“CO₂ impatto zero”, il caso San Benedetto

Rimosso un claim pubblicitario controverso
In un’Italia sempre più attenta alla trasparenza ambientale, la San Benedetto ha fatto retromarcia su un messaggio molto amato ma poco sostenibile: “CO₂ impatto zero”. Dopo un intervento dell’Antitrust definito “moral suasion”, e cioè un invito autorevole ma non sanzionatorio, l’azienda ha rimosso la dicitura dalle etichette della linea Ecogreen, dagli spot televisivi, dal sito e dal materiale promozionale.
La definizione lasciava intendere che la produzione delle bottiglie non comportasse emissioni di gas serra, o addirittura fosse positiva per l’ambiente – una comunicazione che, se priva di riscontri tangibili, rischia di ingannare il consumatore. A seguito dell’invito dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), la scritta è sparita e, al suo posto, è apparso un QR code: una finestra diretta verso una pagina del sito dedicata alla sostenibilità, con informazioni concrete sulle pratiche dell’azienda, tra cui compensazioni tramite crediti di carbonio e riduzione di plastica nei flaconi.
La revoca del claim simbolico “CO₂ impatto zero” arriva circa un anno dopo la segnalazione de Il Fatto Alimentare, che sollevava dubbi sulla correttezza ambientale dello slogan. La decisione dell’Autorità evita sanzioni formali, ma restituisce credibilità al consumatore – un messaggio più sobrio, come “Il nostro impegno concreto”, riflette ora l’impegno ambientale in modo più trasparente e verificabile.
Toni diversi, stesso obiettivo: una comunicazione ambientalmente responsabile
L’intervento dell’AGCM si inserisce in un panorama dove la lotta al greenwashing – cioè all’uso fuorviante di affermazioni “verdi” – è sempre più centrale. In particolare:
Le normative europee e italiane si stanno orientando verso richieste di trasparenza nel marketing ambientale: ogni affermazione deve essere supportata da dati e riferimenti chiari.
Il consumatore non è più colpevole, ma informato: non basta un claim altisonante; servono evidenze, certificazioni, numeri verificabili.
Il meccanismo della moral suasion dimostra che l’Autorità può ottenere risultati senza ricorrere a regole rigide o multe: è sufficiente una mediazione autorevole per far cambiare rotta alle aziende.
Sul piano culturale, il caso sottolinea la crescente sensibilità verso un consumo più consapevole. L’acqua – bene quotidiano e apparentemente innocuo – diventa uno specchio delle scelte aziendali e della fiducia del pubblico.
Nel contesto commerciale, San Benedetto rischiava di perdere appeal su un segmento di clienti in cerca di responsabilità ambientale. Rimuovere il claim poteva sembrare un passo indietro, ma ha evitato gaffe reputazionali e possibili procedimenti legali.
Dal punto di vista normativo, il preavviso dell’Antitrust sancisce un precedente: le imprese devono adeguarsi proattivamente, pena il rischio di richiamo pubblico e richieste di schiarimenti da parte delle autorità.
Il marketing verde va sorvegliato
Non basta un linguaggio evocativo: serve rigore, dati, tracciabilità. Termini come “zero impatto” sono ormai responsabilità etica, non un vezzo pubblicitario.
Invece di accusare o sanzionare, l’Antitrust ha scelto la persuasione evolutiva: un modello esemplare di governo liquido delle regole.
Anche se il packaging cambia, la reputazione si costruisce – e talvolta si perde – in anni di comunicazione e marketing.
Sostenibilità non è sinonimo di narcisismo verde
Dietro ogni etichetta c’è un impegno concreto: riduzione di plastica, investimenti in rinnovi energetici, compensazioni inequivocabili.
Con l’Europa che studia provvedimenti più severi contro il greenwashing, è solo questione di tempo prima che l’Italia recepisca nuovi obblighi disciplinari. Le imprese dovranno adeguarsi tempestivamente, anche perché la comunità globale – consumatori, ONG, investitori – valuta sempre più le aziende non solo su bilancio e vendite, ma sul valore ambientale.
Per San Benedetto, la sfida diventa doppia: dimostrare che l’acqua è più di un prodotto funzionale. Sarà opportuno accompagnare le etichette con dati, pratiche di riciclo, riduzione di emissioni a monte, packaging innovativo e storytelling trasparente. In un mondo più attento, ogni bottiglia racconta una responsabilità concreta. Il ritocco grafico non basta. Davanti all’Antitrust, San Benedetto ha fatto ruotare la comunicazione da slogan evocativi a messaggi verificabili. Una lezione utile per tutte le aziende: in tempi di greenwashing, chi comunica verde deve poter dimostrare ogni affermazione – o altrimenti, lasciar spazio alla trasparenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA