8:53 am, 5 Ottobre 25 calendario

Italia-Israele, asse strategico da oltre 4 miliardi di euro

Di: Redazione Metrotoday
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Commercio, difesa, energia e tecnologia: come Roma e Tel Aviv hanno costruito un’intesa che pesa sul Pil e sulla politica estera italiana

Negli ultimi anni il rapporto tra Italia e Israele ha assunto toni e contenuti che vanno ben oltre la tradizionale diplomazia cordiale: scambi commerciali intensi, intese militari, progetti energetici ed una crescente collaborazione in ricerca e high tech hanno trasformato il legame in una vera e propria alleanza economica strategica. Il valore complessivo delle relazioni — tra flussi commerciali, investimenti diretti e contratti commerciali chiave — viene oggi stimato in margini superiori ai 4 miliardi di euro, cifra che fotografa un rapporto in espansione e dall’alto contenuto politico ed economico.

Quanto vale davvero il rapporto tra Italia e Israele

Il commercio bilaterale tra Italia e Israele non è monolitico: comprende beni finiti (macchinari, componentistica, prodotti chimici), alimentari e agroindustria, tecnologie per l’informazione, servizi professionali e, in misura più contenuta, materiali a duplice uso e autorizzazioni all’export nel settore della difesa. Le statistiche internazionali collocano l’Italia tra i principali partner europei di Tel Aviv, con un flusso di esportazioni che, a seconda delle fonti e delle metriche, si colloca in miliardi di euro l’anno. Dati recenti indicano come l’Italia esporti verso Israele merci per miliardi di euro e che l’interscambio complessivo giochi ormai un ruolo rilevante nelle relazioni economiche di entrambe le parti.

A questo si aggiungono investimenti diretti e progetti di lungo periodo: joint venture su tecnologia agricola (agritech), accordi per il trasferimento di know-how in ambito sanitario e biotecnologico, e partnership aziendali nella robotica e nel software avanzato. Se si sommano export, commesse e piani pluriennali, il valore economico della relazione supera ed è spesso stimato oltre la soglia dei 4 miliardi complessivi.

Difesa e sicurezza: il capitolo più sensibile

Negli ultimi anni è stato sottoscritto un Memorandum of Understanding sulla cooperazione militare che ha dato ritmo operativo alle intese tra i due Paesi: esercitazioni congiunte, scambi di formazione, commesse per componentistica militare e accordi sullo sviluppo di piattaforme dual-use. La rinnovata focalizzazione italiana sulla capacità di deterrenza e sulla cooperazione con partner mediorientali ha fatto della collaborazione con Israele uno snodo strategico per Roma.

Tuttavia, la dimensione difensiva è anche quella che più suscita dibattito pubblico. In Italia sono emerse proteste sindacali, petizioni e iniziative giudiziarie che chiedono la revisione o la sospensione degli accordi militari con Tel Aviv in particolari contesti regionali, come l’escalation bellica nella Striscia di Gaza. Nei porti italiani si sono verificati blocchi e azioni sindacali per impedire il transito di materiale che alcuni operatori ritengono destinato a teatri di guerra, e la questione degli armamenti e dei beni dual-use resta sensibile per l’opinione pubblica e per gli osservatori internazionali.

Al di là della contingenza, la cooperazione militare comporta procedure di autorizzazione all’export e verifiche di conformità molto rigorose: l’Italia, come gli altri Paesi dell’UE, deve bilanciare interessi commerciali, obblighi internazionali e vincoli di politica estera.

Energia e gas: le nuove rotte nel Mediterraneo

Il capitolo energetico ha assunto peso crescente, soprattutto dopo le turbolenze del mercato del gas e le tensioni geopolitiche con alcuni fornitori tradizionali. Israele, con i suoi giacimenti offshore, si è giocato la carta di partner affidabile per l’Europa mediterranea. Per l’Italia la prospettiva di diversificare le fonti energetiche ha significato esplorare intese commerciali e infrastrutturali: progetti di approvvigionamento di gas liquefatto, studi congiunti per pipeline e hub di ricezione nel Mediterraneo e collaborazioni per lo sviluppo di tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio. Alcuni forum economici internazionali e tavoli bilaterali hanno messo in luce opportunità per compagnie italiane interessate a partecipare a progetti di estrazione, trattamento e trasporto.

Va detto però che i progetti su gas richiedono investimenti enormi e tempi lunghi: la politica italiana deve tenere insieme sicurezza energetica, compatibilità ambientale e sensibilità diplomatica verso i Paesi limitrofi. L’energia dunque è un ponte possibile — ma fragile — tra Roma e Tel Aviv.

Tecnologia e innovazione: il terreno fertile dell’intesa

Se il capitolo energetico assicura materie prime e infrastrutture, è il settore tech a rappresentare il cuore più dinamico del rapporto. Israele, spesso definito “startup nation”, è un ecosistema vivace per cybersecurity, intelligenza artificiale, agritech e medtech; molte imprese italiane guardano a Tel Aviv per investimenti e joint-venture. Intese per l’incubazione di startup, programmi universitari congiunti e accordi tra poli di ricerca hanno favorito un flusso di competenze e capitali. Per l’Italia, valorizzare questa collaborazione significa modernizzare industrie tradizionali, trasferire competenze digitali e accelerare processi di de-risorse in settori avanzati.

La cooperazione genera benefici misurabili: scambi di brevetti, partecipazione a network di ricerca europei e contratti per forniture tecnologiche di alto valore aggiunto. È la parte meno visibile all’opinione pubblica, ma forse la più strategica sul piano di lungo termine.

I settori dell’agroalimentare e del made in Italy

L’Italia esporta anche prodotti tipici, vino, conserve e macchinari per la trasformazione agroalimentare. I rapporti commerciali consolidati con il mercato israeliano hanno portato a flussi stabili, catene di fornitura affidabili e collaborazioni tra consorzi di tutela e distributori. Questi scambi, pur meno appariscenti rispetto a intese militari o accordi energetici, sono fondamentali per molte imprese medie-piccole italiane, spesso radicate in territori dove l’export verso Israele costituisce una fetta importante del fatturato.

La questione delle armi

Negli ultimi mesi si è assistito a una crescente mobilitazione di sindacati portuali, associazioni civili e gruppi politici contrari a certe forniture verso Israele, specie in concomitanza con escalation belliche nella regione. Alcune autorità portuali hanno bloccato l’ingresso di camion sospettati di trasportare materiale sensibile; manifestazioni hanno avuto luogo a sostegno della popolazione palestinese o per chiedere più trasparenza sulle commesse militari. Queste iniziative hanno portato il tema della responsabilità delle catene produttive e della regolamentazione dell’export al centro del dibattito pubblico.

A livello legislativo e giudiziario, gruppi di giuristi e associazioni hanno sollevato ricorsi chiedendo la sospensione o la revisione dei memorandum di cooperazione militare, appellandosi a principi di diritto internazionale e di responsabilità civile. La tensione tra esigenze strategiche e impegni etici verso la protezione dei civili resta il nodo più acceso.

Roma tra Bruxelles, Washington e il Mediterraneo

L’asse con Israele va letto anche nello scenario geopolitico più ampio: l’Italia deve bilanciare la propria politica estera tra il sostegno ai partner europei, l’alleanza transatlantica e la gestione delle crisi regionali nel Vicino Oriente. Le scelte di cooperazione economica e militare con Tel Aviv spesso si intrecciano con posizioni su dossier internazionali — dalla sicurezza energetica alle missioni di pace nel Mediterraneo — e con la necessità di non alienare interlocutori arabi fondamentali per il controllo dei flussi migratori e per la stabilità regionale.

La politica italiana — indipendentemente dagli schieramenti — appare pragmatica: collaborare dove conviene, dialogare con Bruxelles per avere coperture multilaterali e gestire le ricadute interne con misure a sostegno di imprese e territori.

Quando l’asse ha prodotto grandi commesse

Negli ultimi anni alcuni contratti hanno illustrato la portata della cooperazione: forniture tecnologiche per reti di comunicazione, accordi di manutenzione per asset navali, investimenti in startup biotech e commesse per infrastrutture energetiche. Queste operazioni hanno non solo valore economico immediato ma anche effetti moltiplicatori sul tessuto industriale nazionale: contenuti tecnologici trasferiti, occupazione qualificata e ricadute negli indotti. Non mancano però esempi in cui controversie politiche hanno rallentato o rinegoziato i termini degli accordi, mostrando come la stabilità politica resti condizione necessaria per la prosperità commerciale.

Un bilancio in movimento

L’alleanza economica tra Italia e Israele è un mosaico complesso: si compone di relazioni commerciali concrete, di punti di contatto in difesa e sicurezza, di opportunità tecnologiche e di rischi geopolitici. Il valore stimato — che supera soglie di 4 miliardi — non è solo cifra economica, ma rappresenta la posta in gioco di una politica estera che cerca sicurezza energetica, vantaggi competitivi e ragioni di influenza nel Mediterraneo.

Per Roma la sfida è bilanciare vantaggi immediati e responsabilità a lungo termine: mantenere i flussi commerciali e la collaborazione tecnologica, senza però trascurare l’impatto sulle regole internazionali, sui diritti e sulla coesione sociale interna. 

5 Ottobre 2025 ( modificato il 4 Ottobre 2025 | 23:02 )
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