6:38 pm, 29 Novembre 25 calendario

🌐 Papa Leone XIV entra scalzo nella Moschea Blu di Istanbul

Di: Redazione Metrotoday
condividi

Gesto simbolico che apre una nuova pagina di dialogo interreligioso

 Papa Leone XIV, nel pieno del suo primo viaggio apostolico all’estero, è stato ospite della Moschea Sultan Ahmed, universalmente nota come Moschea Blu. Con passo calmo e rispettoso, tolte le scarpe prima di varcare l’ingresso sacro, ha percorso in silenzio le navate ornate da oltre 21.000 piastrelle turchesi, attraversando lo spazio con sguardo di contemplazione e curiosità. Per circa quindici minuti — accompagnato da autorità religiose turche e da guide locali — il Pontefice ha vissuto un momento di raccoglimento e ascolto, scegliendo di non pregare ma di osservare con rispetto, in un gesto che vuole essere simbolo di apertura, rispetto e speranza di dialogo.

Dietro questo gesto — semplice e potente — si nascondono più livelli di significato: spirituale, ecumenico, diplomatico.

Non è la prima volta che un Papa varca la soglia della Moschea Blu. Già Benedetto XVI nel 2006 e Papa Francesco nel 2014 avevano compiuto quel gesto: scarpe tolte, piedi scalzi, passo rispettoso, e un momento di silenziosa preghiera rivolta a Dio, espressa in forma personale e contemplativa.

Con Papa Leone XIV, la tradizione continua — ma cambia in alcuni aspetti. Non c’è stata preghiera, ma un atteggiamento di ascolto e di rispetto, una riflessione silenziosa, un gesto di rispetto per la casa di Allah. Lo stesso muezzin della moschea, che ha accompagnato la visita, ha spiegato ai giornalisti: “Gli ho detto che questa era la casa di Allah e che se voleva poteva pregare; lui ha risposto: no, osserverò in giro”.

La Sala Stampa vaticana ha definito la visita come «un momento vissuto in spirito di raccoglimento, ascolto e rispetto per il luogo e per la fede di quanti vi si raccolgono».

Così, senza clamori mediatici o grandi gesti pubblici, si apre una via di dialogo che non cerca l’uniformità delle preghiere, ma la condivisione della dignità umana, del rispetto reciproco, dello sguardo attento su una tradizione di fede diversa.

https://cdn-imgix.headout.com/blog-content/image/e09cb04993cc37c8cbc08bba09dccdd5-AdobeStock_126014946.jpeg?auto=format&crop=faces&fit=crop&q=90

La scelta di Papa Leone ha molte chiavi di lettura:

  • Un segnale di apertura interreligiosa. In un momento storico segnato da tensioni religiose e conflitti suicidi in nome della fede, il gesto di entrare scalzo in una moschea riveste un significato alto: quello di riconoscere nell’altro un fratello, nella diversità un ponte anziché un muro. Alcuni commentatori parlano di “una speranza per chi crede nella cultura del dialogo”.

  • Un atto di umiltà e rispetto. Il rispetto delle consuetudini locali — togliere le scarpe, non invadere gli spazi riservati alla preghiera — dimostra attenzione e sensibilità verso l’Islam e i suoi fedeli. In un mondo dove i simboli religiosi sono spesso usati come strumento di divisione, un Papa che cammina scalzo su un tappeto sacro manda un messaggio di fraternità.

  • Una volontà di dialogo senza omologazione. Non si tratta di una volontà di sincretismo: la scelta di non pregare non è un rifiuto, ma un modo per evitare equivoci. Il Pontefice non vuole che il gesto sia interpretato come adesione a un altro credo, ma come riconoscimento del valore e della dignità di ogni tradizione religiosa. Come già ricordato dalla dottrina del dialogo interreligioso sancita dal Concilio Vaticano II, l’obiettivo è il rispetto reciproco e la collaborazione per la pace.

  • Un richiamo urgente alla fratellanza universale. Nella cornice del suo viaggio, il Pontefice ha rivolto un appello contro ogni forma di fondamentalismo, violenza e uso strumentale della religione per giustificare guerre o discriminazioni. La visita alla Moschea Blu diventa così metafora di un mondo in rotta — ma non senza speranza.

Non è passata inosservata un’assenza significativa: Papa Leone non ha visitato Hagia Sophia, il complesso storico di Istanbul che per secoli fu basilica, poi moschea, poi museo, recentemente riconvertito in moschea. Tutti i suoi predecessori avevano incluso Hagia Sophia nelle visite.

Secondo fonti vicine al Vaticano, la decisione non è motivata da divergenze verso l’edificio in sé, ma da una scelta di sobrietà e delicatezza. Visitare la Moschea Blu — edificio attivo, luogo di preghiera quotidiano — appare come un gesto simbolico più adatto agli intenti di rispetto interreligioso e dialogo; Hagia Sophia, teatro negli ultimi anni di polemiche sull’identità religiosa e culturale, avrebbe potuto generare fraintendimenti inutili. In altri termini: un gesto meditato, consapevole, che cerca la comunione spirituale senza enfasi né strumentalizzazioni.

https://cdn-imgix.headout.com/media/images/fd89223056e350ae524f6c6120198677-Bluemosqueistanbul.jpg?ar=16%3A9&auto=format&crop=faces&fit=crop&h=687.6&q=90&w=1222.3999999999999

Da Nicea a Istanbul: un viaggio nel segno dell’unità cristiana e del dialogo

La visita del Papa è inserita in un contesto più vasto: il 28 novembre, prima tappa del viaggio in Turchia, è stato a Iznik — l’antica Nicea — per commemorare i 1700 anni del Concilio di Nicea, evento che sancì le fondamenta della dottrina cristiana comune. Lì, insieme a leader cristiani di varie confessioni, ha invocato l’unità, condannato il fondamentalismo e l’uso della religione per giustificare la guerra.

Subito dopo la visita alla Moschea Blu, Leone ha incontrato rappresentanti delle Chiese e comunità cristiane a Istanbul, nella chiesa ortodossa siriaca di Mor Ephrem. Nel pomeriggio, si è svolto un altro momento significativo: la firma di una dichiarazione comune con il Patriarca Bartolomeo I nella chiesa patriarcale di San Giorgio, con l’obiettivo — storico — di definire una data unica per la celebrazione della Pasqua tra Oriente e Occidente.

È in questo intreccio di cammini — tra Cristianesimo e Islam, tra storia e presente, tra memoria e futuro — che la visita del Papa assume il suo significato più alto. Non come atto isolato, ma come momento di incontro, dialogo, costruzione.

Speranze, attese e qualche riserva

Il gesto di Papa Leone ha già suscitato commenti positivi da molte parti: rappresentanti interreligiosi, intellettuali impegnati per il dialogo, membri di comunità cristiane e musulmane, segnano come “segno di speranza” quella visita silenziosa ma ricca di significato. Un osservatore l’ha definita «una speranza per chi crede nella cultura del dialogo». 

C’è tuttavia chi – in ambienti più tradizionalisti – guarda con cautela tale apertura, temendo che il rispetto per l’altro si traduca in ambiguità. La decisione di non pregare, pur rispettosa, viene vista da qualcuno come assenza di impegno spirituale, quasi come un’“evasione” del significato religioso vero. Altri — invece — apprezzano proprio quella scelta: chiara, misurata, priva di spettacolarità, ma capace di unire senza uniformare.

Sul piano diplomatico, la visita può rafforzare il ruolo del Papa non solo come guida spirituale, ma anche come mediatore di pace: in un’area attraversata da tensioni religiose e politiche, l’Italia e il Vaticano potrebbero assumere spazio per promuovere il dialogo e la convivenza.

Un’icona architettonica, un ponte culturale

La Moschea Blu non è solo un luogo di culto: è un simbolo di secoli di storia ottomana, di bellezza artistica, di incontri culturali. Completata nel 1617 per volontà del sultano Ahmed I, sorge nella zona che un tempo ospitava il Gran Palazzo di Costantinopoli. Le sue cupole, le sei torri minareti che la rendono unica, e le sue pareti decorate con piastrelle di Iznik — dai toni turchesi e blu — la rendono tra i luoghi più celebri al mondo.

Entrarvi scalzo significa rispettare secoli di tradizione religiosa e architettonica. Significa riconoscere che quel luogo non è solo storia, ma ancora oggi casa di preghiera e umiltà. Significa – per un Papa – ammettere che la fragilità umana, il silenzio, la contemplazione sono valori che trascendono le appartenenze confessionali.

https://static.sky.it/editorialimages/9e106fcbf4342321a141997147ce3b2730d9d9fa/skytg24/it/mondo/2025/11/29/papa-leone-visita-moschea-blu-istanbul-turchia/papa-istanbul-moschea-blu-ansa13.jpg?im=Resize%2Cwidth%3D480

Il gesto di Papa Leone XIV — pur breve e privato — potrebbe tracciare una strada nuova nei rapporti tra cristianesimo e islam, tra Vaticano e Turchia, tra comunità religiose e società civile. Ma perché questo avvenga, serve coerenza nei gesti successivi, concretezza nelle proposte, pazienza nel dialogo.

È probabile che questa visita alimenti nuove iniziative di dialogo interreligioso: programmi di scambio, iniziative comuni di pace, percorsi di riflessione condivisa. Potrebbe essere l’occasione per rafforzare relazioni tra cristiani e musulmani in Europa e nel Medio Oriente, in un momento in cui le divisioni sembrano prevalere.

Una visita che parla al futuro

Quando Papa Leone XIV ha tolto le scarpe al portone della Moschea Blu, non ha solo compiuto un gesto di cortesia verso una tradizione religiosa: ha lasciato una traccia per chi verrà dopo di lui. Ha ricordato che la fede non è necessariamente separazione, ma può essere incontro. Che il sacro può aprire finestre, non soltanto confini.

In un mondo troppo spesso diviso da muri — geografici, culturali, spirituali — quel passo scalzo dentro un luogo sacro a un’altra religione è diventato un segnale. Un invito a rivedere le proprie paure, a riconoscere l’altro non come estraneo, ma come potenziale fratello.

29 Novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA