Revolut in Italia: boom digitale, nuova soglia, sfide all’orizzonte
È una tappa importante quella appena raggiunta da Revolut in Italia: 4 milioni di clienti. Un numero che proietta il neobanco tra i principali operatori finanziari sul territorio nazionale, tanto da potersi definire come la “quinta banca del paese” per numero di clienti. Ma cosa significa davvero questo risultato? Quali leve hanno spinto una crescita così rapida? E quali ostacoli restano da affrontare?
Numeri che contano: da neonato fintech a player bancario
Revolut è presente in Italia ormai da diversi anni, ma è solo negli ultimi tempi che il suo profilo è cambiato radicalmente. Le cifre più recenti parlano chiaro:
Nel gennaio 2025 il numero dei clienti era di circa 3 milioni.
Questa crescita non è solo numerica: indica un mutamento nel posizionamento. Non più soltanto una fintech “compañera di viaggio” per giovani e viaggiatori, ma un’offerta che punta a farsi conto principale per categorie più tradizionali: dipendenti che incassano lo stipendio, chi paga le bollette, le PMI, chi tiene depositi, chi cerca servizi finanziari integrati.

Le leve del successo
L’accelerazione di Revolut in Italia ha avuto alcuni elementi chiave:
IBAN italiano
Fino a poco tempo fa Revolut offriva principalmente IBAN lituani ai suoi clienti italiani. Questo, seppure funzionasse per molte operazioni, creava delle barriere in termini di fiducia, praticità e adempimenti. Il passaggio all’IBAN con codice italiano (IT) ha semplificato l’uso del conto come conto “vero”, utile per ricevute di stipendio, addebiti diretti, utenze, imposte, etc.
Conto deposito
Dall’inizio dell’anno Revolut ha lanciato un servizio di deposito che ha riscosso interesse: ben 100.000 conti deposito aperti da gennaio, con una media di circa 3.500 euro di giacenza per conto. Questo segnala che non si tratta più solo di conti per operazioni quotidiane, ma anche di gestire risparmio e attivi non marginali.
Maggiore diffusione come conto principale
Cresce il numero di clienti che usano Revolut non solo per spese secondarie, ma come conto centrale: quelli che ricevono lo stipendio sul conto Revolut sono aumentati del 62% da novembre scorso; quelli che lo usano con ricariche mensili superiori a 1.000 euro sono aumentati del 630% nello stesso arco di tempo.
Il neobanco ha messo nel mirino le piccole e medie imprese italiane come uno dei bacini su cui espandersi ulteriormente. Un ambito tradizionalmente servito dalle banche “fisiche” e più slow nella digitalizzazione, ma con grande potenziale dato il numero e la varietà delle PMI in Italia.
Il contesto: rivoluzioni digitali, concorrenza, regole
Revolut non è sola nella corsa fintech che sta ridisegnando il sistema bancario. Le neobanche hanno scalato grazie a servizi più snelli, costi inferiori, interfacce digitali, apertura verso prodotti che un tempo erano rari o costosi. In Italia, però, la regolamentazione e la conformità sono barriere reali: ottenere licenze, rispettare norme anti‑riciclaggio, garantire sicurezza dei dati, rapporti col fisco, ecc.

La licenza italiana e la vigilanza
Revolut opera in Italia con una filiale della sua banca con licenza europea, ma ha fatto passi per diventare, per il mercato italiano, banca “a tutti gli effetti”. L’iscrizione al registro delle banche della Banca d’Italia (come succursale italiana) è uno dei punti determinanti.
Questo significa che l’azienda deve sobbarcarsi gli obblighi delle banche tradizionali: trasparenza, capitale, gestione del rischio, protezione del cliente. Non è banale, specie in un contesto dove le autorità sono sempre più attente al fintech e alle pratiche commerciali. Non a caso Revolut è finita sotto indagine da parte dell’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) per presunte pratiche scorrette nei servizi di investimento.
Sfide e nodi ancora da sciogliere
Con il successo arrivano però anche le sfide. Ecco le principali:
Fiducia e stabilità: per molti utenti, soprattutto quelli che devono gestire somme più consistenti, la percezione di “banca digitale” è associata a rischi: blocchi improvvisi, limiti nelle operazioni, assistenza. Serve che Revolut dimostri che può offrire non solo servizi innovativi, ma anche solidità operativa, sicurezza, trasparenza.
Norme, regolamentazione, trasparenza: l’Antitrust italiano ha avviato un’istruttoria. Gli utenti – e le istituzioni – chiedono chiarezza su costi nascosti, condizioni dei servizi (investimenti, frazionamenti delle azioni, etc.), limiti operativi. Errori o omissioni potrebbero costare caro, non solo in termini legali, ma di reputazione.
Competizione con la banca tradizionale: nonostante le lentezze e le inefficienze di alcune banche “fisiche”, esse dispongono di una base consolidata, presenza territoriale, fiducia storica. Per Revolut, diffondersi come conto principale significa sfidare non solo la tecnologia, ma strutture che nei fatti restano forti su servizi come mutui, prestiti, gestione patrimoniale, consulenza finanziaria.
Margini e sostenibilità del modello: l’espansione costa. Il lancio di prodotti come il conto deposito (con rendimento su giacenze), la gestione di attivi, il rispetto di standard regolamentari porta costi. In un contesto di tassi variabili, inflazione, costi del capitale, servirà che Revolut trovi un buon equilibrio per mantenere competitività e redditività.

I precedenti: come si è arrivati fin qui
Per capire meglio il presente, vale la pena ripercorrere le tappe che hanno segnato la crescita di Revolut in Italia:
2017‑2019: avvio delle attività in Italia; presenza iniziale come fintech con servizi base: trasferimenti, cambio valuta, carte prepagate, operazioni digitali. Crescita lenta ma costante.
2020‑2022: espansione del servizio verso prodotti più ampi, forte incremento degli utenti; l’app diventa più diffusa. In Italia, nei primi anni si registrano migliaia di utenti, poi centinaia di migliaia. Cresce la fiducia verso le soluzioni digitali, anche in risposta alle limitazioni fisiche imposte dalla pandemia.
2023‑2024: momento cruciale. Revolut ottiene utili significativi a livello globale: nel 2023 registra un utile netto di 428 milioni di dollari, su ricavi che superano i 2 miliardi.
In Italia, la spinta arriva anche dal lancio dell’IBAN italiano come opzione per nuovi conti, e dal piano di migrazione per i clienti con IBAN lituano ai conti con IBAN italiano. Questo passaggio riduce barriere normative, rende più “italiana” l’esperienza d’uso.
2025: consolidamento. L’incremento da 3 a 4 milioni di clienti in pochi mesi, nuovi prodotti come il deposito, e un orientamento esplicitamente rivolto alle imprese, non solo ai privati. Obiettivi ambiziosi per il 2026.
Cosa accadrà nei prossimi anni
Alla luce di quanto emerso, alcune direzioni sembrano probabili, altre più difficili da realizzare, ma tutte degne di attenzione:
Mutui, prestiti e credito al consumo
Revolut ha già segnalato che stanno arrivando prodotti di credito personali. È possibile che nel giro di qualche anno l’offerta includa mutui o prestiti immobiliari per la clientela italiana. Se ben calibrato, questo potrebbe spostare ancora più utenti verso Revolut come banca “a tutto tondo”.
Espansione verso i servizi business e PMI
Le piccole e medie imprese cercano sempre più soluzioni digitali che diano efficienza, bassi costi, integrazione con e‑commerce, fatturazione, gestione dei flussi. Se Revolut riuscirà a offrire pacchetti su misura per le necessità imprenditoriali, c’è un grande potenziale.
Partnership e integrazione nel sistema finanziario italiano
Per diventare davvero “banca principale”, sarà necessario integrarsi con il sistema dei pagamenti, degli addebiti diretti, delle tasse, delle bollette etc. Anche alleanze con i circuiti tradizionali o innovazioni (pagamenti istantanei, strumenti digitali nazionali/pan‑europei) saranno strategie importanti.
Regolamentazione e trasparenza come fattori imprescindibili
Non ci sono scorciatoie: ogni neobanco o fintech viene sempre più spesso esaminato non solo sui numeri, ma sui comportamenti. Pratiche promozionali, condizioni contrattuali, clausole nascoste, limiti operativi, assistenza. Le autorità di vigilanza italiane ed europee sono sempre più attive. I casi di indagine devono servire da monito: la compliance non è un costo accessorio, ma parte integrante del posizionamento.
Educazione finanziaria e fiducia sociale
Per raggiungere fasce più ampie della popolazione – persone meno “native digitali”, con risparmi modesti o con poca dimestichezza con strumenti finanziari – serviranno strumenti per promuovere la fiducia: trasparenza, una buona assistenza clienti, misure a tutela del cittadino. Anche iniziative educative, magari in collaborazione con enti pubblici, possono fare la differenza.
Un bilancio
I pro:
Innovazione: Revolut ha spinto il modello di banca digitale verso prodotti concreti utili anche alle esigenze quotidiane (stipendi, utenze, depositi).
Trasparenza, in parte: l’offerta digitale, l’IBAN italiano, la migrazione degli utenti da IBAN esteri sono elementi che riducono frizioni.
Accessibilità: accesso via app, costi generalmente contenuti rispetto a molte banche tradizionali.
Crescita sostenuta: la scalabilità del modello fintech, unita alla domanda crescente di servizi digitali, dà a Revolut un buon margine di crescita.
I contro / rischi:
Supporto cliente e attese: segnalazioni di utenti che lamentano difficoltà con assistenza, blocchi imprevisti, limiti nelle operazioni.
Concorrenza crescente: non solo dai grandi gruppi bancari che digitalizzano, ma anche da altre neobanche, fintech emergenti, servizi embedded (banche integrate nei wallet, nei super app).
Regolamentazione: obblighi normativi sempre più severi, rischio che pratiche considerate aggressive o poco trasparenti vengano contestate dalle autorità.
Stabilità finanziaria: come ogni società in espansione, investire in nuovi prodotti costa, e i margini possono essere compressi in climi economici difficili (inflazione, tassi di interesse alti, costi operativi).
Il traguardo dei 4 milioni di utenti in Italia non è solo un numero simbolico: significa che un’intera fascia di popolazione ha adottato Revolut non come semplice app utile in vacanza o per pagamenti occasionali, ma come parte integrante della gestione delle proprie finanze.
Se Revolut riuscirà a trasformarsi veramente in banca principale per una parte consistente della popolazione italiana — integrando tutti i servizi fondamentali, garantendo fiducia, sicurezza, trasparenza — potrebbe davvero cambiare i rapporti tra clientela e istituzioni finanziarie in Italia.
Ma il percorso non è privo di ostacoli: normativi, reputazionali, competitivi. Nei prossimi 1‑2 anni sarà decisivo vedere se Revolut saprà mantenere le promesse, reggere la pressione, e soprattutto soddisfare le esigenze “vere” degli utenti, non solo quelle emergenti, digital‑native e attente al costo.
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