Giuliana De Sio: la forza che nasce dal dolore.

Quando l’infanzia segna, ma non ferma
Attrice, donna, sorella, figlia. A 68 anni Giuliana De Sio guarda al passato con coraggio — all’amore con cautela. Tra silenzi, sofferenza, sogni infranti e una famiglia spezzata, la sua voce parla soprattutto al cuore.
Dalla carriera longilinea al rapporto con una madre alcolista, da anni di silenzi e fragilità alla scelta di non aspettarsi più l’amore. Giuliana De Sio si racconta: l’infanzia difficile, la sorella Teresa, il rifiuto della maternità, la ricerca di sé.
L’ultima intervista: ciò che ha rivelato
Giuliana De Sio ha rilasciato recentemente un’intervista nella quale emerge una nuova consapevolezza. A quasi mezzo secolo dall’esordio, dice di non aspettarsi più nulla dall’amore: “Ho smesso di amare e di essere amata troppo presto”, afferma.
Aggiunge che, pur avendo avuto relazioni sentimentali in passato, oggi si sveglia sola e conta sulle amicizie. Sente che la società impone cliché che relegano le donne ai sessant’anni — o poco meno — a una zona grigia dell’amore, come se non avessero più diritto al desiderio o all’attrazione.
Ha ricordato gli attacchi di panico, la depressione – compagne di una vita che convive con lei –, la sua ansia da prestazione che aumenta con gli anni, la paura che la memoria le possa tradire.
L’infanzia e la madre alcolista
Gran parte dell’intervista è dedicata al suo passato familiare, che Giuliana definisce segnato da ferite profonde:
È cresciuta con una madre alcolista, che, come racconta, cambiava spesso umore e alternava momenti di presenza affettuosa e altri di inaccessibilità, “da un’altra persona”.
Il padre si allontanò precocemente. In casa, Giuliana e sua sorella Teresa vissero una situazione di abbandono emotivo che, secondo le sue parole, fu quasi una guerra.
La madre soffrì di depressione, assunse antidepressivi per un tempo; ma poi smise, perché “non ci poteva bere insieme”. Il dolore per la madre non è solo nel bere, ma nel fatto che la malattia psicologica le ha reso difficile costruire un rapporto stabile con le figlie.
Teresa De Sio: sorella, voce, specchio
Teresa De Sio è sorella maggiore di Giuliana, cantante nota nel panorama italiano. Il rapporto tra le due è stato – negli anni – oscillante: convivenza e conflitto, affetto ma anche distanza.
Da ragazze, entrambe lasciarono la casa dai 18 anni, cercando autonomia.
Giuliana parla di una sorta di confronto silenzioso con Teresa: “credo che lei abbia avuto dei problemi nei miei riguardi… una sorta di competizione”. Non ha spiegato con parole esplicite, ma lascia intendere che il passato familiare conflittuale ha contaminato anche la relazione tra sorelle.
Oggi, secondo Giuliana, il rapporto è cambiato: c’è una maggiore complicità, un sostegno reciproco. Sono rimaste solo loro — la famiglia è quasi svanita, i genitori e altri affetti sono lontani o scomparsi.
La carriera: mezzo secolo di palco, cinema e teatro
Giuliana De Sio non è solo le confessioni pubbliche. È un’artista con radici profonde:
Ha esordito giovanissima, lasciando la sua terra (Cava de’ Tirreni, Campania) per Roma a 18 anni, determinata a seguire la vita artistica.
Le sue prime esperienze nel teatro e nella televisione le hanno dato visibilità, e ha saputo costruire una carriera eclettica: fiction, cinema, teatro.
La dedizione al palcoscenico e la continua sperimentazione artistica sono per lei fonti di gratificazione, ma anche di tensione: l’ansia da performance rimane un peso, con l’avanzare degli anni
Il tema della maternità: un rimpianto?
Giuliana De Sio ha detto che non avere dei figli le è dispiaciuto “più di quanto l’informazione non sia arrivata al cervello”. Cosa significa?
Il desiderio materno c’è stato: la maternità appare, nelle sue parole, come “la più grande avventura umana”, qualcosa che avrebbe potuto dare un senso diverso al suo percorso personale.
È un rimpianto che convive con l’accettazione: forse poteva salvarla, dice, ma le cose non sono andate così.
L’analisi psicologica le ha permesso di comprendere molte delle sue sofferenze, ma non di cambiare il passato.
L’amore e la solitudine dopo gli amori
Giuliana racconta che ha smesso di aspettarsi amore. Non per disillusione semplicistica ma per protezione: evitare la sofferenza, evitare la delusione.
Le amicizie, scelte di vita, il lavoro: tutto ciò che può offrire senso, identità, slancio creativo viene mantenuto forte.
Politiche culturali, sensibilità, carismi artistici: fattori che la mantengono viva come nuova protagonista sul palcoscenico e al cinema (il nuovo film “Confiteor – Come scoprii che non avrei fatto la rivoluzione”, tra le sue prossime imprese).
La solitudine non è vista solo come assenza, ma come modo in cui lei convive con i propri desideri disillusi.
Salute mentale e fragilità
La lotta con la depressione è un tema ricorrente nelle sue dichiarazioni:
La depressione non è una parentesi, ma un’ombra lunga con cui convive.
Gli attacchi di panico, il timore di non essere più all’altezza, la paura della memoria che vacilla – tutti elementi che emergono con intensità.
Ma insieme, la voglia di resistere: il suo lavoro è la sua forza, il teatro il suo appiglio per sentirsi viva.
Come il passato segna: impatti e cicatrici
Quando l’adolescenza e l’infanzia sono segnate da mancanze affettive, da abbandoni emotivi, le ferite restano:
Giuliana parla di come l’abbandono del padre e l’instabilità della madre abbiano definito la sua “struttura affettiva”: difficoltà a fidarsi, paura del rifiuto.
Le aspettative di genere: il fatto che una donna “di sessant’anni” sia considerata fuori dal desiderio. Lei respinge quel cliché ma lo avverte, lo subisce.
La memoria, le emozioni: alcune non percepite o oscurate, altre espresse solo attraverso il lavoro artistico.
Le donne, la normalità, il desiderio
Particolarmente potente è la sua riflessione sui cliché sociali:
Le donne “anziane” sono invisibili nell’immaginario dell’amore, della passione, del desiderio.
Un uomo con anni in più rischia spesso di essere accettato; una donna no.
L’eros, l’intimità, il privilegio di essere desiderata non sono più garantiti – ma Giuliana dice che lo darsi valore passa anche dal riconoscimento del sé fuori da certi standard.
Il “mettersi in scena” come terapia
Un elemento centrale: Giuliana usa il teatro, la recitazione, l’arte come uno specchio e un rifugio.
Recitare è per lei anche trasmettere emozioni che talvolta non sente dentro. L’arte diventa canale per rendere visibile l’invisibile.
Ha parlato di altri progetti, dell’impegno continuo, della tournée de “Il gabbiano” di Čechov.
Anche la performance pubblica – l’intervista, la confessione – diventa parte del lavoro: mostrarsi vulnerabile è oggi, per lei, parte del percorso che condivide con il pubblico.
Cosa riserva il futuro per Giuliana De Sio
Nuove opere: film, teatro, forse ruoli che scavano ancora dentro – ruoli che riflettano la fragilità, la memoria, il rimpianto.
Collaborazioni familiari, forse ancora volte a rinsaldare il rapporto con Teresa, con le radici.
Possibile richiesta crescente per ruoli che narrano storie autentiche di donne “non giovani”, di donne che hanno perso o rinunciato, ma che restano forti.
Un possibile impegno pubblico nella sensibilizzazione verso la salute mentale, l’alcolismo familiare, le ferite psicologiche invisibili.
Un ritratto più ampio: dal privato al pubblico
Giuliana De Sio è una figura che vive in bilico tra il privato e il pubblico. Qualche considerazione:
Parte della sua popolarità deriva da quanto è riuscita a rendere universale la propria storia, pur in un contesto personale estremo.
La trasparenza emotiva nei media è diventata una forma di potere: dire “non sto bene”, “sono sola”, “mi manca”, dà voce a tante donne che altrimenti resterebbero invisibili.
Ma esporsi comporta rischi: giudizio, speculazione mediatica, fraintendimenti. Saper gestire questo è parte del mestiere, è diventato compito dell’artista che sceglie di essere anche “voce”.
Giuliana De Sio non ha più aspettative sull’amore, ma non per resa: piuttosto per scelta. Sa di essere forte laddove molti vedono debolezza, sa che la vulnerabilità può diventare bellezza, sa che il passato non si cancella ma si può trasformare.
La sua storia è quella di chi, da bambina, ha dovuto convivere con il vuoto; ma è anche la storia di un’attrice che ha costruito una vita d’arte, di visibilità, di ricerca. In questo percorso, la vera vittoria non è trovare l’amore, ma restare se stessa, con la memoria intatta, la voce chiara, il coraggio.
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