6:03 pm, 31 Ottobre 25 calendario

Felice Maniero: la Faccia d’Angelo della Male del Brenta

Di: Claudio Migliorati
felice maniero
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Felice Maniero (nato nel 1954) è un criminale italiano divenuto celebre come boss della cosiddetta Mala del Brenta, attiva in Veneto tra anni ’70 e ’90. Soprannominato “Faccia d’Angelo” per i suoi lineamenti insospettabili, guidò una banda responsabile di numerose rapine a banche, assalti a portavalori, traffici di armi e droga, e fu imputato anche di omicidio e associazione mafiosa. La sua figura è ricordata come uno dei più temuti boss del Nord Italia al di fuori delle mafie tradizionali, sia per la scaltrezza criminale dimostrata, sia per la clamorosa decisione di collaborare con la giustizia a metà anni ’90. Di seguito ripercorriamo la sua storia, dalle origini criminali agli arresti, fino alla nuova vita sotto protezione e alle rappresentazioni nei media.

La Mala del Brenta: ascesa criminale di Maniero

Felice Maniero nasce a Campolongo Maggiore (Venezia) nel 1954 e fin da giovane entra nei circuiti della malavita locale. Tornato con la famiglia in Veneto dopo un’infanzia parzialmente trascorsa a Torino, apre una trattoria che diventa ritrovo di piccoli criminali locali. Dall’adolescenza Maniero comincia con furti di bestiame insieme a uno zio, per poi passare a rapine a oreficerie, uffici postali e banche. Operando nella zona del fiume Brenta, la sua banda viene battezzata dalla stampa “Mala del Brenta”, considerata la prima organizzazione mafiosa nata nel Nord Italia. Negli anni ’80 il gruppo di Maniero cresce per influenza e ferocia: si stima abbia compiuto decine di omicidi e migliaia di rapine, intrecciando affari con le mafie del Sud e imponendo il pizzo persino ai cambiavalute del casinò di Venezia. Maniero accumula un enorme bottino (si parla di miliardi di lire dell’epoca) e consolida il suo potere criminale approfittando anche del vuoto di controllo mafioso nel Nord Est.

Arresti ed evasioni clamorose

felice maniero
(fonte: Wikipedia)

La carriera criminale di Maniero è segnata da ripetuti arresti ed evasioni spettacolari. Arrestato una prima volta nel 1980, riesce a evadere ben due volte negli anni successivi. Nel 1987 fugge dal carcere di Fossombrone (PU) passando attraverso cunicoli e fogne, in un’evasione rocambolesca organizzata nei minimi dettagli. Ancora più eclatante è l’episodio del furto della reliquia del mento di Sant’Antonio a Padova nel 1991, orchestrato da Maniero per ricattare lo Stato e ottenere la liberazione di un suo complice. Nel 1993 Maniero viene finalmente catturato sul suo yacht al largo di Capri, mentre tentava la latitanza in mare. Trasferito nel carcere di Vicenza, prova di nuovo a fuggire corrompendo due guardie con l’offerta di 80 milioni di lire ciascuna, ma il piano viene sventato all’ultimo momento. Ciononostante, nel giugno 1994 riesce a mettere a segno un’altra evasione dal carcere di Padova, grazie alla complicità di un secondino corrotto e all’aiuto esterno dei suoi uomini travestiti da agenti. La latitanza però dura poco: a novembre 1994 il boss viene catturato di nuovo a Torino, ponendo fine alla sua fuga.

Questi eventi contribuirono a costruire la fama di Maniero come criminale astuto e spericolato. Anni dopo, lui stesso dichiarerà di non pentirsi delle sue evasioni: “le rifarei subito se capitasse, il pathos che ti danno non ha eguali” racconterà, riferendosi all’adrenalina provata durante le fughe dai carceri di massima sicurezza. Dopo l’ultimo arresto, Maniero verrà processato per il cumulo dei suoi reati e condannato inizialmente a 33 anni di reclusione (pena poi ridotta).

Il pentimento e la collaborazione con la giustizia

Nel 1995, di fronte alla prospettiva di una lunga detenzione, Felice Maniero prende una svolta inaspettata: decide di diventare collaboratore di giustizia (pentito). La sua collaborazione con le autorità, iniziata ufficialmente nel febbraio 1995, si rivela determinante per smantellare quel che resta della Mala del Brenta. Grazie alle sue rivelazioni sulle attività del clan e sui complici, Maniero ottiene consistenti attenuanti di pena: nel 1996 la Corte d’Assise d’Appello di Venezia lo condanna a 11 anni di carcere (più una multa) usufruendo dello sconto di pena previsto per i pentiti. Nel 1998 viene arrestato nuovamente per scontare la pena residua di quattro anni, dopodiché, una volta adempiuti gli obblighi, esce dal carcere a metà anni 2000 in regime di protezione.

Maniero non ha mai mostrato particolare rimorso morale per le sue azioni, ammettendo di aver collaborato “per convenienza” più che per pentimento sincero. In seguito al suo status di pentito, entra nel programma di protezione testimoni: gli viene assegnata una nuova identità e viene trasferito con la famiglia in località segrete dallo Stato. Questa scelta causa anche polemiche all’epoca, poiché si scoprì che Maniero viveva con familiari in una villa protetta a spese dello Stato, suscitando critiche nell’opinione pubblica.

Vita dopo il carcere di Maniero: impresa fallita e nuovi guai

Dal 2010 Felice Maniero è tornato formalmente in libertà dopo aver scontato la pena, sebbene continui a vivere sotto copertura. Ad agosto 2010 scade infatti l’ultima misura restrittiva nei suoi confronti e l’ex boss, con identità cambiata, prova a rifarsi una vita. Insieme al figlio avvia un’azienda di depurazione delle acque chiamata Anyaquae, fornitrice di impianti per enti pubblici. L’impresa però si rivela un fallimento: nel 2016 viene chiusa dopo che controlli sanitari scoprono livelli di arsenico fuori norma nell’acqua erogata dalle sue installazioni. Maniero tenta anche di riciclarsi come cittadino modello partecipando a iniziative ambientaliste (arriva ad annunciare un brevetto per ripulire le microplastiche) e concede sporadicamente interviste, come quella allo scrittore Roberto Saviano sulla sua strategia antimafia.

Tuttavia, la quiete dura poco. Nell’ottobre 2019 il nome di Maniero torna alle cronache: viene arrestato a Brescia con l’accusa di maltrattamenti sulla compagna convivente. Si scopre in questa occasione che viveva da anni a Brescia sotto falso nome e programma protezione, dove conduceva una vita apparentemente normale. All’arrivo della polizia a casa sua, il 65enne Maniero scoppia in lacrime supplicando gli agenti di non portarlo in carcere “per favore, fatelo per mia figlia” – un riferimento alla tragica scomparsa della figlia anni prima. L’arresto avviene in base alla nuova legge “Codice Rosso” per la tutela delle vittime di violenza domestica, in seguito alla denuncia della compagna per ripetute aggressioni fisiche e psicologiche. Nel 2021 il processo si conclude con la condanna definitiva di Maniero a 4 anni di reclusione per maltrattamenti.

Dopo aver scontato parte della pena, Felice Maniero è tornato in libertà nel giugno 2023. Il suo legale ha rivelato che le autorità gli hanno recentemente assegnato una nuova identità segreta, poiché la precedente (con cui era noto come Luca Mori) era stata compromessa e resa pubblica. Nonostante ciò, l’ex boss continua a far parlare di sé: nel 2025 la stampa riferisce che Maniero è sorvegliato con braccialetto elettronico a causa di un ennesimo episodio di violenza domestica (un’aggressione a un familiare) avvenuto dopo la sua scarcerazione. In sintesi, ancora oggi Felice Maniero conduce un’esistenza sorvegliata speciale, nel tentativo di bilanciare una nuova vita anonima con i fantasmi – e gli strascichi giudiziari – del suo passato criminale.

Figlia di Felice Maniero: la tragedia del 2006

Un capitolo doloroso della vita privata di Maniero riguarda la figlia Deborah. Nel febbraio 2006 la figlia 29enne di Felice Maniero è stata trovata morta in circostanze mai del tutto chiarite. In un primo momento si parlò di suicidio, ma successivamente emersero ipotesi di omicidio legato a vendette trasversali nei confronti di suo padre. La morte di Deborah Maniero, avvenuta anni dopo la collaborazione del padre con la giustizia, scosse profondamente l’ex boss. È noto che Maniero tenesse molto ai figli, e proprio il ricordo della figlia scomparsa venne evocato da lui durante l’arresto del 2019, quando implorò gli agenti di non portarlo via “per mia figlia”. La vicenda della figlia rimane uno degli aspetti più tragici legati alla storia personale di Felice Maniero, alimentando speculazioni su possibili regolamenti di conti e sull’eredità di odio lasciata dai suoi trascorsi criminali.

Figlio di Felice Maniero e vita familiare

Meno nota al grande pubblico è la storia del figlio di Felice Maniero, che l’ex boss ha coinvolto nei tentativi di reinserimento post-pentimento. Il figlio (la cui identità è protetta) ha affiancato il padre nell’attività imprenditoriale di depurazione delle acque, fondando insieme a lui la società Anyaquae nel periodo successivo al 2010. Purtroppo l’azienda ha avuto vita breve, chiudendo nel 2016 a causa dei problemi legali e amministrativi già citati (contaminazione da arsenico). Dopo il fallimento dell’impresa di famiglia, non si hanno molte notizie pubbliche sul figlio di Maniero, che probabilmente vive anch’egli sotto una nuova identità per sfuggire all’attenzione mediatica e a possibili ritorsioni.

Va ricordato che Felice Maniero aveva costruito la propria famiglia durante gli anni da uomo libero nei primi anni ’90, prima dell’arresto definitivo. Oltre ai due figli, non risultano altri eredi noti. La scelta di Maniero di pentirsi e testimoniare contro i suoi ex complici ha probabilmente influenzato in modo drammatico la vita dei familiari, costringendoli a cambiare nome e città per sicurezza. Il legame padre-figli di Maniero è riemerso indirettamente anche nelle cronache: ad esempio, sua figlia aveva avuto un ruolo nell’esortare il padre a rigare dritto, e la sua perdita ha segnato profondamente l’ex boss. Allo stesso modo, il coinvolgimento del figlio nel tentativo di attività lecita indica il desiderio di Maniero di costruire per lui un futuro lontano dal crimine, sebbene senza successo duraturo.

Film su Felice Maniero e altre rappresentazioni mediatiche

La vita di Felice Maniero ha ispirato film e serie TV in Italia, alimentando l’immaginario sul banditismo nel Nordest. L’opera più nota è “Faccia d’angelo”, una miniserie televisiva uscita nel 2012 incentrata sulla figura del boss della Mala del Brenta. Nella miniserie, l’attore Elio Germano interpreta un personaggio ispirato a Maniero (soprannominato “il Toso”), ripercorrendo la sua ascesa criminale e le spettacolari evasioni. Faccia d’angelo ha ottenuto grande risonanza mediatica, portando sul piccolo schermo la storia del gangster veneto e fornendo al pubblico un ritratto romanzato della Mala del Brenta. Accanto a questa produzione, documentari e speciali TV hanno approfondito la vicenda di Maniero: ad esempio la docu-fiction Città Criminali – Felice Maniero e la Mala del Brenta, un episodio di Blu Notte – Misteri Italiani, il documentario La Mala del Brenta – La vera storia, e la docuserie Fuorilegge. Veneto a mano armata.

Oltre a film e documentari, recentemente Felice Maniero è riapparso in pubblico – seppur in forma anonima – attraverso un podcast. Nel 2025 il popolare artista Fedez ha ospitato Maniero (opportunamente mascherato) nel suo Pulp Podcast, dove l’ex boss ha raccontato la sua storia e alcuni retroscena con sorprendente franchezza. Questo episodio ha suscitato dibattito, mostrando come la figura di Maniero continui a esercitare fascino e curiosità nell’opinione pubblica italiana, divisa tra la condanna per i suoi crimini e l’interesse per il personaggio quasi leggendario.

Libri su Felice Maniero

Non mancano infine i libri dedicati alla parabola criminale di Felice Maniero. Diversi giornalisti e scrittori hanno ricostruito le imprese della Mala del Brenta e la vita del suo capo in volumi investigativi o biografici. Uno dei cronisti più esperti sul caso, Maurizio Dianese, ha pubblicato ad esempio Come me nessuno mai in cui ripercorre la storia di Maniero attraverso testimonianze dirette e documenti d’archivio. Un altro libro significativo è La mafia del Brenta: la storia di Felice Maniero e del Veneto che si ribellò del giornalista Andrea Pasqualetto. Da segnalare anche il libro autobiografico “Una storia criminale”, scritto a quattro mani dallo stesso Felice Maniero insieme a Pasqualetto, in cui Maniero racconta in prima persona la sua versione dei fatti e le motivazioni che lo portarono a collaborare con lo Stato.

Questi testi contribuiscono a mantenere viva la memoria storica sul caso Maniero, offrendo prospettive diverse – dall’interno e dall’esterno – su colui che è stato definito “il più grande bandito del Nord Italia”. La vicenda di Felice Maniero continua così ad essere oggetto di studio e di narrazione, a metà strada fra cronaca nera, analisi sociologica e romanzo criminale.

31 Ottobre 2025
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