Venezia Lido in marcia per Gaza: arte, protesta e politica sul palcoscenico della Mostra

Una grande onda pacifica, fatta di bandiere, corpi e voci, si è innalzata ieri pomeriggio sul Lido di Venezia: migliaia di manifestanti hanno attraversato l’isola in solidarietà al popolo palestinese, trasformando un angolo di festival cinematografico in un palcoscenico di denuncia e azione civile.
Contro l’indifferenza: arte e attivismo si fondono nel corteo
Al calar del sole, il molo di Santa Maria Elisabetta si è animato di suoni, colori e passi determinati. Da Marghera è partita una motonave carica di circa 700 persone, pronte a unirsi alla marcia. È cominciato così un corteo che ha percorso Gran Viale, Lungomare Marconi, via Marcello e via Dardanelli prima di tornare al punto di partenza, attraversando il cuore pulsante della Mostra del Cinema.
Il corteo, promosso da oltre 200 associazioni, centri sociali del Nordest, Anpi e movimenti culturali, è divenuto il simbolo di un interrogativo collettivo: può la fiction rimanere indifferente davanti a una tragedia come quella che si consuma a Gaza?
Numeri e presenze: tra migliaia attestati e stime ufficiali
«Siamo oltre 5.000», hanno dichiarato gli organizzatori. Fonti di polizia, invece, stimano una partecipazione più contenuta ma comunque imponente: circa 5.000 persone sul percorso, con punte che potrebbero aver raggiunto i 10.000. La vostra immaginazione può cogliere meglio il fenomeno: un’ondata di umanità che ha invaso lo scenario della cinecittà lagunare.
Tra slogan scanditi, cori accesi, «Stop al genocidio!» e «Palestina libera!» risuonavano, al contempo, richiami alla responsabilità morale dell’Occidente, alla complicità implicita nei silenzi diplomatici e nei flussi di armi.
La colonna sonora dell’evento: artisti, attivisti, cittadini
Diversi volti noti del mondo dello spettacolo e dello spettacolo-civile hanno aderito alla protesta. Tra di essi, attori come Michele Riondino — che ha mostrato una bandiera palestinese sul cellulare — attrici, registe e fumettisti come Zerocalcare, Benedetta Porcaroli, Ottavia Piccolo, Donatella Finocchiaro, Margherita Ferri, Laura Poitras e altri. Hanno scelto di non restare spettatori.
A fare da cornice, la piattaforma Venice4Palestine — con un appello firmato in anticipo da oltre 1.500 professionisti del cinema — ha chiesto alla Biennale di prendere posizione, come atto di responsabilità civile. Lo ha fatto proponendo di dare spazio a testimonianze palestinesi e di riflettere sulle partnership e le complicità culturali esistenti.
La risposta ufficiale della Biennale, pur esprimendo apertura al dialogo, ha scelto di mantenere la Mostra come luogo di confronto, “non politico”, e ha respinto ogni censura o cancellazione artistica.
Un’eco internazionale nel cuore della cultura
La protesta è stata seguita anche dai media internazionali: migliaia hanno marciato accanto al festival, trasformando il glamour in riflessione. Tra chi ha preso la parola, si è sottolineato che il settore artistico, così attentamente osservato e seguito, ha il dovere di non restare neutrale di fronte a quello che è definito da molti come un possibile crimine contro l’umanità.
Tra piazza e red carpet: un bivio morale per la cultura
Questa manifestazione ha messo in luce un bivio cruciale: deve il cinema restare mero spettacolo, o se ne prende cura come forza collettiva di coscienza? Il red carpet risplente è stato messo in discussione dalla mobilitazione umana, suggestiva e comunicativa.
Nella splendida cornice lagunare, l’immagine più potente è quella di barchette di carta con bandiere palestinesi adagiate sul selciato: un gesto delicato e devastante, che esprime frangente per frangente l’urgenza di un mondo che non ignori la violenza.
Il corteo al Lido è stato più di una protesta: è stata una dichiarazione di civiltà. Non basta intrattenere, bisogna interrogarsi. Non basta mostrare, bisogna sentire.
La Mostra di Venezia ha accolto la voce di chi non vuole restare nel silenzio. Nel futuro, ogni passo culturale potrà chiedersi: «E tu, a quale guerra guardi dal tuo palco?»
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