqua dolce a un ritmo sorprendente per dispositivi del genere: 3,4 litri/ora.
È quanto mostrato da ricercatori dell’Università UNIST (Ulsan National Institute of Science & Technology), che hanno utilizzato materiali fototermici avanzati — ossidi di perovskite — e un design innovativo per affrontare i limiti storici della dissalazione solare. Se questa tecnologia si dimostrasse scalabile, potrebbe aprire una nuova era nella lotta contro la siccità, soprattutto in aree remote o costiere dove l’energia elettrica è scarsa o costosa.
Come funziona il dispositivo coreano
- Il principio fototermico
Al centro della scoperta c’è il materiale La₀.₇Sr₀.₃MnO₃, un ossido di perovskite che ha proprietà peculiari. Quando illuminato dalla luce solare, assorbe energia, eccita elettroni che vanno a stati definiti “stati trappola intrabanda”, e produce calore tramite fenomeni di ricombinazione non radiativa. Questo calore è usato per evaporare acqua di mare, quindi il vapore viene condensato, separando il sale.
- Efficienza e prestazioni
L’efficienza solare-termica è dichiarata intorno al 94%, molto superiore ai sistemi tradizionali che spesso restano tra il 30–40%.
Il dispositivo è stato testato per almeno due settimane sotto condizioni difficili, inclusa una salinità doppia rispetto a quella tipica del mare. Le prestazioni sono rimaste stabili in questo arco.
Il tasso di evaporazione è di circa 3,40 kg/m²/h (cioè 3,4 litri all’ora per metro quadrato attivo), un valore quasi dieci volte superiore rispetto a molti sistemi solari di evaporazione naturale.
- Design anti-sale / anti-fouling
Uno degli ostacoli principali nella dissalazione solare è l’accumulo di sale (fouling) sulle superfici dei materiali fototermici, che riduce l’area attiva, impedisce la luce, rallenta il processo.
Per ovviare a questo problema, il dispositivo UNIST utilizza un design a forma di “L inversa” che induce un flusso unidirezionale dell’acqua. In pratica, il layout spinge il sale verso i bordi del materiale fototermico, lontano dalla zona di evaporazione, così che la superficie resta libera e luminosa, e la resa rimane alta nel tempo.
Crisi idrica e dissalazione tradizionale
Molto prima del dispositivo coreano, enti internazionali avevano lanciato l’allarme: con il riscaldamento globale, l’aumento delle popolazioni urbane, i mutamenti climatici, le siccità sono diventate più frequenti e più gravi, soprattutto in Africa settentrionale, Medio Oriente, alcune zone dell’Asia e dell’America Latina. Milioni di persone affrontano ogni giorno la mancanza di acqua potabile in condizioni base.
- Osmosi inversa, distillazione, evaporazione
Osmosi inversa è oggi il metodo più diffuso per convertire acqua di mare in acqua potabile su larga scala. Richiede elevate pressioni, pompe potenti, energia elettrica, manutenzione e gestione delle membrane.
Distillazione termica o evaporativa è meno comune su larga scala perché richiede fonti di calore, spesso combustibili o elettricità, e ha efficienza inferiore.
I sistemi solari termici od evaporativi (come serre ad acqua marina, evaporatori solari passivi) sono stati sperimentati, ma finora con rese modeste rispetto al fabbisogno reale delle comunità più colpite.
- Costi energetici e ambientali
I rapporti evidenziano che la desalinazione tradizionale è un’operazione energivora. Uno studio calcola che l’energia media per osmosi inversa si aggira intorno a 3 kWh per metro cubo di acqua prodotta. Questo significa che per soddisfare la domanda di acqua potabile di una città costiera servono grandi impianti elettrici, impianti costosi, infrastrutture robuste. Inoltre, si deve gestire lo smaltimento delle salamoie (l’acqua residua molto salata) che possono danneggiare ecosistemi marini.
- Esperimenti, prototipi, fallimenti
Questa non è la prima volta che la comunità scientifica prova a desalinizzare con il sole o con energia rinnovabile senza dipendere totalmente dalla rete elettrica.
Alcuni progetti di evaporatori solari passivi, che sfruttano materiali assorbenti, superfici scure, evaporatori con materie porose, ma con efficienze limitate e problemi di accumulo sale (che riduce la resa drasticamente nel tempo).
Sistemi sperimentali combinati: evaporazione + condensazione sottovuoto, serre ad acqua marina (che utilizzano la evaporazione naturale combinata ad altre tecniche), ma spesso limitati da condizioni climatiche troppo specifiche, costi di manutenzione, bassa densità di produzione di acqua dolce.
Dispositivi di desalinizzazione alimentati da fonti rinnovabili (fotovoltaico, solare termico, eolico) abbinati all’osmosi inversa. Questi sono più vicini alle applicazioni pratiche, ma restano costosi, richiedono batterie o infrastrutture per immagazzinare energia, interventi di manutenzione e spesso dipendono da condizioni climatiche favorevoli.
Cosa cambia con la tecnologia UNIST
Zero elettricità richiesta: questo elimina la necessità di pompe elettriche, batterie, generazione esterna di energia, costi legati alla rete.
Alta efficienza solare-termica: il rendimento dichiarato (94%) è molto elevato, indica che quasi tutta l’energia solare utile viene convertita in calore utile per evaporazione.
Design anti-fouling: previene la perdita di efficacia dovuta all’accumulo di sale, consentendo operazioni continue, anche con acqua salina più concentrata rispetto al normale.
Resistenza e stabilità: test mantenuti su salinità doppia rispetto al mare, per due settimane, con prestazioni stabili, suggerendo robustezza operativa in condizioni non ideali.
Limiti da verificare
La produzione è di 3,4 litri all’ora per unità di superficie. Per soddisfare i fabbisogni di una comunità intera servono molti moduli affiancati.
Durata nel tempo oltre test brevi: usura del materiale, degradazione della perovskite, esposizione ambientale, agenti atmosferici, corrosione.
Costo iniziale: anche se il risparmio energetico è grande, i materiali speciali, la fabbricazione, il packaging, la logistica possono essere costosi.
Condizioni climatiche: è essenziale avere sufficiente irraggiamento solare, condizioni meteo stabili; in aree ombreggiate, nuvolose o polverose l’efficienza può calare.
Scalabilità e manutenzione: la produzione su vasta scala, il trasporto delle unità, la manutenzione nei luoghi remoti sono sfide concrete.
Zone costiere in crisi idrica
Paesi insulari, regioni costiere aride, comunità remote che dipendono da pozzi, falde o precipitazioni magre potrebbero essere i primi beneficiari. Immagina villaggi su isolette, comunità di pescatori, luoghi dove costruire un impianto elettrico affidabile è difficile.
Campi umanitari e emergenze
Nelle aree colpite da crisi climatiche o guerre, dove l’accesso all’elettricità è limitato, ma il sole è presente, queste tecnologie potrebbero fare la differenza per fornire acqua potabile rapidamente, con costi operativi minimi.
Uso domestico o comunitario limitato
Anche per famiglie o comunità piccole con budget limitati, unità compatte e modulari potrebbero servire per usi domestici: bere, cucinare, uso quotidiano, senza dipendere dalla rete.
Progetti pilota
Alcuni ricercatori stanno già lavorando per costruire versioni galleggianti del dispositivo, che possono trattare l’acqua marina direttamente in mare o vicino alla costa, riducendo la necessità di infrastrutture di trasporto dell’acqua.
L’Italia e la desalinizzazione
L’Italia ha migliaia di chilometri di coste, molte aree insulari (Sicilia, Sardegna, isole minori), zone aride durante l’estate, periodi di siccità sempre più frequenti. Tuttavia:
La dissalazione rimane molto poco usata su larga scala, perché costosa e perché esistono vincoli ambientali, burocratici, limiti di impatto sulla fauna marina, gestione delle salamoie.
Alcuni progetti recenti solari o fotovoltaici associati a impianti di dissalazione sono in corso, ma la tecnologia coreana, se realmente economica e scalabile, potrebbe accelerare il processo.
Occorre che venga definito un quadro normativo chiaro: autorizzazioni, standard di potabilità, sicurezza degli impianti, impatto ambientale, gestione operativa costante.
Verso una nuova era dell’acqua sostenibile
Il dispositivo coreano sviluppato all’UNIST rappresenta un passo avanti concreto nella ricerca di soluzioni che siano efficaci, sostenibili, accessibili. Non è la panacea, ma una tecnologia che può integrarsi bene con altre, che può essere utile in molti contesti, specie laddove l’energia è costosa o assente.
Perché la vera soluzione alla scarsità d’acqua non è una sola: è un mosaico fatto di riduzione degli sprechi, conservazione, gestione intelligente delle risorse, riciclo, uso di tecnologie nuove come questa. Serve investimento, ricerca, politica che supporti l’innovazione, cooperazione internazionale.
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