Il granchio blu diventa risorsa: dall’invasione all’export

L’invasione comincia a tavola
Il granchio blu (Callinectes sapidus), originario della costa atlantica americana, è divenuto una presenza sempre più marcatamente invasiva nel Mediterraneo. Il suo arrivo è datato – ingaggiato dalle acque di zavorra delle navi – ma è solo negli ultimi anni che il suo impatto si è materializzato, con danni gravissimi alla pesca, in particolare ai molluschi come vongole e cozze, nei laghi e delta del Nord Italia.
Una crisi da milioni
L’invasione ha già comportato devastanti conseguenze economiche: le stime del settore valutano i danni in eccesso di centinaia di milioni di euro. Il territorio più colpito è il Delta del Po, simbolo della produzione italiana di vongole, dove la resa è crollata drasticamente, minacciando famiglie e imprese locali, la cui sopravvivenza era strettamente legata alla pesca tradizionale.
Stato di emergenza e risposta istituzionale
Lo Stato ha istituito una struttura di emergenza, nominando un commissario speciale per contrastare la diffusione del granchio blu e stanziando decine di milioni di euro per progetti di contenimento e supporto ai pescatori. Il piano prevede la cattura massiva dei granchi, protezione alle aziende ittiche e ricerca di utilizzi alternativi della specie catturata.
La svolta: il granchio rende
Dalla paura è nata un’opportunità. Il granchio blu è diventato un prodotto da valorizzare. Nel 2025, oltre 1.100 quintali di granchi sono stati esportati dal Consorzio dei pescatori di Goro verso Stati Uniti e Corea del Sud, e nei prossimi mesi sono previsti nuovi carichi. Il valore dell’export lievitato tra i 2 e i 3 milioni di euro, trasformando un’emergenza in un’occasione commerciale.
Verso un’economia circolare dell’invasione
Progetti innovativi stanno nascendo nel segno della sostenibilità. In Veneto e in Romagna, si testano trappole selective rafforzate, tecnologie LED per richiamare i granchi e sistemi per evitare la cattura di specie autoctone. In parallelo, progettazioni di filiera coinvolgono pescatori, chef, imprenditori alimentari, pescano una nuova economia: dall’invasore al piatto gourmet.
Cucina e cultura resiliente
In Sicilia, chef e ristoratori hanno iniziato a reinterpretare la cucina locale sfruttando il granchio blu come ingrediente prezioso. Dalla ristorazione tradizionale ai locali innovativi, il granchio è approdato nei piatti – persino nei sushi locali – con sorprendente successo.
Il peso sui piccoli pescatori
L’invasione ha aggravato le condizioni già precarie degli artigiani della pesca: perdita di molluschi, danneggiamento delle reti, ossessione nel riparare le attrezzature danneggiate, aumento dei costi di lavoro e riduzioni del reddito. Le ricerche in zone come la Puglia e il Portogallo evidenziano un impatto psico-sociale significativo sui piccoli pescatori, cui si aggiunge la difficoltà a pianificare il futuro.
Un ecosistema sotto stress
Il granchio blu, predatore onnivoro dotato di notevole adattabilità, colonizza aree protette, estuari e bacini fluviali. Nei suoi luoghi di origine è frenato dai suoi predatori naturali; nel Mediterraneo non ha concorrenti naturali e prolifera senza freni, ristrutturando interi ecosistemi lagunari, riducendo drasticamente popolazioni di pesce e di invertebrati locali.
Cronaca di una “minaccia commestibile”
Immaginate un’intervista nel porto di Goro: una peschereccia che rotea tra i carichi in partenza per l’estero, i volti segnati ma speranzosi di pescatori che hanno trasformato il dolore dell’invasione in resilienza, e chef che con umiltà hanno scelto di trasformare il cosiddetto “alieno” in ingrediente di valore. È la storia di un territorio che reagisce, trovando il modo per ricominciare.
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