12:04 am, 6 Settembre 25 calendario

Quando El Niño diventa minaccia: il crollo silenzioso degli artropodi tropicali

Di: Redazione Metrotoday
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Un allarme che parte dal basso

Nelle profondità verdi delle foreste tropicali, lontano dagli occhi di chi vive le città, si sta consumando una crisi invisibile. A crollare non sono alberi secolari né grandi predatori, ma le creature più piccole: insetti, ragni, coleotteri, farfalle. Gli artropodi, pilastro nascosto della biodiversità, stanno scomparendo in silenzio.

Questi minuscoli organismi, solitamente ignorati, sostengono la vita intera della foresta: impollinano, decompongono, nutrono altre specie. La loro assenza destabilizza catene alimentari millenarie e mette a rischio la sopravvivenza stessa degli ecosistemi. Oggi, il principale colpevole ha un nome noto e temuto: El Niño.

Il fenomeno: El Niño più forte e più frequente

El Niño è parte di un ciclo naturale che alterna periodi di raffreddamento e riscaldamento nell’oceano Pacifico. Ma negli ultimi decenni, sotto l’effetto del riscaldamento globale, questo fenomeno si è fatto più intenso e più frequente.

Laddove un tempo portava variazioni stagionali gestibili, oggi impone siccità estreme, innalzamenti di temperatura e squilibri pluviometrici devastanti. Le foreste tropicali, che per secoli hanno offerto stabilità climatica, si trovano ora sottoposte a uno stress mai sperimentato.

Gli artropodi, sensibili a cambiamenti di umidità e temperatura, non reggono l’urto: si riproducono meno, migrano o semplicemente muoiono.

Numeri che fanno tremare

Una vasta indagine scientifica ha raccolto dati in decine di siti tropicali, dal Centro America al Sud-Est asiatico. Le cifre sono eloquenti: cinque dei nove principali gruppi di invertebrati tropicali risultano in netto declino.

In alcuni habitat un tempo considerati stabili, la popolazione di farfalle si è ridotta di oltre la metà. I coleotteri, essenziali per la decomposizione della materia organica, hanno registrato cali altrettanto drastici. Perfino i ragni, predatori adattabili e resilienti, mostrano una contrazione significativa.

Il dato più preoccupante è che questi cali avvengono anche in aree prive di deforestazione o inquinamento diretto: il clima, da solo, è sufficiente a generare il collasso.

Più che un calo: uno squilibrio ecologico

Non è soltanto la diminuzione delle specie a destare allarme, ma il collasso dei ruoli ecologici.

La decomposizione delle foglie rallenta: il suolo riceve meno nutrienti, impoverendo la fertilità e minando la rigenerazione delle piante.

Gli insetti erbivori consumano meno biomassa: le dinamiche di crescita vegetale si alterano, modificando la struttura stessa della foresta.

Le catene alimentari si spezzano: uccelli, rettili e piccoli mammiferi che dipendono dagli insetti come principale fonte di cibo si trovano senza risorse.

Questi cambiamenti non si limitano a un’area circoscritta, ma rischiano di innescare onde di instabilità lungo tutto il pianeta.

Lezioni dal passato

Non è la prima volta che El Niño mostra il suo volto distruttivo. Negli anni ’80, una sua manifestazione particolarmente intensa devastò gli ecosistemi marini del Pacifico orientale, provocando la moria di pesci, uccelli marini e mammiferi. Allora furono colpite le catene alimentari oceaniche; oggi, la minaccia si sposta nelle foreste terrestri, colpendo chi ne garantisce la vitalità silenziosa.

Il parallelismo è chiaro: El Niño non discrimina. Ovunque agisca, destabilizza gli equilibri di base della vita.

Perché ora è diverso

Tre fattori spiegano la portata odierna della crisi:

Aumento di intensità e frequenza – Gli episodi di El Niño si manifestano più spesso e con maggiore forza, amplificati dal riscaldamento globale.

Fragilità delle specie specializzate – Insetti con abitudini alimentari ristrette o adattati a microclimi specifici sono i primi a scomparire.

La perdita invisibile – A differenza di alberi abbattuti o animali cacciati, il calo degli artropodi non lascia cicatrici immediate e visibili, rendendo la crisi meno percepita dall’opinione pubblica.

Gli ecosistemi “protetti” non bastano

Le foreste pluviali considerate incontaminate, prive di deforestazione o sfruttamento umano, non sono più santuari sicuri. La nuova ondata climatica oltrepassa i confini delle aree protette, rivelando che nessun luogo è immune quando il fattore destabilizzante è globale.

Il paradosso è evidente: mentre molti paesi puntano sulla creazione di riserve naturali come strumento di tutela, il cambiamento climatico rischia di rendere insufficiente ogni sforzo locale.

Scenari futuri

Gli scenari possibili non lasciano spazio all’ottimismo:

Ecosistemi meno resilienti – La perdita degli artropodi mina la capacità delle foreste di rigenerarsi dopo eventi estremi.

Crisi delle catene alimentari – Uccelli, pipistrelli e piccoli mammiferi potrebbero subire crolli di popolazione.

Impatto globale – La riduzione della biodiversità tropicale potrebbe compromettere la stabilità climatica mondiale, dato che le foreste assorbono miliardi di tonnellate di CO₂.

Di fronte a un problema planetario, le risposte non possono che essere globali:

Monitoraggio continuo: ampliare le ricerche sugli insetti tropicali, creando archivi di dati per prevedere e mitigare i trend.

Strategie ecosistemiche: favorire corridoi ecologici e diversificazione degli habitat per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici locali.

Azioni climatiche decise: ridurre le emissioni e contenere il riscaldamento globale è l’unica via per rallentare la trasformazione di El Niño in un killer della biodiversità.

Il piccolo che scompare, la grande crisi che avanza

Il crollo degli artropodi tropicali non è una notizia marginale per entomologi o ambientalisti: è un segnale d’allarme universale. Nel silenzio della foresta, il vuoto lasciato da farfalle, coleotteri e ragni annuncia un futuro in cui la vita intera sarà più fragile.

Se gli insetti scompaiono, a cadere non sono solo piccole creature: crolla un ingranaggio fondamentale del grande orologio ecologico. L’ombra di El Niño, sempre più lunga e feroce, ci ricorda che la crisi climatica è già in atto, e che non possiamo permetterci di ignorare la voce sommessa del mondo naturale.

6 Settembre 2025
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