Sanaa sotto attacco israeliano

La capitale yemenita è diventata teatro di una violenta escalation quando l’Aeronautica israeliana ha colpito, con una serie di raid coordinati, infrastrutture chiave controllate dagli Houthi. Gli obiettivi includono un complesso militare attorno al palazzo presidenziale, centrali elettriche strategiche, depositi di carburante e impianti per l’energia. Le esplosioni hanno squarciato il silenzio cittadino, gettando nuvole di fumo sopra Sabeen Square e scuotendo finestre a chilometri di distanza. Il bilancio umano, al momento, è stimato tra 2 e 6 morti, con decine di feriti e numerose strutture danneggiate.
Dialettiche di guerra: l’escalation a colpi di cluster e responsabilità
Il raid israeliano è una risposta diretta al lancio, avvenuto nei giorni precedenti, di un missile balistico con sub-munizioni — il primo di questo tipo proveniente dallo Yemen — intercettato solo a malapena da Israele. La sofisticazione del razzo ha scatenato allarme: per la prima volta gli Houthi impiegano ordigni a dispersione, potenzialmente devastanti per zone densamente abitate.
Israele ha rivendicato l’azione come una difesa “necessaria”, volta a dissuadere ulteriori attacchi con droni, missili e cluster munitions. Netanyahu ha affermato che “l’intera regione sta apprendendo la durezza della nostra risposta”.
Gli Houthi, dal canto loro, hanno definito le conseguenze “bugie” costruite per colpire civili. Hanno respinto le accuse di uso abusivo del palazzo presidenziale — ormai abbandonato — come copertura, definendo le azioni israeliane “barbarie” e “crimini di guerra”. La loro determinazione a sostenere la resistenza palestinese resta incrollabile: “né sacrificheremo la causa, né arretreremo”, è il messaggio rilanciato.
Anelli di fuoco: il conflitto si espande
Questa nuova escalation non arriva in un vuoto geopolitico: è parte di una più ampia crisi che coinvolge il Mar Rosso, dove gli Houthi hanno attaccato navi commerciali e israeliane in segno di solidarietà verso la popolazione palestinese. Di conseguenza, una coalizione internazionale, guidata da Stati Uniti e Regno Unito, ha istituito missioni di protezione delle rotte navali e avviato operazioni contro obiettivi Houthi.
Israele, parallelamente, ha condotto una serie di attacchi contro infrastrutture nel corso del 2025, tra cui porti costieri come Hodeidah e basi logistiche con radar e navi sequestrate. Con l’attacco del 24 agosto, l’intento sembra rafforzare la deterrenza su più fronti: mare, cielo, terra.
Ombre sul quotidiano: Sanaa vive la guerra nei silenzi di ogni giorno
Le esplosioni a Sanaa risvegliano ricordi mai sopiti: urla, vetri frantumati, fughe disperate. I residenti raccontano di case scosse come se fossero barche in tempesta, e di aloni di fumo che oscurano strade affollate. Le infrastrutture consumano i colpi, e l’oscurità — tramite blackout o panico — si diffonde. La popolazione civile, già provata da decenni di conflitto, incrocia sguardi esausti con droni invisibili che continuano a pattugliare il cielo.
Sanaa fra fuoco e silenzi
Il raid israeliano del 24 agosto segna un punto di non ritorno nella miccia regionale: la guerra yemenita, già devastata, si mescola ora al conflitto israelo-palestinese e alla sicurezza marittima globale. Israele conferma la sua proiezione strategica oltre i confini: nessuna distanza ferma le sue risposte. In tutto questo, la popolazione civile emerge come vittima silenziosa, consumata da esplosioni che squarciano non solo le città, ma anche la speranza.
La guerra si declina su più scenari: i cieli di Sanaa, le acque del Mar Rosso, le stanze del potere geopolitico. Finché resistere sarà anche solo gridare contro il silenzio del mondo, la guerra arriverà sempre un po’ più vicino.
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