Predazzo e i custodi del monte Vardabe: sei secoli di potere feudale nell’Alta Val di Fiemme

Predazzo cela un vestigio medievale nel cuore delle Dolomiti: la Regola Feudale, un’istituzione territoriale che da oltre 600 anni regola in modo privato pascoli, boschi e diritti collettivi. Una storia di radici, famiglia, autonomia e modernità sopravvissuta al tempo.
Un borgo, un sistema antico, una storia lunga
Predazzo, adagiata tra le valli di Fiemme, Fassa e Primiero, è più di un comune alpino ricco di panorami e tradizione: è custode di un sistema di gestione collettiva del territorio nato nel Medioevo. Fin dal XIII secolo, le comunità alpine del Trentino hanno adottato istituti regolieri, soggetti privati con funzioni analoghe a enti pubblici, che amministravano in comune boschi, pascoli e acque, garantendo un uso sostenibile delle risorse naturali. Tra essi, la Regola Feudale di Predazzo si distingue per la sua continuità storica, saldata ai vincoli di sangue e comunità cittadina.
Il monte Vardabe: terra di conquista e di diritto
Il patrimonio gestito dalla Regola è coltura storica e simbolo di appartenenza. Già nel 1318 si formalizzò l’utilizzo collettivo del monte Vardabe per legname e pascolo, su iniziativa della Regola Generale. Nel 1391 ricevette l’investitura ufficiale da parte del principe-vescovo, validando quel diritto per almeno quattro secoli. Tuttavia, nel 1608, le “71 famiglie originarie” di Predazzo crearono una Regola specifica per il Vardabe, distinta dal corpo comunale, sancendo una élite locale, distinta dai forestieri, che tramanda il diritto col nome, secondo la linea maschile.
La “vicinia” che resiste al tempo
La Regola Feudale, così definita dal 1447, è una vicinia: una comunità di vicini, ovvero famiglie ereditarie, congiunte da legami di sangue e diritto. Qui, la proprietà del patrimonio comune era antica, indivisibile, inalienabile, destinata eternamente ad usi agro-silvo-pastorali. Anche quando giunsero la riforma napoleonica e le leggi moderne abolirono la maggior parte delle Regole nel territorio, a Predazzo questa persistette cambiando funzioni, ma non spirito: è ancora attiva, amministrata dai discendenti maschi dei vicini, disciplinata da statuti che si sono aggiornati nei secoli pur mantenendo radici medievali.
Oltre la nostalgia: un modello di governance comune
Nel contesto alpino, la gestione regoliera dei beni comuni è un modello efficiente e resiliente. Studi economici e antropologici ne riconoscono il valore come esempio di istituzione endogena, capace di armonizzare l’uso delle risorse naturali con bisogni locali e vincoli ambientali. In Trentino, la Regola Feudale rappresenta un’anomalia positiva: un ente di diritto privato che opera da secoli in modo autoregolato, con capacità di innovazione e di preservazione.
Tradizione viva: rituali e celebrazioni comunitarie
Le istituzioni tradizionali non si limitano a gestire boschi e pascoli: sono tessuto sociale e culturale. Ogni anno, l’11 novembre, Predazzo celebra i “Fuochi di San Martino” con maestosi falò sui fianchi montani costruiti da cinque rioni storici. La festa è una celebrazione di fine delle attività agricole e di distribuzione delle regalìe – antichi utili della gestione comune – animata da musica, cortei, castagne e vin brulè. Un rituale moderno che riafferma appartenenza, memoria e coesione.
Tra sfide contemporanee e identità storiche
L’amministrazione moderna solleva interrogativi: come coniugare la tradizione con le normative ambientali, la democratizzazione dell’accesso e le esigenze del turismo? La Regola mantiene un patrimonio di 2.700 ettari, ma vive in un contesto di vincoli forestali, paesaggistici e demografici. Tuttavia, la sua stessa esistenza dimostra che modelli comunitari longevi possono evolvere, diventare laboratorio di armonia tra uso, tutela e partecipazione.
Un patrimonio vivo, tra passato e futuro
La Regola Feudale di Predazzo non è una reliquia da museo, ma una comunità attiva, che custodisce un patrimonio materiale e immateriale. Essa testimonia la concretezza del passato, la sua importanza per costruire identità e sostenibilità. In un’epoca in cui il territorio pare spesso affidato a forze impersonali, Predazzo ci mostra che l’eredità può essere viva, modellata da vicinanze, non da autorità astratte.
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