8:58 am, 16 Settembre 25 calendario

Tragedia sulle piste: è morto Matteo Franzoso

Di: Redazione Metrotoday
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È arrivata nella serata di ieri la drammatica conferma: Matteo Franzoso, lo sciatore azzurro di 25 anni rimasto vittima di un gravissimo incidente in allenamento in Cile, non ce l’ha fatta. La morte è stata accertata in una clinica di Santiago, dove era ricoverato in terapia intensiva. Franzoso era ricoverato in coma farmacologico dopo aver riportato un trauma cranico con edema cerebrale che il suo corpo non è riuscito a superare.

L’incidente

L’episodio fatale risale a sabato scorso, quando Franzoso si trovava a La Parva, sulle Ande cilene, a circa 50 km da Santiago. Era parte del gruppo dei velocisti azzurri, insieme a Mattia Casse, Florian Schieder, Guglielmo Bosca, Christof Innerhofer, Benjamin Alliod, Nicolò Molteni, Marco Abbruzzese e Giovanni Franzoni; in seguito si era aggiunto anche Dominik Paris.

Durante uno dei salti di allenamento, Franzoso avrebbe affrontato male il primo salto, “una piccola rampa” relativamente modesta ma sufficientemente pericolosa se l’atterraggio non viene controllato. Dopo l’atterraggio, ha perso il controllo degli sci: una “spigolata” lo ha portato ad uscire dalla traiettoria, finire sotto la rete di protezione, oltrepassarla per due file, e impattare contro una staccionata di legno posta circa 6‑7 metri fuori dal tracciato.

I soccorsi sono stati immediati: è intervenuto l’elisoccorso per trasportarlo a Santiago, dove i medici lo hanno ricoverato in terapia intensiva, intubato e indotto in coma farmacologico per cercare di ridurre al minimo le conseguenze dell’emorragia e dell’edema cerebrale.

La vita di giovane atleta

Matteo Franzoso era originario di Genova, ma cresciuto sciisticamente al Sestriere, tesserato per le Fiamme Gialle. Specialista delle prove veloci, la sua carriera comprende:

    Esordi nel circuito giovanile; quarto posto in discesa ai Mondiali Junior di Narvik, nel 2020.

    Prima apparizione in Coppa Europa nel 2017, vittoria in superG a Zinal nel 2021.

    Debutto in Coppa del Mondo sempre nel 2021, nel superG della Val Gardena.

    Miglior risultato in Coppa del Mondo: 28° posto in superG a Cortina d’Ampezzo nel gennaio 2023. Inoltre, titolo italiano nella combinata nel 2023.

    Nella stagione più recente, buone prestazioni in Coppa Europa, ad esempio l’8° posto al superG di Crans‑Montana (febbraio 2025).

Aveva compiuto 25 anni; il giorno dopo l’incidente avrebbe festeggiato il 26° compleanno, il 16 settembre.

Il dolore e richieste di maggiore sicurezza

Le parole del presidente della FISI, Flavio Roda, sono intrise di lutto: parlano di tragedia “per la famiglia e per il nostro sport”. È stato evocato anche il ricordo recente di Matilde Lorenzi, giovane promessa azzurra che perse la vita nell’ottobre 2024 in un incidente simile durante un allenamento.

Alessandro Garrone, presidente dello Sci Club Sestriere – club che aveva formato Franzoso – ha lanciato appelli chiari: “è necessario intervenire subito sulla sicurezza”.

Nel ritiro in Cile i compagni di Nazionale, dopo l’incidente, hanno sospeso ogni attività di allenamento: il segno di uno sport che non può ignorare la gravità dell’evento.

Una dinamica che preoccupa

L’incidente ha evidenziato una serie di elementi che sono già stati al centro di dibattiti nel mondo dello sci:

    Il salto come elemento rischioso, anche se “piccolo”: non basta la dimensione del salto, ma la curvatura, la velocità, l’atterraggio e la protezione intorno.

    La protezione laterale con reti, barriere, staccionate: se la traiettoria non viene controllata, le reti possono servire ma non sempre impediscono che un atleta le superi, come nel caso di Franzoso.

    Il pronto intervento: in questo caso l’intervento è stato veloce, con elisoccorso e assistenza medica avanzata. Tuttavia, nemmeno condizioni ottimali possono talvolta bastare, specialmente in presenza di danni cerebrali gravi.

Non è un’eccezione

L’Italia nel panorama dello sci alpino, pur con tradizione e livelli alti, negli ultimi mesi è stata segnato da altri incidenti analoghi, che purtroppo hanno avuto esito letale:

    Matilde Lorenzi (20 anni), promessa azzurra, deceduta in ottobre 2024 durante un allenamento in Val Senales, in circostanze che richiesero un’indagine sulla sicurezza delle piste.

    Marco Degli Uomini, 18 anni, sciatore promettente, morto in marzo 2025 dopo una caduta durante un riscaldamento sulla pista dello Zoncolan. Anche in quel caso si era parlato di volo di molte decine di metri, perdita di controllo in un salto, impatto contro reti di protezione.

Questi episodi, in tempi ravvicinati, fanno emergere un quadro che va oltre la singola disgrazia: c’è un filo comune fatto di rischi elevati, di protezioni che non sempre bastano, di salti e ostacoli che in allenamento possono diventare pericolosi quanto in gara.

Cosa non ha funzionato

Alla luce delle tragedie recenti, emergono alcune riflessioni su ciò che può essere migliorato – ormai non più solo “teoricamente”.

    Standarizzazione delle protezioni e delle barriere

    Le reti di protezione laterali, ma anche le strutture extra‑tracciato come staccionate o barriere in legno o altro materiale, devono essere progettate non solo per contenere cadute nei limiti, ma per resistere all’impatto oltre tali limiti. Serve che siano testate per impatti anche oltre la traiettoria attesa, con margini di sicurezza maggiori.

    Controllo del tracciato anche in allenamento

    Spesso le piste per allenamento non hanno la stessa sorveglianza o manutenzione delle piste da gara. Si possono verificare condizioni di neve, vento, ghiaccio, geometrie del salto non perfette, cambi improvvisi. Verifiche tecniche più stringenti dovrebbero essere obbligatorie prima dell’utilizzo.

    Uso obbligatorio di dispositivi protettivi migliorati

    Se da un lato casco, para‑schiena, tutine antitaglio sono già diffusi, potrebbe essere utile introdurre – come accade in altri sport estremi – protezioni cerebrali supplementari, sensori d’impatto, dispositivi che segnalino cadute gravi e possibilmente blocchino certi movimenti.

    Formazione tecnica e cultura del rischio

    Atleti, allenatori e staff devono mantenere una mentalità secondo cui il rischio è reale, sempre presente, e che la sicurezza non è un ostacolo, ma elemento centrale di qualsiasi preparazione. Allenarsi, provare salti, richiede competenza, rispetto delle procedure, test delle condizioni ambientali.

    Rapidità e qualità dei soccorsi

    L’intervento tempestivo è imprescindibile, ma serve anche che ci siano protocolli precisi su trasporto, stabilizzazione, presenza di elisocorpo, equipaggiamenti di pronto soccorso adeguati. Anche se tutto funziona, a volte la gravità del danno è tale che non si può far nulla – ma le probabilità migliori si ottengono con una catena di soccorso robusta.

    Regolamentazioni federali più stringenti

    Le federazioni nazionali e internazionali potrebbero dover aggiornare i regolamenti di sicurezza, in base ai dati delle cadute recenti; imporre revisione periodica delle attrezzature, standard di protezione piste, limitazioni per i salti in allenamento non monitorati.

Il peso emotivo, la comunità sciistica sotto choc

L’annuncio della morte di Franzoso ha suscitato dolore profondo non solo tra i familiari, ma in tutto il mondo dello sci. I compagni di allenamento erano presenti, legati da un percorso comune, condividono sogni, sacrifici, obiettivi. Il fatto che si trovi già un altro morto in pochi mesi rende la tragedia ancor più ingombrante: non è solo la fine di una vita, ma di un progetto, di speranze.

Da Sestriere – terra che ha formato Franzoso – a Genova, al Cile dove era in ritiro, gli allenatori, gli amici, le istituzioni sportive hanno manifestato solidarietà. C’è chi chiede che non si dimentichi, che non accada di nuovo – ma perché questo possa succedere serve che non resti una richiesta affidata al ricordo emotivo. Serve che diventi impegno operativo, trasformazione nei regolamenti, nei protocolli, nel modo di allenarsi.

Il limite tra rischio e tragedia

Lo sci alpino è uno sport che vive di sfide estreme, di velocità, di desiderio di oltrepassare i limiti. Ma ogni limite ha un confine che non può essere ignorato: la vita, la tutela fisica, la responsabilità verso chi pratica. Matteo Franzoso non era un principiante: aveva esperienza, talento, ambizioni. Eppure è bastata una caduta – su un salto in allenamento – per spezzare quel filo.

Non basta chiedere “perché” a freddo; serve chiedere “come evitare”. Serve che le tragedie parlino non soltanto di lutto, ma insegnino cambiamenti reali. Perché ogni atleta merita di allenarsi in sicurezza – di sognare, correre, volare sugli sci senza che la misericordia del destino sia tutta nella protezione di qualche rete o nella rapidità dei soccorsi.

16 Settembre 2025 ( modificato il 15 Settembre 2025 | 23:06 )
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