Il cimitero chiude per odori nauseabondi e emergenza igienica

Le porte del cimitero comunale restano chiuse. Non per il lutto, ma per la nausea. Una decisione drastica e dolorosa si impone: l’intero camposanto è stato sbarrato per motivi igienico-sanitari. Una scelta estrema, ma ritenuta necessaria, dopo che il caldo estivo ha reso insopportabile una situazione definibile solo come emergenziale.
Radici di un disastro preannunciato
L’estate ha amplificato ciò che era già noto: la carenza di loculi e le bare accatastate nei depositi in attesa di sepoltura hanno creato una bomba sanitaria pronta a esplodere. Oggi si contano circa 220 salme non tumulate o tumulate temporaneamente. La protratta esposizione al sole provoca la fuoriuscita di liquidi dai feretri, trasformando il camposanto in un luogo di sofferenza acuta per familiari e operatori. Odori pungenti si diffondono nei vialetti, rendendo l’aria irrespirabile e la visita una prova di resistenza.
Le salme come spettri
Non si tratta di un’Isola felice immunizzata dalle tragedie del capoluogo. Il cimitero dei Rotoli a Palermo, con i suoi 1.500 feretri ammassati tra tendoni di fortuna, rappresenta un precedente scatola di Pandòra. Un paragone inevitabile: Villabate è trenta volte più piccola, ma ha già raccolto 220 salme in attesa. Un concentrato di dolore che rischia di esplodere nuovamente.
La chiusura: ordinanza e reazioni
Il sindaco Gaetano Di Chiara ha firmato l’ordinanza di chiusura del cimitero fino al termine dei lavori di ampliamento e alla bonifica igienico-sanitaria. Accesso consentito solamente al personale autorizzato, con adeguati dispositivi di protezione individuale. L’amministrazione sottolinea l’impossibilità di garantire la salubrità dell’area: un “eden” diventato inferno di muffa e miasmi.
Per la cittadinanza, però, è una ferita aperta: recarsi sul luogo che custodisce i ricordi dei propri cari diventa umiliante, carico di disagio e amarezza. “Non è stata una decisione presa a cuor leggero, ma inevitabile”, spiega il sindaco, mentre il coordinatore della Democrazia Cristiana locale attacca: “Il disagio è grave, il piano triennale non può essere cancellato dalla memoria”.
Tra passato e futuro: progetti in campo
Già a gennaio, le condizioni erano al limite: bare nelle cappelle gentilizie, spesso multiple per ogni loculo, con familiari costretti a entrare con mascherine contro il tanfo. Il progetto di ampliamento, ancora lento, prevede nuovi loculi (140 in arrivo) e un campo di inumazione da 350 posti. La previsione è di raggiungere 400 posti totali, sostenuta da uno stanziamento di circa 400.000 euro.
Il vincolo idrogeologico sul terreno aveva però rallentato l’iter, costringendo la riapertura della procedura autorizzativa. Nel frattempo, si procede con le estumulazioni per alleggerire il carico. L’obiettivo dichiarato è superare l’emergenza entro l’inizio del 2026.
Si cercano risposte
I sopralluoghi ufficiali, come quelli della polizia municipale, non bastano a lenire lo sconcerto dei cittadini. Tante le domande rimaste inascoltate: perché non si è agito prima? Perché nulla è cambiato rispetto agli allarmi di gennaio? I familiari denunciano: “Non possiamo più nemmeno pagare il tributo della pietà, nemmeno un fiore”.
La regione è stata interpellata per accelerare la risoluzione. Il sindaco incontrerà il presidente Renato Schifani con la speranza di snellire le procedure e ottenere fondi e autorizzazioni in tempi rapidi.
Un’ombra sulla dignità
La situazione pone un interrogativo più profondo: può una comunità tollerare che i suoi morti restino sospesi tra degrado e indecenza? Il problema non è solo ingegneristico o sanitario: è etico, culturale. Una comunità che dimentica i suoi defunti in stato di degrado perde parte della sua umanità.
Dal punto di vista politico, l’emergenza continua pesa sulla credibilità dell’amministrazione. Se le promesse non diventano fatti, il lutto si trasforma in rabbia, e la rabbia strazia il tessuto civile.
Una luce in fondo al tunnel
Ci sono segnali incoraggianti: l’accelerazione dei lavori, la collaborazione tra enti, l’attenzione mediatica che costringe la politica ad agire. Servono però concretezza e trasparenza. Serve restituire dignità – alle salme e ai vivi – prima che il degrado diventi permanente.
Perché il lutto non è solo dolore: è memoria. E la memoria merita rispetto, non puzza, né silenzi.
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