6:25 pm, 23 Aprile 25 calendario

L’ULTIMA PREGHIERA DI FRANCESCO

Di: Mauro Falcão
condividi

La morte di Papa Francesco non rappresenta solo la partenza di un pontefice. È il silenzio che segue a una voce che ha osato rompere il silenzio. La sua esistenza è stata una supplica estesa al mondo — e la sua ultima preghiera forse non è stata pronunciata con parole, ma con il coraggio di aver vissuto senza temere il disagio di essere vero.

Dall’istante in cui scelse il nome Francesco, Bergoglio indicava la rotta che desiderava seguire — e anche il prezzo che era disposto a pagare. Invocava, con quel gesto, lo spirito di Francesco d’Assisi, il Santo che abbandonò il potere per abbracciare i lebbrosi, ascoltare gli uccelli e ricostruire la Chiesa con le pietre dell’ affetto e della povertà.

Come quello di Assisi, parlò anche con gli umili, con i dimenticati, con coloro che la religione stessa, a volte, aveva lasciato ai margini. Ma a differenza di tanti che lo precedettero, si inginocchiò davanti ai dilemmi del nostro tempo, senza nascondersi dietro le mura della tradizione. Parlò dell’ambiente, della disuguaglianza, della dignità degli emarginati. Affrontò lo scandalo degli abusi con dolore visibile, riconoscendo ferite che l’istituzione aveva nascosto per secoli. Fu duramente criticato dentro e fuori — e andò avanti, con la serenità di chi non appartiene più a se stesso.

La sua leadership non si basava sul conforto dell’unanimità, ma sul rischio della verità. Mentre il mondo si divideva in poli che si attaccavano, Francesco scelse il ponte, e sopportò di essere contestato per non essere abbastanza estremista per nessuna delle parti. Portò il peso dell’incomprensione come croce discreta. E la sua forza stava proprio lì — nel non difendersi. Nell’amare anche coloro che lo attaccavano.

Sapeva che essere Papa non è preservare un’immagine, ma esporsi al mondo come altare, dove fede, dubbio, amore e contraddizione coesistono. Non era infallibile — e non voleva sembrarlo. La sua santità stava nell’ascolto, nel dubbio assunto, nel gesto che precede la regola. In mezzo a una Chiesa stanca di maschere, egli offrì un volto.

L’umanità, molte volte, si aspetta dai leader religiosi una perfezione immobile. Francesco, al contrario, ci ha mostrato la bellezza del movimento, dello sbaglio, della rivalutazione costante. Preferiva il cammino sincero al trono dorato dell’apparenza, pregando senza mentire.

La sua eredità più grande è la postura spirituale: non aver paura di essere criticato per essere giusto. Il suo esempio ci ricorda che la fede viva non si protegge dal mondo — si coinvolge con esso. Non chiude gli occhi al dolore — cammina con esso. Ora, Francesco tace. E al posto della sua voce, echeggia una vibrazione sottile, ma inconfondibile dell’inizio del nostro ascolto. Che il mondo impari, con lui, che essere luce non è brillare — è illuminare gli altri – AMEN.

Mauro Falcão, scrittore brasiliano

23 Aprile 2025 ( modificato il 24 Aprile 2025 | 18:29 )
© RIPRODUZIONE RISERVATA