10:09 am, 17 Ottobre 25 calendario

Shimon Sakaguchi e il cancro: il Nobel, le cellule regolatorie e la battaglia immunitaria

Di: Redazione Metrotoday
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L’annuncio che segna una svolta

Il 6 ottobre 2025 il mondo della scienza ha assistito a un annuncio che ha suscitato unanimemente attenzione e speranza: il Premio Nobel per la Fisiologia o Medicina è stato assegnato a Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi, “per le loro scoperte riguardanti la tolleranza immunitaria periferica”.

Per Sakaguchi, immunologo giapponese classe 1951, è un riconoscimento di lungo corso che premia decenni di perseveranza nella ricerca su come il sistema immunitario sia regolato per non attaccare il corpo stesso — un tema centrale per le malattie autoimmuni, la rigettabilità nei trapianti, ma anche per la lotta contro il cancro.

Nell’intervista ufficiale rilasciata alla Fondazione Nobel, Sakaguchi ha ricordato il momento in cui ha saputo: «È stata una sorpresa piacevole. Sono molto felice che il nostro contributo all’immunologia, specialmente alla tolleranza immunologica, sia stato riconosciuto». Poi ha aggiunto, con l’umiltà che da sempre lo contraddistingue: «Quando scopriamo che ciò che facciamo può applicarsi in clinica, allora si può apprezzare; fino ad allora, dobbiamo continuare a lavorare con la speranza che i risultati siano utili».

In Giappone, nei pressi dell’Università di Osaka, dove Sakaguchi opera, si è tenuta una conferenza stampa in cui il docente ha dichiarato di voler usare questo riconoscimento per intensificare la collaborazione tra immunologi e medici, puntando su terapie che modulino il comportamento delle cellule regolatorie (Tregs).

Il cancro come terreno di applicazione

L’assegnazione del Nobel non celebra solo una scoperta fondamentale nella biologia immunitaria, ma porta con sé attese concrete nel campo oncologico. La ragione è che modulare il sistema immunitario — renderlo più aggressivo contro il tumore o meno reattivo contro i tessuti del corpo — è la chiave delle terapie immunoterapiche.

La scoperta centrale sta nelle cellule T regolatorie (Tregs): un sottoinsieme di linfociti T che fungono da guardiani, reprimendo risposte immunitarie troppo aggressive che potrebbero attaccare tessuti sani. Se queste cellule sono troppo attive, possono indebolire la risposta al tumore; se carenti, il rischio è la comparsa di malattie autoimmuni.

Sakaguchi, già fin dagli anni Novanta, postulò l’esistenza in periferia (cioè fuori dal timo) di cellule immunitarie in grado di sopprimere reazioni indesiderate. La sua intuizione trovò conferma con l’identificazione del marker CD25 su queste cellule, e in anni successivi, con l’assegnazione del gene FOXP3, scoperto da Brunkow e Ramsdell, come “interruttore” delle Tregs.

In contesti tumorali, le Tregs infiltrano spesso l’ambiente del tumore (il microambiente tumorale) e ne “spengono” la risposta immunitaria, proteggendo il cancro dall’attacco delle cellule T effettive. Di qui l’idea che una strategia terapeutica promettente possa essere inibire le Tregs localmente in tumori specifici, senza compromettere l’equilibrio immunitario generale.

Oltre al cancro, la regolazione immunitaria è cruciale nei trapianti di organi: impedire il rigetto mantenendo una risposta adeguata contro infezioni è un equilibrio delicato. Le scoperte premiate potrebbero favorire trattamenti che usano o potenziano Tregs per favorire la tolleranza agli organi trapiantati, riducendo la necessità di immunosoppressori generici.

In malattie autoimmuni come il diabete tipo 1, l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla, la modulazione delle Tregs rappresenta una delle strade più promettenti per ristabilire l’omeostasi immunitaria, senza sopprimere l’intero sistema.

Dalla psichiatria alla immunologia

La carriera di Sakaguchi non è cominciata nell’immunologia. Nato in una famiglia di medici e inizialmente orientato verso la psichiatria, fu la curiosità per i meccanismi di difesa del corpo a spingerlo verso l’immunologia durante gli studi a Kyoto. In un’intervista, ha spiegato che l’immunità non è solo difesa, ma equilibrio, e che in questo equilibrio la fragilità biologica e la soggettività si intrecciano: «I confini tra ciò che è sé e ciò che non è sé possono variare».

Tra gli appuntamenti della sua carriera figura un periodo post‑doctoral alla Johns Hopkins, negli anni Ottanta, dove si confrontò con modelli immunologici e affinò tecniche che furono determinanti nelle scoperte successive.

Quando iniziò a proporre l’idea che esistessero cellule immunitarie capaci di inibire risposte immunitarie in periferia, molti colleghi ritennero l’ipotesi rischiosa, fuori paradigma. La convinzione di Sakaguchi, però, era che i dati sperimentali — in particolare negli studi su topi che sviluppavano autoimmunità dopo rimozione del timo (neonatal thymectomy) — suggerissero che non solo i meccanismi nel timo erano sufficienti.

In Giappone il sostegno istituzionale ha giocato un ruolo significativo. Organismi come AMED hanno supportato Sakaguchi in progetti di ricerca oncologica correlati alle sue scoperte.

Sul fronte tecnologico e applicativo, Sakaguchi è cofondatore di RegCell, azienda biotech che punta a tradurre le scoperte sul comportamento delle Tregs in terapie reali contro malattie immunitarie e trapianti.

Inoltre, un’opera collaborativa con l’industria farmaceutica ha già prodotto anticorpi anti‑CCR8 diretti alle Tregs infiltranti i tumori, attualmente in sperimentazione clinica come potenziale nuova arma antitumorale.

Stimolare o frenare l’immunità

Uno dei problemi centrali è che il sistema immunitario è una rete di equilibri estremamente fine. Spingere verso una maggiore tolleranza può favorire tumori o infezioni; indebolire la tolleranza può scatenare autoimmunità. Ogni intervento richiede targeting selettivo, controlli rigorosi e biomarcatori affidabili.

Molti studi si concentrano sull’identificazione di sottosistemi delle Tregs che siano meno protettivi contro il tumore e più tolleranti nei tessuti sani, approcci a bersaglio doppio, o terapie ibride che modulino la risposta in modo contestuale.

Il tema della “tolleranza immunitaria” non è nuovo: si può rintracciare fino a Paul Ehrlich e il concetto di horror autotoxicus, l’idea che il corpo non può essere progettato per danneggersi da solo. Ma per molto tempo l’attenzione si è concentrata sul concetto di “centrale tolleranza”, cioè l’eliminazione dei linfociti autoreattivi nel timo.

Negli anni ’70 e ’80, emergono ipotesi alternative: meccanismi periferici che regolano risposte immunitarie una volta che le cellule T sono già nel corpo. Ma mancavano le evidenze sperimentali. È qui che l’impegno di Sakaguchi ha fatto la differenza: la dimostrazione che cellule mature possono “sopprimere” reazioni immunitarie in vivo ha aperto la strada a un nuovo paradigma.

Negli anni 2000 l’identificazione del gene FOXP3 è stata la pietra miliare: senza quel gene, le cellule non diventano Tregs. I topi mutanti (modello “scurfy”) sviluppano patologie autoimmuni fulminanti; nell’uomo, mutazioni in FOXP3 provocano la sindrome IPEX, condizione estremamente grave.

Le reazioni nel mondo scientifico

L’assegnazione del Nobel ha suscitato un’onda di plauso. L’European Society for Immunology l’ha definita “storica”, sottolineando che il riconoscimento porta attenzione a un campo che è spesso tecnico e poco noto al grande pubblico.

In Giappone, l’agenzia AMED ha ricordato che Sakaguchi è l’ultimo di una lunga serie di scienziati giapponesi insigniti del Nobel: la sua vittoria rafforza la posizione del paese nella ricerca biomedica internazionale.

L’Università di Osaka ha celebrato il premio come una prima volta nella storia dell’ateneo, sottolineando l’importanza di un premio che nasce e cresce “in loco”, dentro la comunità accademica. Nel mondo accademico, già si parla di nuove generazioni di ricercatori che vedono nella modulazione delle Tregs un orizzonte di ricerca vivissimo — non solo come estensione teoretica, ma come sfida terapeutica concreta.

 “Passo dopo passo, un contributo”

Una frase che ritorna spesso nelle parole di Sakaguchi è: «Un giorno, quando le nostre scoperte potranno essere utilizzate in clinica, il riconoscimento avrà senso; finché ciò non accade, continueremo a lavorare». È un’affermazione che richiama la natura fondamentale della ricerca: non sempre immediatamente applicabile, ma necessaria per costruire le basi su cui medici e pazienti potranno contare. In un’epoca in cui la scienza è spesso percepita come tenera di promesse facili, il Nobel a Sakaguchi ricorda che la perseveranza, l’umiltà e la solidità sperimentale possono portare a svolte reali.

17 Ottobre 2025
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