🌐 Trump fa cassa grazie ai media
La causa con CBS: 16 milioni e promesse di pubblicità
📌 Il nodo centrale di questa nuova ondata di guadagni è il contenzioso con Paramount Global, la società madre di CBS. Trump aveva fatto causa sostenendo che l’intervista su 60 Minutes con Kamala Harris, allora sua rivale alla Casa Bianca, fosse stata “fuorviante”: secondo lui, la rete aveva montato il pezzo in modo da favorire Harris. Dopo mesi di negoziati, Paramount ha accettato di versare 16 milioni di dollari per chiudere il caso. Secondo il contratto, il denaro non andrà direttamente al presidente, ma sarà destinato al suo futuro museo/presidenziale.
Non basta, però: Trump ha annunciato tramite il proprio canale Truth Social di aspettarsi altri 20 milioni di dollari relativi a pubblicità e “programmi simili” da parte del nuovo proprietario di Paramount, Skydance Media, nell’ambito di un accordo di fusione in corso. Secondo Trump, questo porterebbe il totale a oltre 36 milioni di dollari.
Tuttavia, Paramount ha negato alcune delle affermazioni di Trump, sottolineando che non ci sarebbe un accordo formale sui futuri spot o sui programmi promossi a suo favore.
Gli altri “tesoretti”: Meta e X cedono a Trump
Non è solo CBS a pagare. Negli ultimi mesi, Trump ha incassato anche da altri giganti tech-mediatici:
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Meta (Facebook/Instagram): l’azienda ha accettato di pagare 25 milioni di dollari per risolvere una causa intentata da Trump in seguito alla sospensione dei suoi account dopo gli eventi del 6 gennaio 2021. Una parte importante di questa somma (circa 22 milioni) confluirà nel fondo per la sua futura biblioteca presidenziale.
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X (ex-Twitter): la piattaforma di Elon Musk ha accettato un risarcimento di 10 milioni di dollari per chiudere la causa di Trump riguardante il ban subito dopo la sommossa al Campidoglio.
Complessivamente, con l’accordo Paramount + i risarcimenti da Meta e X, Trump ha annunciato di aver superato quota 30 milioni di dollari legati alle sue battaglie mediatiche.
Identità di una strategia
L’esplosione di questi guadagni non è un fatto isolato, ma il punto d’arrivo di una strategia più ampia. Trump da tempo usa le cause legali contro media e piattaforme social come leva politica e di branding: ogni vittoria diventa un segnale per i suoi sostenitori, una dimostrazione di forza contro ciò che lui definisce “stampa corrotta”.
Al tempo stesso, la chiusura di controversie con grossi gruppi mediatici sembra puntata anche a bloccare critiche future. Nel caso di Paramount, c’è un elemento che fa discutere: la fusione in corso con Skydance Media. Molti osservatori – tra cui opinionisti e giuristi – hanno sollevato dubbi su un possibile legame tra la causa e il processo di approvazione della fusione da parte dell’amministrazione Trump.
Donald Trump stesso non ha rinunciato a un tono trionfale: ha definito il risultato come “un trionfo storico” nella sua lotta contro la cosiddetta “Fake News Media”.
Allarme per la libertà di stampa
🔎 L’accordo con CBS ha scatenato reazioni forti. Critici della stampa e giuristi per i media hanno descritto l’operazione come una resa: più che un verdetto di legittimità, un cedimento da parte di Paramount. Alcuni affermano che l’accordo potrebbe settare un pericoloso precedente, dove leader politici minacciano i media con cause multimilionarie per ottenere concessioni finanziarie o editoriali.
Anche l’abolizione (o la cancellazione) di programmi critici verso Trump pare avere un peso simbolico: il comico Stephen Colbert, da sempre una voce critica, ha definito l’accordo come un “grosso mazzette,” riferendosi al futuro dei programmi e agli investimenti promessi.
Allo stesso tempo, l’impegno di CBS a rendere pubblici i transcript delle future interviste di “60 Minutes” con candidati presidenziali – come previsto dal patto – è stato interpretato come una concessione significativa: un passo verso maggiore trasparenza, ma non basta a placare tutti.
Da una parte, Trump sta facendo “cassa” con le sue battaglie contro i media. Dall’altra, la sua Trump Media & Technology Group (proprietaria di Truth Social) non naviga in acque tranquille: il bilancio del 2024 ha registrato ricavi modesti (3,6 milioni di dollari) e una perdita netta di 401 milioni.
Nonostante queste tensioni, la speculazione politica-monetaria del tycoon sembra funzionare: utilizza ogni controversia per alimentare la sua narrazione anti-media, trasformando le cause — spesso considerate da molti legali come mosse aggressive ma non sempre solide — in una fonte di legittimazione per i suoi sostenitori.
Restano da chiarire molti dettagli: il futuro del presunto “extra” da 20 milioni dalle nuove proprietà Paramount, l’effettiva esecuzione dei programmi promessi, e soprattutto il ruolo etico e legale di queste operazioni in una democrazia.
Una cosa è certa: nell’era Trump, i media non sono più solo canali di comunicazione politica, ma terreno di scontro patrimoniale, dove la carta stampata, la televisione e i social network diventano strumenti non solo di informazione, ma anche di bilancio.
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