LA PEDAGOGIA DELL’ABISSO – Comandi Invisibili

C’è qualcosa di strano che sta accadendo nel mondo. Leader di diversi paesi, culture e credenze adottano discorsi sorprendentemente simili. Nazionalismo infuocato, moralismo selettivo, delegittimazione delle istituzioni democratiche, teorie cospiratorie di manipolazione globale e l’uso intenso dei social media per disinformare. Non ci sono vertici registrati, nessun accordo formale — ma c’è coerenza e sincronismo. Come se tutti seguissero lo stesso copione, scritto da mani che non si mostrano.
Ma come spiegare questa sinfonia autoritaria senza un direttore? Forse la risposta non risiede solo nella politica o nell’economia, ma nella psicologia delle masse. Ciò che stiamo vivendo nel mondo sfugge alle spiegazioni tradizionali — solo la filosofia esistenzialista sembra capace di illuminare ciò che altri saperi non raggiungono. È possibile che siamo di fronte a qualcosa di più sottile: un fenomeno di sintonia.
E se questi leader fossero solo ricettori di qualcosa che non si vede? E se idee, discorsi e decisioni fossero guidati da un campo di influenza extrafisico, che agisce silenziosamente su menti predisposte — quello che Jung chiamò l’“inconscio collettivo”? Come una stazione radio nascosta, questo campo sembra essere captato da personalità fragilizzate da circostanze peculiari.
Questa “pedagogia dell’abisso” non utilizza lavagne né schermi digitali. Opera per affinità. La vanità, la paura, il risentimento e la sete di comandare sono porte aperte affinché queste forze modellino i comportamenti. E quando queste disposizioni si sommano al potere, le idee acquisiscono scala, echeggiano in diversi paesi come se germogliassero dallo stesso terreno — anche se nessuno sa da dove sia venuto il seme.
Non si tratta di moralismo superficiale, ma della percezione di uno strato meno visibile della realtà: quello per cui le idee hanno peso, frequenza e impatto. E che determinate congiunture storiche possono essere meno spontanee di quanto sembri. Tuttavia, c’è un’ipotesi alternativa. E se tutto questo — questo incontrollabile calcolato, questa valanga di regressioni, questa escalation di intolleranza — non fosse solo un progetto di dominazione, ma un metodo di rivelazione? Per permettere all’errore di manifestarsi per intero, affinché la coscienza collettiva si risvegli con più forza. Il collasso etico, la disperazione sociale, la degradazione istituzionale — forse tutto questo ci conduce, dolorosamente, a un nuovo punto di svolta. Una traversata che non passa per lo scontro diretto, ma per l’esaurimento di un’era.
La grande battaglia, quindi, non si combatte solo nel campo delle idee o della politica. È una battaglia di frequenza. Di percezione. Di lucidità.
E la domanda che resta, silenziosa e definitiva, è: di cosa siamo “antenne”?
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