11:47 am, 15 Settembre 25 calendario

Diplomazia in frantumi: come l’attacco israeliano a Doha cambia gli equilibri nel conflitto Israele–Gaza

Di: Redazione Metrotoday
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L’ attacco israeliano nel quartiere di Leqtaifiya, Doha, in cui sarebbero stati colpiti alti dirigenti di Hamas e un agente della sicurezza qatariota, ha provocato un terremoto diplomatico la cui eco si espande ben oltre i cieli del Golfo. L’episodio, che secondo vari reportage ha avuto luogo il 9 settembre, mina le basi di uno sforzo diplomatico intricato orchestrato da Qatar, Stati Uniti ed Egitto per un cessate-il-fuoco nella guerra che infuria da ormai quasi due anni nella Striscia di Gaza.

Le reazioni sono state immediate e polarizzate. Quest’articolo ricostruisce i fatti dell’attacco e le sue conseguenze, contestualizzando con la storia recente dei negoziati, esplorando le implicazioni geopolitiche per Israele, Qatar e gli Stati Uniti, e analizzando gli scenari possibili che potrebbero emergere da questa crisi.

Cosa sappiamo finora

Secondo quanto emerge dai media internazionali, l’operazione israeliana ha preso di mira funzionari di Hamas che si trovavano in un edificio residenziale a Doha, riuniti — secondo alcune fonti — per studiare una proposta statunitense per lo scambio di ostaggi e per trattative di cessate-il-fuoco.

L’attacco avrebbe causato la morte di sei persone, fra cui un membro delle forze di sicurezza qatariote, mentre i dirigenti principali di Hamas sarebbero sfuggiti al bombardamento.

In Qatar è stata denunciata come una violazione della sovranità nazionale, con accuse nei confronti di Israele di “terrorismo di Stato”.

Israele, da parte sua, sostiene che i bersagli erano figure di Hamas considerate legittime obiettivi, potenzialmente in grado di incidere sui tentativi negoziali.

L’attacco si inserisce in un momento di forte tensione: da mesi Doha è coinvolta come mediatore principale nei colloqui fra Hamas e Israele, insieme con gli Stati Uniti e l’Egitto, per cercare soluzioni che comprendano il rilascio degli ostaggi e un cessate-il-fuoco duraturo.

Squilibri e avvertimenti

Il presidente Donald J. Trump ha manifestato disappunto per l’operazione, dicendosi “molto arrabbiato” e sottolineando che non era stato informato prima dello strike

Trump ha tuttavia chiesto cautela nei confronti di Israele, ricordando che Qatar è considerato un “alleato importante” e che le azioni militari devono tener conto del contesto diplomatico.

Il Segretario di Stato Marco Rubio è stato inviato in Israele per discutere le conseguenze con il governo Netanyahu, nel tentativo di mitigare il danno diplomatico.

Il governo di Doha ha condannato l’attacco definendolo un “atto codardo”, una violazione del diritto internazionale e della propria sovranità.

Nonostante la rabbia, Doha ribadisce il suo ruolo di mediatore e la volontà di proseguire nei tentativi negoziali, denunciando allo stesso tempo che l’operazione israelo-minacciosa mina la fiducia necessaria per trattare.

Il mondo musulmano

È convocato a Doha un vertice d’emergenza con rappresentanti dei paesi arabi e musulmani per discutere una risposta comune all’attacco. Alcune dichiarazioni parlano di una bozza di risoluzione che condanna l’azione israeliana come destabilizzante.

Emirati Arabi Uniti, Turchia, e altri Paesi del Golfo esprimono forte preoccupazione: l’operazione potrebbe compromettere la percezione dei governi arabi nel mondo musulmano, specialmente tra le opinioni pubbliche più sensibili alla questione palestinese.

Israele

Il governo di Benjamin Netanyahu difende l’azione come parte integrante dello sforzo di eliminare Hamas come struttura organizzata, compresi i suoi leader in esilio. Secondo Israele, le posizioni dei dirigenti Hamas colpiti erano legate a operazioni di intelligence e controllo.

Allo stesso tempo, lo strike ha acceso critiche interne: sia sulla correttezza strategica che sull’impatto sulle trattative in corso, sia sui rischi diplomatici con gli alleati degli USA nel Golfo.

Dietro l’evento: negoziati, mediazione e fiducia incrinata

Per capire le dimensioni dell’attacco e i danni possibili, serve guardare indietro agli ultimi mesi di sforzi diplomatici e alle dinamiche tra le parti nel conflitto.

Dall’invasione di Hamas in Israele del 7 ottobre 2023 e la successiva risposta militare israeliana, la Striscia di Gaza versa in una situazionecatastrofica: migliaia di vittime civili, distruzioni estensive, emergenza umanitaria.

Sin da subito, Qatar ed Egitto si sono proposti come mediatori principali, con il sostegno degli Stati Uniti, per ottenere il rilascio degli ostaggi israeliani da Hamas e per negoziare cessate-il-fuoco temporanei. Le proposte si sono succedute: alcune respinte da una parte, altre diluite per via delle richieste contrapposte.

Il ruolo di Doha

Qatar, negli anni recenti, ha assunto una posizione neutrale/proattiva come “facilitatore”: ospita uffici dell’UN, media internazionali, interlocuzione con Hamas e con Israele, riesce a muoversi in un terreno difficile tra richieste di pace, condanne internazionali e obblighi di sicurezza.

Ma questa neutralità è spesso sotto pressione: da una parte accuse da Israele che Doha favorirebbe o tollererebbe Hamas; dall’altra richieste dall’Arabia Saudita, Emirati, e persino dagli Stati Uniti, di cooperare maggiormente nella restrizione delle attività mediali o finanziarie collegate con Hamas.

Nel corso del 2024–2025 ci sono stati numerosi momenti in cui trattative di tregua sono sembrate possibili ma sono naufragate per differenze su:

rilascio ostaggi: quali ostaggi, quante persone, in che condizioni, con quali garanzie

cessate-il-fuoco: durata, supervisione, condizioni preliminari

ricostruzione post-guerra: finanziamenti, controllo delle zone, presenza di Hamas o meno

Ciascuno di questi elementi ha costituito un possibile punto di rottura, e la fiducia tra le parti (e verso i mediatori) è risultata fragile. L’attacco a Doha rischia di essere il più grande shock alle attuali convivenze diplomatiche.

Scenari a breve e medio termine

L’attacco a Doha non è solo un episodio militare: ha scosso un equilibrio precario, ha esposto le vulnerabilità nei rapporti fra Israele e i suoi alleati, e ha creato nuove incognite.

Se Doha era percepita come un ponte fra Hamas e Israele, lento ma essenziale, l’attacco mina questa posizione:

Per Hamas potrebbe essere interpretato come prova che i dirigenti in esilio non sono al sicuro nemmeno in territori “neutri” o mediatrici

Per gli Stati Uniti, la fiducia che Doha possa facilitare negoziati senza preavviso di operazioni militari da parte israeliana è ora seriamente compromessa

Fra gli Stati arabi, soprattutto quelli con opinione pubblica sensibile alla causa palestinese, il Qatar potrebbe essere visto come troppo vulnerabile o troppo “usato” da entrambi i lati

Israele si trova ora in una posizione di doppia pressione:

da un lato deve continuare l’operazione militare contro Hamas, che è l’obiettivo dichiarato;

dall’altro deve gestire il danno diplomatico, in particolare con gli USA e gli alleati del Golfo, per evitare che il suo sostegno internazionale si assottigli

Ruolo degli Stati Uniti: equilibrio fra supporto e condanna

La posizione statunitense si sta profilando come un delicato atto di bilanciamento:

continuare a sostenere Israele nella sua lotta contro Hamas, data la narrativa interna ed elettorale che collega sicurezza ed efficacia contro il “terrore”

ma anche proteggere le relazioni con gli alleati arabi del Golfo, che sono fondamentali per la stabilità regionale, per la logistica, per le basi, per il contrasto all’Iran, per le rotte energetiche

Le dichiarazioni di Trump e l’invio di Rubio sono segni di questo tentativo di compromesso: non voler rompere completamente con Israele, ma allo stesso tempo disinnescare una crisi che potrebbe estendersi.

Impatto sui negoziati per la pace e il cessate-il-fuoco

L’attacco a Doha potrebbe avere l’effetto di:

ritardare o sospendere trattative in corso

aumentare la diffidenza da parte di Hamas nei confronti di qualsiasi proposta che non includa forti garanzie

intensificare le condizioni militari sul terreno: nuove risposte israeliane, possibili escalation

provocare reazioni arabe più nette che potrebbero includere pressioni diplomatiche, abbandoni formali di alcuni accordi, modifiche negli assetti di cooperazione nella regione

L’equilibrio regionale: fra Gulf, Iran, e mondo arabo

Oltre al triangolo Israele-USA-Qatar, ci sono attori regionali che potrebbero trarre vantaggio o subire danni da questa crisi.

Iran: tradizionale sostenitore di Hamas, è probabile che sfrutti l’attacco per rafforzare la narrativa anti-israeliana e cercare alleanze rafforzate con gruppi e Stati ostili a Israele

Turchia: attiva come voce critica nei confronti delle operazioni israeliane e portavoce della causa palestinese, potrebbe utilizzare l’episodio per accrescere il suo profilo diplomatico

Arabia Saudita e UAE: già in una posizione delicata nel bilanciare le proprie relazioni con gli USA e Israele, potrebbero ritornare su linee più assertive se l’opinione pubblica regionale lo richiederà

Cosa potrebbe accadere

Ecco alcuni scenari probabili nei mesi che verranno:

Mediazione ripristinata Dopo la frattura, USA, Qatar, Egitto riescono a ricompattarsi attorno a una nuova proposta negoziale che includa garanzie per la sicurezza e per il monitoraggio delle operazioni israeliane Possibile cessate-il-fuoco temporaneo, rilancio del dialogo su ostaggi, alleggerimento della pressione diplomatica su Israele

Escalation diplomatica Qatar e paesi arabi aumentano le denunce, possibili misure di boicottaggio diplomatico, sospensione di alcuni rapporti con Israele, pressione ONU più stringente Relazioni tese, possibili reazioni da Israele, rischio che conflitto diplomatico si estenda a settori come commercio, energia, cooperazione militare

Azioni militari israeliane ampliate Israele decide che colpire i vertici di Hamas in esilio è parte fondamentale delle sue strategie, e potrebbe eseguire altri strike simili Rischio di incidenti diplomatici maggiori, possibile danneggiamento irreversibile della credibilità delle mediazioni, potenzialità di coinvolgimento altri Stati

Calo del sostegno internazionale a Israele Se l’opinione pubblica mondiale e le organizzazioni internazionali percepiscono l’attacco come un abuso o come qualcosa che mina le trattative, si potrebbe vedere un raffreddamento del sostegno politico a Israele Impatto sulla legittimità internazionale, aumento delle pressioni per cessate-il-fuoco o trattative multilaterali

Questioni aperte e nodi critici

In che misura l’apparente incapacità di informare gli Stati Uniti preventivamente dell’azione israeliana riduce la fiducia istituzionale fra gli Alleati?

Come reagirà Hamas: continuerà a negoziare anche dopo l’attacco, oppure lo userà per rifiutare qualunque proposta priva di forti protezioni?

Quanto potrà reggere il ruolo di mediatore di Doha se la sua sicurezza è messa in discussione e se Stati Uniti o altri attori considerano di rivedere la fiducia riposta in Qatar?

Quale sarà il peso dell’opinione pubblica araba e musulmana su governi che finora hanno mantenuto un profilo relativamente moderato, per il timore di reazioni interne?

Fino a che punto Israele accetterà restrizioni o controllo politico nel condurre le sue operazioni transnazionali (o intraterritoriali fuori dalla Striscia di Gaza)?

L’attacco a Doha è al tempo stesso gesto militare, mossa diplomatica e detonatore geopolitico. Non è un episodio isolato, ma un punto di snodo che potrebbe segnare la fine – o una drastica ristrutturazione – delle attuali condizioni negoziali fra Israele e Hamas, nonché del ruolo diplomatico di mediazione esercitato dal Qatar.

L’equilibrio, già precario, è ora aperto a nuove fratture: fra Israele e i suoi alleati del Golfo; fra gli Stati Uniti e il suo sostegno incondizionato; fra le promesse di pace e la realtà delle bombe, delle vittime civili, delle infrastrutture distrutte.

Di fronte a tutto ciò, la domanda che molti si pongono è: riusciranno i mediatori, inclusi gli Stati Uniti, a ritrovare un terreno minimo di fiducia? Oppure siamo di fronte a un punto di non ritorno, dove la guerra, con tutte le sue atrocità, diventerà l’unico linguaggio prevalente?

15 Settembre 2025
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