9:53 am, 25 Agosto 25 calendario

Il No di Mosca all’Incontro Putin-Zelensky

Di: Redazione Metrotoday
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In un’intervista rilasciata a “Meet the Press”, il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha de facto smentito qualsiasi inizio imminente di dialogo diretto tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Lavrov ha affermato che non esiste alcuna agenda preparata per un summit, e ha messo in discussione la legittimità dello stesso presidente ucraino a firmare eventuali accordi di pace. Considerando scaduto il suo mandato, secondo Mosca Zelensky non avrebbe l’autorità necessaria per legittimare un trattato internazionale

 Trump, Zelensky e i garanti occidentali

Nel frattempo, sul fronte occidentale, l’ex presidente statunitense Donald Trump ha ribadito con forza la sua volontà di promuovere un vertice trilaterale tra lui, Putin e Zelensky, come passo cruciale per tentare di chiudere il conflitto .Zelensky, in occasione del 34º anniversario dell’indipendenza ucraina, ha dichiarato che un incontro diretto con Putin rappresenta «il modo più efficace per andare avanti» nella ricerca della pace.

Sul fronte comunitario e nordamericano, il vicepresidente statunitense JD Vance ha affermato che la Russia avrebbe compiuto “concessioni significative”, tra cui il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina e l’abbandono di tentativi di instaurare un governo fantoccio a Kiev . Il primo ministro canadese Mark Carney ha segnalato che, se si raggiungesse un cessate il fuoco, sono possibili anche dispiegamenti di truppe canadesi come forza di peacekeeping .

Intanto, la liberazione di 146 prigionieri di guerra ha avuto luogo nel quadro della celebrazione dell’Independence Day; uno scambio simbolico che esprime un barlume di distensione in una situazione strategicamente e drammaticamente tesa .

Le richieste di Mosca: precondizioni radicali

Lavrov ha avanzato richieste ben precise: l’Ucraina dovrebbe rinunciare all’ingresso nella NATO, risolvere le questioni territoriali — incluso il Donbas — e revocare le leggi sulla lingua russa. Solo così Putin potrebbe considerare di sedersi al tavolo. Inoltre, ha affermato che nessun testo negoziale può essere firmato finché non verrà ritenuta chiara la legittimità del firmatario da parte ucraina.

La reazione di Kiev: determinazione e scetticismo

Zelensky ha accusato la Russia di sabotare il summit, rifiutando ogni proposta e ostacolando così un confronto diretto. Il presidente ucraino ha inoltre intensificato la sua richiesta di garanzie di sicurezza internazionali robuste, facendo appello ai suoi alleati europei e nordamericani per un chiaro sostegno articolato per cielo, terra e mare.

Dietro la guerra e le diplomazie infrante

La legittimità politica come carta d’ingressso

Lavrov sta usando la narrativa della “illegittimità” di Zelensky come strumento politico duro: senza svolgimento elettorale, il presidente ucraino sarebbe tecnicamente sfornito della facoltà di sottoscrivere accordi internazionali. È una tattica che giustifica il rifiuto di dialogo diretto, penalizzando l’argomentazione del nemico fin dal principio.

Il vertice come simbolo, non come soluzione

La proposta di Trump di un summit trilaterale — Putin, Zelensky, Trump — ha un valore fortemente simbolico: l’idea di una riconciliazione mediata potrebbe dare una patina diplomaticamente razionale al conflitto. Ma senza un’agenda, o con una definita disparità di potere, rischia di essere solo una rappresentazione teatrale, destinata a fallire come i precedenti vertici.

Le precondizioni come arma politica

Russia sta imponendo condizioni che violano principi sovrani ucraini — rinuncia alla NATO, concessione territoriale, cambi normativi interni — utilizzandole non come base negoziale, ma come muro invalicabile per evitare di negoziare. Nessun summit può iniziare con tali premesse ostili.

Il Ruolo degli alleati occidentali: garanti o spettatori?

Europa e Nord America si trovano in una posizione ambivalente: fornire garanzie di sicurezza e sostegno all’Ucraina, ma al contempo evitare di spingere troppo Putin a chiudersi completamente nel silenzio diplomatico. Si delinea una trasformazione del supporto internazionale da militare a strategico, lasciando intravedere possibilità future di peacekeeping o sanzioni rafforzate.

Una Guerra Fatale e Mediata

Il conflitto rimane cruento e attivo: attacchi missilistici, droni che colpiscono anche impianti nucleari come quello di Kursk, e costanti perdite umane su entrambi i fronti. In questo contesto, le negoziazioni non sono solo politiche, ma una possibile salvezza, che però richiede reciprocità, volontà e soprattutto parità di condizioni.

L’immobilismo diplomativo segnato dalle parole di Lavrov, con l’esclusione di Zelensky e la rigida imposizione delle condizioni russe, contrasta nettamente con la determinazione ucraina e il sostegno occidentale. La guerra continua a essere uno scontro non solo sul campo, ma sulle narrative: chi è legittimo per negoziare, chi può essere garante della pace, e se la diplomazia può ancora fare breccia. Per ora, la risposta appare cristallina: il summit non è semplicemente “non pronto”, ma negato. Senza cambiamenti sostanziali nelle premesse, l’approdo a una fine negoziata sembra ancora lontano.

25 Agosto 2025
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