L’agonia lampo del governo Lecornu: la Francia precipita in un abisso politico
La democrazia francese conosce da ieri un capitolo di caos senza precedenti: il primo ministro appena nominato, Sébastien Lecornu, ha rassegnato le dimissioni poche ore dopo aver presentato il suo governo. Una caduta lampo — 14 ore dopo la formazione dell’esecutivo — che ha scatenato uno shock istituzionale e aperto un vuoto politico profondo, all’interno di un panorama già segnato da instabilità cronica.
Il Quarantasettesimo governo della Quinta Repubblica è così destinato a entrare nei libri di storia non solo per la rapidità della sua fine, ma per l’immagine plastica della fragilità del potere esecutivo in una Francia dove le divisioni parlamentari, la sfiducia reciproca e le tensioni interne sembrano avere sopravanzato la capacità di governare.
Dal “governo di rottura” alla resa
Il 5 ottobre 2025, Lecornu presenta la lista dei ministri: un governo che, sulla carta, avrebbe dovuto incarnare un nuovo slancio. Tuttavia, molti dei nomi scelti risultavano vicini alle amministrazioni precedenti, suscitando da subito critiche sull’assenza di discontinuità con l’era del suo predecessore, François Bayrou. Il giorno dopo, con il primo consiglio ministeriale ormai imminente, Lecornu si è recato all’Élysée per consegnare la sua lettera di dimissioni, prontamente accettata dal presidente Emmanuel Macron.
Nel comunicato presidenziale si legge che Lecornu «ha presentato le dimissioni del suo governo, che il presidente ha accettato». Macron, tuttavia, non ha archiviato la situazione: ha affidato al dimissionario l’incarico di condurre negoziati con le forze politiche per tentare una “piattaforma d’azione e stabilità nazionale” entro mercoledì, concedendogli 48 ore per tentare un’ultima mediazione.
Il tempo di Lecornu al Matignon è stato dunque limitato: nominato il 9 settembre, cade il 6 ottobre. Eppure la decisione di dimettersi in così breve termine – a soli 27 giorni dall’insediamento – è destinata a segnare una cesura con il modello politico francese recente.

Le ragioni dietro la caduta
Le dimissioni anticipate non sono soltanto il risultato di una maggioranza fragile, ma anche della collisione fra promesse di rottura e retorica di continuità. Lecornu aveva annunciato che non avrebbe usato l’articolo costituzionale 49.3 (che consente al governo di far passare un testo senza voto in Parlamento) per imporre la manovra di bilancio 2026. Il suo intento era di puntare su una grammatica del consenso, sulla mediazione, sul coinvolgimento delle opposizioni. Ma questo approccio si è scontrato, fin da subito, con l’impossibilità di trovare sintesi tra fazioni che chiedevano modifiche radicali e partiti che si sentivano traditi dall’assenza di novità.
I Repubblicani (LR), parte della coalizione parlamentare, sono stati i primi a sollevare obiezioni sulla composizione del governo: alcuni ministri troppo legati a Macron, decisioni considerate poco coraggiose, rimodulazioni del programma promesso. Il giorno stesso della presentazione, alcuni esponenti LR criticarono apertamente la lista ministeriale, denunciando che non rispettasse le promesse di rinnovamento e che replicasse equilibri già visti.
Le opposizioni — a sinistra e a destra — hanno colto la fragilità del governo. L’estrema destra del Rassemblement National ha chiesto elezioni anticipate; la sinistra radicale ha denunciato, quasi subito, lo spettacolo del potere impotente. Con un Parlamento diviso tra tre grandi blocchi — il centro, la sinistra e la destra — l’assenza di un’egemonia chiara ha reso vano il tentativo di Lecornu.
Il contesto del braccio di ferro istituzionale
Per capire come siamo arrivati a questo momento, è necessario guardare alla crisi politica che attraversa la Francia da mesi. Le elezioni legislative del 2024 hanno prodotto una Assemblea Nazionale senza maggioranza stabile, dove il centrista blocco di Macron conviveva con una sinistra accresciuta e una destra in crescita. Il collante non c’era: molti governi si sono succeduti in rapida successione.
Prima di Lecornu, c’era stato il governo di Michel Barnier, poi quello di François Bayrou, caduto il 8 settembre 2025 in un voto di fiducia straordinario: 364 deputati votarono contro di lui, 194 a favore. La logica dell’aut-aut, del ricatto parlamentare e della negoziazione impossibile ha caratterizzato l’intera legislatura in salita.
Il governo Lecornu si inserisce quindi in una traiettoria già precaria: era il tentativo di risalire la china, di ricucire rapporti, di offrire un’immagine di unità. Ma le tensioni erano già troppo alte, i veti troppo radicati, le aspettative troppo divergenti.

Sébastien Lecornu: dal ministero delle Forze Armate all’Esecutivo
La figura di Lecornu merita una riflessione più profonda nel mezzo della tempesta. Nato nel 1986, è un politico con lunga esperienza nei governi precedenti: è stato ministro degli Esteri, degli Enti Locali, delle Collettività d’oltremare, e dal 2022 al 2025 ministro della Difesa. La sua ascesa al ruolo di primo ministro era vista come una mossa di Macron per consolidare l’alleanza con i segmenti più moderati e tecnocratici dell’élite politica.
Prima della nomina a premier, Lecornu era considerato vicino alla corrente Gaullista/seguinista, con impronte conservatrici ma al tempo stesso con un profilo che poteva fungere da mediatore. È passato da LR a Renaissance (il partito di Macron), rappresentando una figura ponte tra il mondo della destra istituzionale e i centristi di governo.
Eppure — è il paradosso della sua nomina — la sua legittimità non è bastata a plasmare una coalizione durevole. Il richiamo al governo “di rottura” è stato immediatamente messo in crisi: troppe delle sue scelte sembravano già tracciate, troppo simili a quelle dei governi precedenti. In tal senso, il suo breve mandato non è stato una anomalia: è l’esito coerente di un sistema politico che sembra incapace di rigenerarsi se non attraverso crisi continue.
La caduta del governo ha avuto ripercussioni anche in campo economico. Le agenzie di rating hanno già segnalato che la instabilità politica francese mina la credibilità delle finanze pubbliche. La Francia è percepita come un rischio più alto — il deficit previsto è ormai oltre il 5% del PIL, il debito si avvicina al 115% del PIL. Le tensioni sui mercati si sono riflesse nel calo della Borsa di Parigi, nell’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e nella perdita di fiducia degli investitori.
Sul piano diplomatico, l’Europa osserva con preoccupazione: la Francia è un pilastro centrale dell’Unione europea, motore di iniziative multilaterali, partner strategico nella difesa europea. Ma un esecutivo effimero e un Parlamento in stallo rendono difficile qualsiasi leadership decisa. Le discussioni su bilanci europei, politiche migratorie, ruolo in Ucraina e relazioni con la NATO diventano più complicate se Parigi perde centralità istituzionale.
Le mosse di Macron
Di fronte al collasso dell’ultimo tentativo governativo, Macron ha di fronte tre scelte — nessuna delle quali appare semplice:
- Nominare un nuovo primo ministro — cercando stavolta una figura capace di tenere insieme la maggioranza o almeno di guadagnarsi credito fra le forze politiche. Ma ogni nome nuovo rischia le stesse difficoltà: veti incrociati, richieste irriducibili, coalizioni che si disfano prima di nascere.
- Rompere gli indugi e sciogliere l’Assemblea Nazionale — indire nuove elezioni legislative anticipate con la speranza di un risultato più chiaro. Ma è una mossa rischiosa: potrebbe rafforzare l’estrema destra o la sinistra radicale, riducendo la tenuta del centro.
- Mantenere Lecornu come dimissionario e condurre negoziati finali — l’ipotesi che Macron ha scelto nel primo momento: affidare al dimissionario il compito di mediare un accordo entro 48 ore, con la possibilità che lo stesso Lecornu venga riconfermato.
Il governo più breve della Quinta Repubblica
Non è la prima volta che un governo francese cade rapidamente, ma la durata effettiva delle dimissioni di Lecornu è senza precedenti nella storia moderna. Il tempo trascorso fra la presentazione del governo e le dimissioni è di 14 ore — un intervallo che fa di questo esecutivo il più effimero nella Quinta Repubblica.
È simbolo di una “governance senza resistenza”: un governo che nasce già sotto tensione, privo di tempo per legittimarsi, costretto a cadere prima ancora di iniziare. È un monito forte alla debolezza delle istituzioni se costrette a confrontarsi con parlamenti frammentati e leadership fragili.
La Francia in bilico….
Quando Sébastien Lecornu ha deposto la sua carica dopo 14 ore dalla nascita del governo, non ha soltanto dato spettacolo: ha messo in evidenza il cuore della crisi che attraversa la Francia. È una crisi di identità politica, di gestione parlamentare, di leadership. È una crisi che accompagna un intero sistema istituzionale che sembra aver perso l’inerzia necessaria per governare davvero.
Il presidente Macron ora affronta la sua principale prova: scegliere se continuare sul terreno della mediazione forsennata o rischiare con elezioni anticipate. In un anno che si proietta ormai verso la campagna presidenziale del 2027, la Francia attende una nuova stagione, ma ha mostrato che il prossimo governo dovrà avere gambe robuste, visione strategica e capacità di dialogo con un Parlamento diviso.
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