10:22 am, 18 Settembre 25 calendario

Un passo verso il rischio? La Fed taglia i tassi e l’economia osserva

Di: Redazione Metrotoday
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Ieri pomeriggio la Federal Reserve ha deciso di tagliare di 25 punti base (0,25%) il tasso sui fed funds, portandolo al range del 4,00-4,25%, segnando così la prima riduzione degli ultimi mesi. La decisione ha suscitato reazioni contrastanti: sollievo per alcuni settori del mercato, preoccupazione per altri che temono un cedimento prima che i fondamentali economici siano solidi.

Questo taglio è stato accompagnato da segnali chiari: la Fed prevede almeno due ulteriori riduzioni nel corso del resto dell’anno, mentre le tensioni sul fronte del lavoro e dell’inflazione restano centrali nel dibattito della politica monetaria statunitense.

Il contesto attuale: perché ora

Negli ultimi mesi, vari indicatori economici hanno evidenziato un rallentamento. Il mercato del lavoro ha mostrato segnali di debolezza: la crescita dell’occupazione rallenta, la durata media delle ore lavorate diminuisce in certi settori, aumentano le richieste di sussidi di disoccupazione. Contemporaneamente, l’inflazione, pur in calo rispetto ai picchi degli anni precedenti, resta sopra l’obiettivo doppio della Fed, fissato al 2%. In questo scenario, la Fed ha giudicato che i rischi di una caduta economica o di una disoccupazione in aumento stiano crescendo più rapidamente dei rischi inflazionistici. Il taglio appare dunque come una mossa di “gestione del rischio”, per mettere in bilico la bilancia monetaria tra stabilità dei prezzi e piena occupazione.

La decisione

Il taglio di 25 punti base è avvenuto con ampia maggioranza, ma non unanimità. Un membro del Board, recentemente nominato, ha dissentito, proponendo un taglio più aggressivo di mezzo punto.

I “dot plot” della Fed (proiezioni interne) adesso segnalano che il tasso potrebbe collocarsi a fine anno nella fascia tra 3,50% e 3,75%, ossia con almeno due tagli aggiuntivi previsti.

La Fed ha ribadito il doppio mandato: perseguire l’occupazione massima e stabilità dei prezzi, segnalando che l’incertezza sui dati economici è elevata, come pure i rischi verso il basso per la crescita.

Le reazioni dei mercati

Mercati azionari: i listini statunitensi e internazionali hanno reagito con lieve entusiasmo; le banche grandi hanno già annunciato un abbassamento dei tassi di interesse per prestiti ai migliori clienti (prime lending rates).

Tassi sui prestiti e mutui: le banche prime hanno ridotto i tassi di interesse offerti, ma il riflesso sui mutui immobiliari, merci dure, e prestiti al consumo sarà graduale.

Obbligazioni e rendimenti di lungo: i titoli governativi a lunga scadenza hanno visto oscillazioni; diminuiscono leggermente i rendimenti nominali, ma restano sotto molta attenzione per le aspettative d’inflazione futura.

Valuta: il dollaro ha vissuto momenti di debolezza, soprattutto contro valute che riflettono speranze su politiche monetarie più accomodanti anche altrove; ma l’incertezza globale limita le oscillazioni troppo marcate.

Tagli e rialzi che hanno segnato l’ultima epoca

Per comprendere il significato dell’attuale taglio, occorre guardare a ciò che è accaduto negli ultimi anni:

Aggressivi rialzi post-pandemia: a partire dal 2022-2023, la Fed ha aumentato i tassi con rapidità storica, per contrastare inflazione che aveva sfondato cifre rare negli ultimi decenni.

Raggiungimento del picco: dopo vari rialzi, il tasso aveva raggiunto livelli che non si vedevano da anni; il costo del denaro era diventato un freno evidente su investimenti, prestiti, consumi.

Prime tensioni: già nella prima metà del 2025, segnali di rallentamento nell’economia reale, nei consumi e nella fiducia delle imprese avevano fatto pensare che la stretta monetaria cominciasse a produrre effetti negativi non solo sull’inflazione ma sulla crescita.

Tentativi di mediazione: la Fed aveva segnalato che stava valutando un approccio più graduale per non causare shock eccessivi, cercando di bilanciare la “mano ferma contro l’inflazione” con la “mano tesa verso il rischio di recessione”.

Inflazione, disoccupazione e credibilità

  • Inflazione persistente: nonostante il miglioramento rispetto ai picchi, rimane su livelli superiori al 2%, soprattutto per beni durevoli, energia, effetti delle tariffe doganali. La Fed deve guardare non solo ai livelli attuali, ma alle aspettative inflazionistiche a medio termine, che influenzano salari, contratti, comportamenti di consumo.
  • Mercato del lavoro incerto: la creazione di posti di lavoro è rallentata, il tasso di disoccupazione rischia di salire se la domanda continua a indebolirsi. Alcune industrie già mostrano perdite, specialmente quelle legate al consumo discrezionale, alle costruzioni, agli investimenti immobiliari.
  • Debito e finanziamenti: aziende e consumatori che hanno acceso prestiti quando i tassi erano bassi ora affrontano costi di finanziamento più alti; il taglio può alleggerire solo parzialmente, ma la fiducia resta fragile.
  • Credibilità della Fed: ogni taglio è sottoposto a scrutinio, specie in periodi di pressioni politiche. Il mantenimento dell’indipendenza e la coerenza nella comunicazione sono centrali.

Cosa dicono i cicli passati

Storicamente i cicli di tagli dei tassi hanno spesso preceduto rallentamenti economici o recessioni, sebbene non sempre: in alcuni casi l’economia è riuscita a evitare la caduta, con una “atterraggio morbido”.

I mercati azionari tendono a reagire positivamente nel lungo termine al primo taglio, ma con volatilità elevata nei mesi subito successivi.

Settori sensibili al credito (immobiliare, automotive, imprese che dipendono da prestiti) mostrano miglioramenti dopo i tagli, ma anche rischi legati all’eccessivo indebitamento pregresso.

Possibili scenari futuri

Soft landing

L’ipotesi che l’economia rallenti ma non entri in recessione, grazie ad altri tagli dei tassi, stimoli moderati, politiche fiscali favorevoli e stabilizzazione dell’inflazione.

Recessione lieve o moderata

Se i consumi cedono, se l’inflazione rimane ostinatamente elevata, se fattori esterni (crisi globale, prezzi energetici, tensioni commerciali) pesano, il rischio che l’economia entri in contrazione è reale.

Inflazione rimbalza

Se le aspettative inflazionistiche non si ancorano, o se nuovi shock di offerta emergono (energia, cibo, materie prime), tagli troppo rapidi possono indebolire la fiducia nella capacità della Fed di mantenere la stabilità dei prezzi.

Implicazioni globali

Le politiche monetarie delle altre banche centrali (Europa, Giappone, Regno Unito) stanno osservando con attenzione: se la Fed taglia, aumenta la pressione su altre banche per non restare troppo restrittive o troppo accomodanti.

I mercati emergenti, che già affrontano tensioni valutarie, inflazione importata e debiti in valuta estera, rischiano di essere colpiti da movimenti del dollaro, politiche commerciali e costi finanziari globali.

Il commercio internazionale, le catene di approvvigionamento e le tariffe doganali continuano a giocare un ruolo cruciale nell’inflazione globale.

Il taglio dello 0,25% da parte della Fed rappresenta un’occasione: un segnale che la politica monetaria sta cercando di riequilibrare le priorità tra inflazione e lavoro. Ma è anche un passo su un terreno instabile.

Se il cammino verso un’economia più equilibrata continua, questo taglio potrà essere visto come il momento in cui la Fed ha voltato pagina. Se invece la fiducia vacilla, potrebbe diventare l’inizio di una caduta.

18 Settembre 2025
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