Iva al 5% per l’arte: una vittoria per il mercato italiano, ma la burocrazia è ancora un ostacolo

Il mercato dell’arte in Italia sta affrontando una svolta decisiva, grazie alla recente approvazione di una misura che riduce l’Iva sulla vendita di opere d’arte dal 22% al 5%. Questa storica modifica, comunicata dal ministro della Cultura Alessandro Giuli, rappresenta un passo fondamentale per rendere l’Italia competitiva a livello europeo, un paese che ha dato i natali a geni come Michelangelo e Leonardo da Vinci.
Tuttavia, come sottolinea il gallerista Marco Brun, questa riduzione fiscale è solo una parte della soluzione. “È un grande successo”, afferma Brun, “ma la burocrazia rimane un grande scoglio, specialmente per le opere d’arte che superano i 70 anni“. Questo significa che, nonostante la nuova aliquota, i galleristi devono affrontare procedure lunghe e complesse per esportare opere all’estero, un aspetto che può scoraggiare potenziali compratori stranieri.
Con la nuova aliquota del 5%, gli acquirenti di opere d’arte possono ora beneficiare di un risparmio netto del 17% su ogni acquisto, rendendo il mercato italiano più attrattivo rispetto a concorrenti come Germania e Francia. Per le gallerie, si prevede un aumento del fatturato che potrebbe raggiungere il 50% per le piccole realtà, mentre il settore artistico nel suo complesso potrebbe vedere un incremento del 28%. Tuttavia, senza un intervento sulla burocrazia, il potenziale di crescita rimane limitato.
Brun evidenzia come il nuovo regime fiscale permetta a Milano di emergere come hub artistico europeo, attirando collezionisti e investitori. “Milano sta diventando un punto di riferimento per l’arte, e la riduzione dell’Iva può darle un ulteriore slancio”, afferma. Concludendo, Brun esprime ottimismo per il futuro del mercato dell’arte in Italia, sottolineando che questo è un segnale positivo di competitività globale, ma rimarcando la necessità di affrontare le sfide burocratiche.
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