🌐 Terremoto giudiziario scuote la finanza italiana
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ToggleInchiesta sulla scalata a Mediobanca: indagati Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS), Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e Luigi Lovaglio
Roma–Milano – I vertici di MPS e due dei principali gruppi economico-industriali del paese sono finiti sotto indagine nell’ambito dell’acquisizione di controllo di Mediobanca da parte della banca senese. Le accuse parlano di aggiotaggio e di ostacolo alle autorità di vigilanza — ipotesi gravi che, se confermate, mettono in discussione la legittimità dell’intera operazione di “scalata” finanziaria.
La notizia arriva nel pomeriggio del 27 novembre: secondo la procura di Milano, da mesi sotto osservazione nell’inchiesta coordinata dal pool guidato dal procuratore aggiunto Roberto Pellicano, sarebbe stato stipulato un accordo fra MPS, il gruppo Caltagirone e la holding lussemburghese Delfin s.a.r.l. — controllata da Delfin e riconducibile alla famiglia Del Vecchio, con alla guida lo stesso Milleri — al fine di ottenere, con un’Offerta pubblica di scambio (OPS) da 13,5 miliardi di euro, il controllo di Mediobanca senza rispettare le procedure di trasparenza richieste.
Gli indagati e le contestazioni
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Francesco Gaetano Caltagirone — noto imprenditore ed editore, con partecipazioni in diversi settori, dalla finanza all’immobiliare, dall’editoria ai servizi.
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Francesco Milleri — presidente del gruppo Luxottica e a capo della holding Delfin, che detiene significative quote sia in MPS che in Mediobanca.
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Luigi Lovaglio — amministratore delegato di MPS, figura chiave dell’operazione di acquisizione; su di lui pende un avviso di garanzia e il decreto di perquisizione notificato nella sede milanese dell’istituto.
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Le società Gruppo Caltagirone e Delfin s.a.r.l. sono iscritte nel registro degli indagati ai sensi della legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti.
Le ipotesi di reato sono due: aggiotaggio — manipolazione del mercato, coordinando acquisti e mosse senza trasparenza — e ostacolo alle funzioni di vigilanza. In sostanza, secondo gli inquirenti, l’accordo sarebbe stato tenuto nascosto sia al mercato sia alle autorità di regolamentazione: la CONSOB (Borsa), la Banca Centrale Europea (sistema creditizio) e la IVASS (assicurazioni).
Le accuse nel dettaglio
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Coordinamento degli acquisti — già a partire dal 2024 — di azioni MPS, cioè il pacchetto ceduto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con procedure accelerate (Accelerated Book Building) tramite Banca Akros: operazione con la quale Delfin, Gruppo Caltagirone e altri soggetti acquisirono ingenti quote dell’istituto senese.
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Acquisti coordinati anche di azioni Mediobanca, contemporaneamente, allo scopo di superare la soglia rilevante del 25% del capitale in modo concertato — soglia che avrebbe dovuto innescare un’Opa obbligatoria per legge.
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Mancata comunicazione agli organi di vigilanza e al mercato di tale “concerto” e di un accordo preventivo sull’OPS, in violazione normativa.
Perché la scalata di MPS a Mediobanca aveva fatto discutere
L’operazione che ha portato MPS a detenere la maggioranza di Mediobanca — con oltre l’86% delle quote secondo l’OPS conclusa a settembre 2025 — aveva suscitato sin dall’inizio perplessità in ambienti finanziari e fra gli analisti. Il board di Mediobanca si era opposto all’offerta definendola “ostile e non conveniente”, denunciando scarsa solidità dell’intesa e mancanza di un progetto industriale credibile.
Critiche erano arrivate anche da advisor prestigiosi come Goldman Sachs, Equita e Centerview Partners, che avevano evidenziato come lo scambio fisso proposto (2,533 azioni MPS per ogni azione Mediobanca) rappresentasse uno sconto significativo rispetto al valore di mercato di entrambe le società.
Già allora si temevano conflitti di interesse: molte delle parti coinvolte — MPS, Delfin, Gruppo Caltagirone — detenevano partecipazioni significative anche in Assicurazioni Generali, compiendo mosse nel mercato azionario che si trascinavano da anni. Alcuni esposti formali erano stati presentati, e l’operazione era ben nota agli addetti ai lavori.
Tuttavia, fino a ieri non era arrivata alcuna iniziativa giudiziaria concreta: la situazione era seguita come “grigio finanziario”, non come un dossier penale. Ora — con perquisizioni, avvisi di garanzia e l’inchiesta ufficiale — la partita assume un altro peso.
La reazione dei mercati
L’effetto sul mercato è stato immediato e violento. Dopo l’annuncio dell’indagine, le azioni di MPS sono crollate fino a oltre il 7%, chiudendo la seduta in calo del 4,5%. Mediobanca, controllata dalla banca senese, ha subito un ribasso del 2–3%.
In un comunicato, MPS ha dichiarato di avere “piena fiducia nelle autorità competenti” e di essere disponibile a fornire tutti gli elementi necessari per chiarire la correttezza dell’operato.
Anche Delfin e Gruppo Caltagirone hanno ribadito la loro estraneità ai fatti contestati, sostenendo di avere agito “nel rispetto delle regole di mercato e delle normative vigenti.”
Dal canto suo, chi aveva criticato l’operazione — voci istituzionali, analisti e talune firme della finanza — vede ora confermata l’irregolarità di un meccanismo di potere che alcuni già definivano opaco.
Aggiotaggio, vigilanza e trasparenza
Il reato di “aggiotaggio” — cioè di manipolazione del mercato — assume qui una dimensione particolarmente delicata perché riguarda la trasparenza nei confronti degli azionisti, delle autorità di vigilanza e del mercato in generale. Se l’accusa di “concerto segreto” fra MPS, Delfin e Caltagirone venisse provata, si tratterebbe di un caso paradigmatico di abuso del sistema finanziario.
In aggiunta, l’“ostacolo alle autorità di vigilanza” — CONSOB, BCE, IVASS — implica che le istituzioni preposte al controllo siano state tenute all’oscuro di una manovra che avrebbe potuto alterare l’assetto competitivo del mercato bancario e assicurativo.
Un elemento centrale dell’inchiesta sarà dimostrare se l’accordo sia stato concertato prima degli acquisti massicci e se quella concertazione — tenuta segreta — abbia influito sulle decisioni normative. Se così fosse, si configurerebbe una frode sistemica, non un semplice errore procedurale.
L’ importanza sistemica
L’importanza dell’operazione non sta soltanto nell’acquisizione di un’istituzione storica come Mediobanca da parte del più antico istituto di credito in attività continua in Italia — MPS. Il nodo vero riguarda l’integrazione verticale di controllo nel sistema finanziario: Mediobanca detiene una quota significativa in Generali, uno dei più grandi gruppi assicurativi europei.
Così, attraverso un unico meccanismo, una piccola cerchia di soggetti — MPS, Delfin, Caltagirone — avrebbe acquisito un’influenza potenzialmente dominante su banca, finanza e assicurazioni. Alcuni analisti giudicavano questa prospettiva pericolosa già quando l’operazione era in corso, paventando conflitti di interesse, parallelismi fra debito bancario e attività assicurativa, concentrazione del potere, perdita di trasparenza. Con l’inchiesta in corso, quelle preoccupazioni non sembrano più esagerate.
Da scandalo finanziario a dossier penale
L’indagine della procura milanese rappresenta un punto di svolta epocale per il cosiddetto “risiko bancario” italiano. Mentre in passato le scalate venivano combattute con comunicati, assemblee, pressioni, oggi le autorità giudiziarie mostrano di voler mettere seriamente mano a ciò che sembra una partita di potere economico-finanziario orchestrata dall’alto.
Questo passaggio da conflitto societario a dossier penale ha conseguenze importanti su più livelli:
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Giuridico: eventuali condanne potrebbero cambiare i vertici delle grandi aziende coinvolte e inasprire la vigilanza sulle operazioni di fusione-acquisizione.
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Economico: la fiducia degli investitori nel sistema bancario/assicurativo potrebbe subire un contraccolpo, con effetti su titoli, obbligazioni, crediti.
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Politico / istituzionale: si riapre il dibattito sul ruolo dello Stato, delle normative, della trasparenza nei grandi asset strategici del paese. In un momento di instabilità finanziaria europea, un caso del genere assume dimensioni nazionali.
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Etico e sociale: la vicenda ripropone il tema della concentrazione di ricchezza e potere, e della distanza fra élite economica e cittadini — clienti, risparmiatori, cittadini comuni.
Cosa aspettarsi nelle prossime settimane
L’indagine è appena iniziata. La Guardia di Finanza ha già eseguito perquisizioni e acquisito documentazione in più sedi: banche, uffici, holding. Ora si dovrà verificare:
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se esistono email, accordi scritti o verbali che dimostrino il “concerto” preventivo;
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l’evoluzione delle partecipazioni: chi ha comprato cosa, quando, e con quale logica;
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se le autorità di vigilanza — CONSOB, BCE, IVASS — sono state informate nei tempi e con le modalità previste dalla legge;
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il ruolo delle società coinvolte, non solo delle persone fisiche: Delfin, Gruppo Caltagirone, probabilmente altre entità usate come “veicoli”.
Nel frattempo, il mercato rimane in tensione: MPS e Mediobanca resteranno sotto osservazione, e anche gli investitori istituzionali faranno i conti con l’incertezza.
Un caso-pilota
La vicenda MPS–Mediobanca rischia di lasciare un segno profondo nella regolamentazione del sistema bancario e finanziario italiano. Se l’inchiesta dovesse portare a condanne – anche solo sotto forma di multe o interdizioni – la strada per le future scalate sarebbe inevitabilmente segnata da una maggiore trasparenza, controlli rafforzati, limiti più rigidi ai giochi incrociati tra banche, assicurazioni e grandi patrimoni.
In un paese come l’Italia, dove le banche storiche sono state salvate più volte in nome della stabilità sistemica — come già accaduto con MPS negli anni passati — la sfida sarà anche culturale: far capire che potere economico e responsabilità sociale devono andare di pari passo.
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