Influenza 2025: un cupo presagio arriva dall’Emisfero Sud

Si prepara un inverno che preannuncia tempeste virali
L’inverno australe ha riservato uno spettro amaro: l’influenza 2025 in Australia si è manifestata con dati difficili, segnando un picco tra giugno e luglio ben prima del consueto periodo critico delle stagioni passate. Il Sud Australia ha registrato il più alto afflusso di chiamate d’emergenza e rialzo nelle ore di servizio ambulanza degli ultimi sei anni. Il virus ha stato protagonista di un’impennata che ha messo sotto pressione il sistema sanitario, tra ricoveri record e colleghi medici contagiati, riducendo drasticamente le risorse disponibili per curare i pazienti.
Numeri in aumento, ospedali sotto assedio
Tra gennaio e fine aprile, l’Australia ha già contato oltre 70.000 casi confermati a livello di laboratorio, segnando un aumento del 58,6% rispetto allo stesso periodo del 2024, che era già stato considerevole.
Da maggio in poi, i casi sono proseguiti in crescita: nella finestra tra il 19 maggio e il 1° giugno si parlava di un aumento del 65% nelle diagnosi di influenza rispetto alla media degli ultimi cinque anni; i dati aggiornati a luglio evidenziano oltre 193.000 casi registrati dall’inizio dell’anno, leggermente inferiori (-3,9%) rispetto al 2024 nello stesso periodo, ma comunque molto elevati.
Dall’Australia uno specchio per l’Italia
L’esperienza australiana si configura come un manifesto chiaro: se qui si è scatenato un inverno virulento, l’Emisfero Nord – e in particolare l’Europa – è avvertito. Si stima che in Italia il prossimo autunno/inverno potremmo trovarci di fronte a una stagione influenzale tra le più impegnative degli ultimi anni, con un impatto potenzialmente superiore a quello del 2024-2025, già pesante.
La stima circolata punta a un tasso di contagi del 15–25% della popolazione, vicino ai record dello scorso anno. Questo non significa solo un incremento nei casi, ma anche una pressione crescente su ospedali e personale sanitario. L’obiettivo della vaccinazione season-by-season è quindi non tanto bloccare la diffusione del virus, quanto ridurre gli effetti più gravi in chi verrà colpito.
Vaccinazioni “prima del gelo”
In attesa del raffreddamento vero, le autorità sanitarie e gli operatori si preparano a intensificare la somministrazione di vaccini influenzali già da settembre, soprattutto alle categorie fragili (anziani, malati cronici, bambini). In parallelo, si raccomanda la co-somministrazione con il richiamo anti-COVID, per aumentare la copertura immunitaria complessiva.
Chi produce e distribuisce i vaccini si è già allineato alle indicazioni della WHO per l’Emisfero Sud: l’Australia ha adottato vaccini quadrivalenti che includono nuovi ceppi H3N2 oltre ai già noti H1N1 pdm09 e influenza B. Anche per l’Emisfero Nord, la composizione 2025-2026 è stata rimodellata con consistenti innovazioni, in particolare nel componente H3N2.
L’esperienza australiana insegna che, nella fase di picco, il collasso può essere evitato solo con piani strutturati: incrementare posti letto, rinforzare reparti e evitare la sottrazione di operatori sanitari per contagio o isolamento.
Ricordare che il vaccino non impedisce del tutto l’infezione, ma attenua la severità, riducendo rischi di ospedalizzazione e decessi. Anche se l’efficacia stimata oscilla tra il 50 e il 60%, servono coperture elevate per arginare l’ondata. Le scuole, i medici di base, le istituzioni: tutti devono rafforzare il messaggio vaccinale.
Oltre la statistica: una battaglia sanitaria e culturale
L’influenza non è solo un fenomeno sanitario: pesa sul tessuto sociale, economico e psicologico. L’aumento di casi incide sui costi assistenziali, sui giorni di lavoro persi e — in modo significativo — sul rischio di morti evitabili nelle fasce più deboli. L’Oms ha stimato tra i 290.000 e i 650.000 decessi annuali a livello globale a causa dell’influenza.
In contesti già segnati dalle pressioni pandemiche, ogni influenza stagionale pesante richiama la necessità di riallineare le politiche di prevenzione: vaccini più accessibili, sistemi di sorveglianza moderni, educazione alla salute, investimenti in sanità territoriale.
Dall’altra parte del globo, è stato lanciato un segnale forte: un inverno influenzale aggressivo e anticipato può tradursi in una vera emergenza sanitaria. Per l’Italia e l’Europa, è indispensabile agire in anticipo. Prepararsi non è solo buona pratica: è responsabilità collettiva.
Come spiegano gli esperti, tra cui infettivologi e direttori di malattie infettive, il vaccino non è una barriera assoluta, ma la miglior difesa che abbiamo per ridurre l’impatto letale dell’influenza.
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