12:32 pm, 20 Settembre 25 calendario

Nuova fase di tensioni interne nel PD

Di: Redazione Metrotoday
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La convocazione della direzione nazionale del Partito Democratico ha acceso una nuova fase di tensioni interne, mettendo in evidenza le fratture tra la segreteria guidata da Elly Schlein e l’area riformista del partito. Il motivo scatenante non è tanto il contenuto dell’incontro, quanto la sua tempistica e l’ordine del giorno, giudicati dall’opposizione interna come del tutto inadeguati rispetto alle esigenze di dibattito e confronto.

La direzione è stata fissata a pochi giorni dalle elezioni regionali nelle Marche, in un momento in cui la priorità ufficiale dovrebbe essere la mobilitazione dei dirigenti e degli elettori piuttosto che la discussione politica interna. Eppure, il solo punto all’ordine del giorno – la “relazione della segretaria” – ha scatenato malumori e polemiche tra i riformisti, che da tempo attendevano un confronto chiaro sulle scelte strategiche del partito e sulla gestione della minoranza interna.

La tempistica contestata

La riunione arriva sette mesi dopo l’ultima vera direzione nazionale, escluse le convocazioni tecniche come l’approvazione del bilancio. Per i riformisti, si tratta di un ritardo inaccettabile: sette mesi di silenzio politico nel corso dei quali si sono succedute decisioni importanti, sia sul piano nazionale che locale, senza un reale momento di confronto.

Molti osservatori interni sostengono che la scelta di convocare la direzione a ridosso del voto marchigiano non sia casuale. “Nessuno, in quel momento, vuole sollevare questioni sulla linea del Nazareno, né sul lavoro interno né sulla politica estera”, spiega un senatore vicino alla minoranza. L’ipotesi che circola tra i riformisti è che la segreteria abbia voluto evitare dibattiti potenzialmente divisivi, rimandando a tempi più “tranquilli” ogni confronto sulle strategie e sulle alleanze.

Secondo i critici, sarebbe stato più opportuno tenere la direzione prima della decisione di sostenere i referendum Cgil sul lavoro, oppure subito dopo l’esito negativo dei quesiti, che non hanno raggiunto il quorum. In alternativa, sarebbe stato più logico convocarla prima di annunciare l’alleanza con il Movimento 5 Stelle alle regionali. La percezione, dunque, è che la direzione non sia stata pensata come uno spazio di discussione politica, ma come un passaggio formale e motivazionale, utile più a rinsaldare l’unità apparente del partito che a confrontarsi sulle questioni interne più delicate.

Tensioni interne e il ruolo di Bonaccini

Un altro elemento di tensione riguarda il ruolo di Stefano Bonaccini. L’ex presidente dell’Emilia-Romagna guida l’area di Energia Popolare, che storicamente raccoglie buona parte della minoranza interna. Tuttavia, negli ultimi mesi, la sua posizione è stata messa in discussione dai membri più critici: all’ultima riunione dell’area, Bonaccini non si è presentato, suscitando malumori tra i partecipanti.

Durante quell’incontro, diversi esponenti hanno espresso perplessità sulla linea morbida adottata dall’ex presidente nei confronti della segretaria e della direzione nazionale. La richiesta di un documento conclusivo critico è stata però respinta: Alessandro Alfieri, coordinatore dell’area, ha deciso di rinviare il confronto alla “prima occasione utile”, lasciando insoddisfatti i membri più intransigenti.

Da parte sua, Bonaccini respinge le critiche, sostenendo che in questa fase la priorità deve essere la vittoria nelle Marche. “Ora ci sono le regionali, è deleterio discutere fra di noi”, ha dichiarato, sottolineando la necessità di concentrare energie e risorse sulla campagna elettorale.

Nonostante queste rassicurazioni, diversi esponenti di Base Riformista hanno già annunciato che non parteciperanno alla riunione con Bonaccini, giudicandola poco più di una “video call” senza reale possibilità di dibattito. Tra i nomi più noti figurano Lorenzo Guerini, Filippo Sensi, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Giorgio Gori e Pina Picierno. Tuttavia, la partecipazione non è uniforme: Simona Malpezzi, ad esempio, ha confermato la sua presenza, segnalando che all’interno della minoranza non esiste un’unica linea di condotta.

Responsabilità e sospetti tra i leader

Un altro nodo riguarda la responsabilità nella convocazione tardiva della direzione nazionale. Formalmente, spetta al presidente del partito convocare l’assemblea, ma i riformisti imputano a Bonaccini di aver consentito alla segretaria di rimandare l’incontro per sette mesi. Questa scelta, secondo la minoranza, non sarebbe neutrale, ma funzionale a evitare un confronto su temi considerati “scivolosi”: la politica estera e il ruolo della minoranza interna.

Il sospetto è che Schlein e Bonaccini abbiano un’intesa volta a ridurre il dibattito interno, gestendo la comunicazione e il calendario in modo da minimizzare le tensioni pubbliche. Alcuni dirigenti riformisti parlano apertamente di un “accordo tacito” tra i due leader, che avrebbe come obiettivo la sospensione della discussione critica, almeno fino a dopo le elezioni regionali.

Bonaccini, da parte sua, si dice “molto sereno” e afferma di non sentirsi attaccato. Ribadisce di ricevere ogni giorno centinaia di messaggi di incoraggiamento da militanti e dirigenti del partito, che lo spronano a non cedere alle polemiche. Tuttavia, l’aumento delle tensioni nella minoranza è evidente e costante. Non sorprende, quindi, che ci siano ipotesi secondo cui, oltre alla semplice video call, alcuni riformisti “duri e puri” possano disertare anche la direzione nazionale, giustificando l’assenza con la necessità di concentrarsi sulla campagna elettorale.

Partecipazione e necessità di confronto

Nonostante le tensioni, c’è anche chi cerca un equilibrio tra responsabilità elettorale e confronto politico. Lorenzo Guerini, ad esempio, ha chiarito che la minoranza parteciperà comunque alla direzione “al fianco dei candidati e delle candidate del Partito Democratico”, sottolineando però l’importanza di un dibattito aperto, leale e costruttivo. La sua posizione rappresenta una linea intermedia, che cerca di conciliare il dovere di sostenere il partito nella competizione elettorale con la necessità di far emergere le istanze della minoranza interna.

Le elezioni nelle Marche, dunque, diventano non solo un test per i candidati dem, ma anche per la tenuta interna del partito. La minoranza riformista sembra determinata a ottenere spazi di discussione e trasparenza decisionale, mentre la segreteria e il presidente Pd privilegiano la gestione strategica del calendario e la comunicazione unitaria. Questo conflitto di priorità mette in luce la complessità della vita interna del Pd, dove alleanze e leadership devono continuamente confrontarsi con esigenze elettorali, strategiche e di rappresentanza interna.

Il quadro complessivo

La vicenda della direzione Pd e delle riunioni interne a ridosso delle regionali marchigiane offre uno spaccato interessante delle dinamiche interne del partito. Da un lato, la segreteria cerca di mantenere il controllo sulla narrativa politica e di evitare che i conflitti interni emergano in momenti delicati. Dall’altro, la minoranza riformista reclama il diritto al dibattito e alla definizione di una linea politica chiara, temendo che ritardi e decisioni strategiche possano comprimere la loro voce.

La gestione della tempistica, il ruolo di Bonaccini e la percezione di un accordo tacito con Schlein alimentano sospetti e malumori, mostrando quanto sia sottile l’equilibrio tra coesione e pluralismo interno. La direzione del Pd, sebbene formalmente convocata per un unico punto all’ordine del giorno, diventa così un simbolo delle tensioni tra leadership e minoranza, tra strategia elettorale e necessità di confronto politico.

Il futuro prossimo del partito sembra destinato a oscillare tra queste due tensioni: da un lato la necessità di vincere le elezioni regionali e consolidare la leadership di Schlein; dall’altro la pressione della minoranza riformista, che continuerà a chiedere spazi di dibattito e trasparenza nelle scelte politiche. Il risultato di questo confronto, più o meno conflittuale, potrebbe avere ripercussioni non solo sulla linea politica del Pd, ma anche sulla sua capacità di presentarsi unito agli elettori nei prossimi appuntamenti elettorali.

20 Settembre 2025
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