🌐 Lo scandalo tangenti che fa tremare Zelensky
L’Ucraina è alle prese con quello che è già definito il più grave scandalo di corruzione dall’inizio della guerra: un’inchiesta che coinvolge dirigenti di aziende energetiche pubbliche, manager, esponenti politici e un uomo vicino alla cerchia del presidente Volodymyr Zelensky. Al centro c’è Energoatom, l’operatore statale dell’energia nucleare, e la procura anticorruzione parla di una rete di tangenti e appalti gonfiati che avrebbe drenato decine di milioni di dollari destinati al settore energetico in un momento di estrema vulnerabilità per il Paese.
Questa inchiesta — nata da accertamenti svolti per oltre un anno dall’agenzia nazionale anti-corruzione (NABU) e dalla procura specializzata SAPO — ha portato all’arresto di diverse persone e alla formulazione di accuse contro manager e funzionari per abuso d’ufficio, arricchimento illecito e corruzione. Fra i nomi citati nelle investigazioni compare anche Timur Mindich, imprenditore e partner nella società di produzione legata alla carriera artistica di Zelensky: figure che, fino a ieri, venivano percepite come parte dell’establishment filo-riformista attorno al presidente. Mindich — secondo gli investigatori — avrebbe avuto un ruolo chiave nel riciclaggio e nella spartizione delle tangenti legate ai contratti del settore energetico.
La dinamica dell’indagine: appalti, intermediari e percentuali «in nero»
📌 Il quadro ricostruito dagli inquirenti è quello di una catena di compartecipazione illecita: società che ottenevano appalti per forniture e lavori — spesso in condizioni d’urgenza e sotto regime di legge marziale — pagavano percentuali che venivano riversate a reti di società schermanti e, infine, a singoli soggetti con accesso decisionale nelle istituzioni. Le stime preliminari parlano di una cifra complessiva che si aggirerebbe intorno ai 100 milioni di dollari di fondi pubblici sottratti attraverso sovrapprezzi e «commissioni» non documentate. Secondo gli atti d’accusa e i file audio resi pubblici dagli investigatori, esponenti di alto livello avrebbero chiesto percentuali fino al 15% sui contratti, una modalità che trasforma il procurement tecnico in un meccanismo di arricchimento personale. Le voci parlano di pagamenti in contanti, contratti con intermediari esteri e l’uso di strutture societarie complesse per occultare la destinazione reale dei flussi. Anche la pressione esercitata su imprenditori e dirigenti da parte di funzionari per imporre certe ditte è al centro delle contestazioni.
Le dimissioni e il terremoto politico
La portata politica dello scandalo è cresciuta rapidamente: il presidente Zelensky, sotto il peso della indignazione pubblica e delle richieste di chiarimento da parte dei partner occidentali, ha chiesto le dimissioni di alcuni ministri ritenuti responsabili o comunque esposti nello scandalo. In pochi giorni si sono dimessi il ministro della Giustizia e il ministro dell’Energia, un segnale della gravità della crisi e di un tentativo di isolamento dei fatti per contenere i danni. L’esecutivo ha annunciato misure d’emergenza per riorganizzare la governance delle aziende statali colpite e per accelerare le indagini.
La decisione di far passare una parte della macchina pubblica al vaglio di nuovi manager e la promessa di «pulizia» sono mosse politiche obbligate, ma rischiano di non essere sufficienti a sedare la rabbia dell’opinione pubblica: in Ucraina la tolleranza verso la corruzione è ai minimi storici e la guerra ha innalzato le aspettative per una conduzione dello Stato trasparente e priva di clientele. Le opposizioni non hanno perso tempo: alcune forze chiedono ora la sfiducia dell’intero governo, mentre siti ed attivisti proseguono la pubblicazione di dossier e audio che amplificano lo scandalo.
Il nodo Energoatom e della sicurezza energetica
Energoatom non è una società qualsiasi. Gestisce reattori nucleari, infrastrutture strategiche e progetti legati alla riconnessione energetica con l’Europa — in un momento storico in cui l’Ucraina conta sull’aiuto occidentale per resistere alle offensive russe e per garantire il funzionamento della rete durante gli attacchi. Un buco di decine di milioni nel procurement di componenti elettrici o sistemi critici non è solo una perdita economica: è una questione di sicurezza. Donatori stranieri e partner europei hanno manifestato preoccupazione e, a tratti, hanno sospeso o ritardato forniture e assistenza tecnica fino a quando non sarà garantita massima trasparenza.
Più preoccupante ancora è l’effetto reputazionale: gli aiuti occidentali, che comprendono non solo finanziamenti ma anche consulenze tecniche e forniture critiche, vengono erogati in parte sulla base della fiducia che il denaro non sarà dirottato. Se questa fiducia vacilla, si altera l’equilibrio del sostegno diplomatico e militare. Diversi analisti avvertono che il tempismo dello scandalo — con l’inverno alle porte e la pressione russa sugli impianti energetici in aumento — non potrebbe essere peggiore.
L’uomo al centro: il ruolo di Timur Mindich e i legami con l’establishment
Chi è Timur Mindich e perché il suo nome ha acceso le polemiche? Imprenditore vicino alla scena mediatica e di produzione di spettacoli che ha collegamenti con il mondo che circonda Zelensky, Mindich è ritenuto dagli investigatori un «facilitatore» delle operazioni corruttive: avrebbe svolto funzioni di mediazione tra contractor e funzionari pubblici e, secondo le accuse, si sarebbe avvantaggiato di rapporti personali con soggetti in posizioni chiave. Prima che la vicenda esplodesse, alcune segnalazioni di attivisti e giornalisti avevano indicato un’ombra di influenza indebita dell’uomo in dossier strategici; ora queste segnalazioni sono parte dell’indagine formale.
Fonti investigative descrivono inoltre la fuga o la temporanea scomparsa di alcuni soggetti chiave dopo l’avvio delle perquisizioni, circostanza che ha ulteriormente alimentato il sospetto di una rete organizzata con capacità di occultamento. In alcuni casi le agenzie anti-corruzione hanno portato alla luce registrazioni audio che mostrerebbero negoziazioni e richieste di mazzette, elementi che in un sistema giudiziario possono rivelarsi decisivi.
🔎 Non sorprende che Bruxelles e Washington stiano seguendo la vicenda con attenzione. L’Ue ha sempre messo la lotta alla corruzione al centro del proprio dialogo con Kiev e la prospettiva di integrazione europea impone standard stringenti di trasparenza. Ora, alcuni Stati membri hanno chiesto chiarimenti formali e monitoraggio rinforzato dei fondi di assistenza. Anche Washington, pur riaffermando il sostegno all’Ucraina, ha indicato la necessità che gli aiuti non alimentino opacità e deviazioni. La questione è diventata dunque non solo un caso interno ma un banco di prova per le istituzioni che supportano Kiev.
I donatori hanno strumenti pratici per esercitare pressione: audit, sospensione parziale di tranche di pagamento, condizionalità sulle gare e nomina di revisori indipendenti nella gestione dei progetti finanziati. Si tratta di leve che potrebbero rallentare progetti chiave, ma che Bruxelles e Washington potrebbero usare per spingere riforme reali e – in prospettiva – per esigere commissariamenti tecnici temporanei nelle aziende coinvolte.
La corruzione resiste anche in guerra
Per comprendere perché uno scandalo di questa portata non sia stato evitato bisogna guardare alla trama storica e strutturale dell’Ucraina. Il Paese ha fatto progressi in materia di trasparenza negli ultimi anni, ma le reti clientelari, la frammentazione istituzionale e la pressione della guerra hanno creato un ambiente in cui opportunità e incentivi per la corruzione rimangono forti. Gli appalti d’emergenza, la presenza di commesse ad alto valore e la rapidità d’azione richiesta nei mesi critici hanno favorito meccanismi opachi. Anche riforme approvate sulla carta spesso faticano a tradursi in buone pratiche operative. In più, la coesione tra élite economiche e cerchi influenti intorno ai leader di governo spesso ostacola la separazione netta fra sfera pubblica e privata: quando la guerra impone una gestione straordinaria delle risorse, il rischio che partiti, gruppi e imprenditori affermino prerogative proprie cresce. Perciò, per molti osservatori, lo scandalo non è un episodio isolato ma la manifestazione exacerbata di fragilità di governance che vanno affrontate strutturalmente.
Il governo di Zelensky ha davanti percorsi differenti: un approccio aggressive—con epurazioni, avvicendamenti e inchieste segnate da processi rapidi—potrebbe dimostrare determinazione ma anche indebolire maggiormente l’apparato statale se non accompagnato da trasparenza e garanzie di legalità. Un approccio più cauto potrebbe preservare stabilità a breve termine ma rischia di essere visto come complicità o lentezza nella lotta alla corruzione.
Nel breve periodo, l’effetto più tangibile potrebbe essere il rallentamento di alcuni progetti finanziati dall’estero e un irrigidimento delle condizioni di erogazione degli aiuti. Nel medio termine, se l’indagine si estendesse a figure ancora più vicine al vertice del potere politico, la crisi potrebbe spalancare la porta a richieste di rimpasto o addirittura a una crisi parlamentare.
Trasparenza e gare pubbliche
Gli analisti concordano su alcune linee d’azione imprescindibili: rafforzare le gare pubbliche con criteri di valutazione chiari, imporre controlli indipendenti su ogni grande fornitura, pubblicare in tempo reale i contratti e i pagamenti, introdurre strumenti di whistleblowing efficaci e proteggere le agenzie anticorruzione da interferenze politiche. Alcune di queste misure sono già sul tavolo; la sfida sarà trasformarle in prassi operative e in cultura amministrativa.
Per Zelensky la posta è altissima. La sua figura si è costruita, negli anni del conflitto, attorno all’immagine di un leader che ha attirato sulla causa ucraina solidarietà internazionale e risorse cruciali. Un buco di decine di milioni, con inchieste che coinvolgono figure a lui vicine, mina quella narrativa e apre ferite difficili da ricucire. La risposta che il presidente darà — tra pubbliche scuse simboliche e provvedimenti concreti — determinerà se la sua leadership uscirà rafforzata da un fisiologico processo di purificazione oppure ne risulterà gravemente indebolita.
Lo scandalo tangenti che scuote Kyiv non è solo un fatto giudiziario: è un test per l’assetto politico, per l’affidabilità del sostegno internazionale e per la resilienza morale di un Paese sotto assedio. Se da un lato la rapidità e l’indipendenza delle agenzie anticorruzione restano la migliore garanzia che «nessuno è sopra la legge», dall’altro la sfida è trasformare lo choc in riforma duratura.
L’inverno alle porte, le linee elettriche da proteggere e la guerra ancora in corso rendono tutto più urgente: l’Ucraina deve dimostrare che è capace di amministrare i propri mezzi con rigore, anche quando la pressione esterna e interna spinge per soluzioni facili e clientele.
© RIPRODUZIONE RISERVATA










